tratto da biblus.acca.it

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5712/2025 della Sezione V, ha fornito una rilevante precisazione interpretativa in merito alla corretta gestione dei costi della manodopera nell’ambito delle procedure di gara pubblica, contribuendo a fare chiarezza su uno dei punti più delicati e dibattuti dell’applicazione del D.Lgs. n. 36/2023.

L’importo a base di gara deve comprendere integralmente i costi della manodopera, i quali non sono esclusi dall’ambito di applicazione del ribasso d’asta, bensì devono essere espressamente individuati, quantificati e separati (scorporati) all’interno della documentazione di gara. La previsione dell’art. 41, comma 14, del Codice dei contratti non comporta, pertanto, l’esclusione automatica dei costi della manodopera dal ribasso, ma piuttosto impone alle stazioni appaltanti un obbligo di trasparenza e chiarezza nella loro esposizione, senza incidere sulla struttura economica dell’offerta.

Secondo il Consiglio di Stato, il procedimento corretto da seguire si articola come segue:

  • indicazione separata dei costi della manodopera da parte della stazione appaltante nell’ambito degli atti di gara, in coerenza con i livelli di progettazione richiesti;
  • inclusione di tali costi nell’importo complessivo a base di gara, sul quale l’operatore economico deve formulare il proprio ribasso;
  • facoltà per l’offerente di dimostrare, ove il proprio costo del lavoro risulti inferiore rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante, che tale differenziale deriva da un’organizzazione aziendale più efficiente, in linea con i principi di libertà economica e concorrenza.

La ratio della separazione contabile dei costi

Il Consiglio di Stato ha sottolineato la doppia finalità dell’obbligo di indicazione separata dei costi della manodopera:

  1. trasparenza amministrativa e tutela del lavoro: la separazione risponde ad un’esigenza di maggiore tracciabilità e controllo, in ossequio ai principi espressi dalla legge delega n. 78/2022, art. 1, comma 2, lett. t), che impone la scomposizione dei costi della manodopera e della sicurezza rispetto agli importi assoggettati a ribasso, per garantirne la tracciabilità e la congruità;
  2. responsabilizzazione dell’operatore economico: l’obbligo di confronto tra i costi della manodopera stimati dalla stazione appaltante e quelli indicati dal concorrente induce quest’ultimo ad effettuare una valutazione analitica e preventiva, finalizzata a garantire il rispetto delle norme vigenti in materia di salario minimo e condizioni contrattuali.

La pronuncia in esame ha origine da una controversia sorta in merito all’inclusione dei costi della manodopera nell’importo soggetto a ribasso da parte della stazione appaltante. Il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso di un operatore economico, sulla base della sentenza Cons. Stato, V, n. 9255/2024. Tuttavia, in sede di appello, il Consiglio di Stato ha riformato integralmente la decisione, rilevando che il disciplinare di gara risultava conforme al Bando Tipo ANAC n. 1/2023, nonché alle linee interpretative del MIT e dell’ANAC, ed era coerente con l’art. 41 del D.Lgs. 36/2023.

A sostegno di tale interpretazione, il Collegio ha richiamato anche:

  • Delibera ANAC n. 528 del 15 novembre 2023: chiarisce che l’obbligo di scorporo dei costi della manodopera è finalizzato a garantirne l’individuazione e la quantificazione separata, pur permanendo tali costi all’interno dell’importo soggetto a ribasso;
  • Parere del MIT n. 2505 del 17 aprile 2024: conferma che l’importo da assoggettare al ribasso include i costi della manodopera, sebbene questi debbano essere specificati come parametro autonomo;
  • Delibera ANAC n. 174 del 10 aprile 2024: ribadisce che i costi del lavoro, pur indicati distintamente, sono parte integrante dell’importo base di gara e dunque soggetti alla percentuale di ribasso offerta dai partecipanti.
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