Tratto da: Lavori Pubblici  

È possibile ottenere la sanatoria edilizia per opere realizzate in area vincolata paesaggisticamente senza la preventiva autorizzazione dell’autorità competente? La mancata comunicazione dei motivi ostativi (art. 10-bis della Legge n. 241/1990) può invalidare un diniego di sanatoria che si fonda su presupposti vincolati? E ancora: il lungo decorso del tempo può consolidare un affidamento legittimo e impedire l’ordine di demolizione?

 

 

A queste domande ha risposto il Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 7597 del 29 settembre 2025, ha ribadito i confini della sanatoria edilizia in presenza di vincoli paesaggistici e i margini di tutela per il privato.

Il caso riguardava un immobile interessato da opere edilizie abusive, realizzate senza titolo abilitativo e localizzato in un’area vincolata paesaggisticamente ex lege. La società proprietaria aveva presentato istanza di sanatoria, sostenendo che la classificazione urbanistica della zona (sottozona TLa/7 del PTP) consentisse la regolarizzazione degli interventi e lamentando, tra l’altro, l’omessa comunicazione dei motivi ostativi e il lungo tempo trascorso dalla realizzazione delle opere.

Il Comune aveva respinto la domanda per assenza di autorizzazione paesaggistica, mai rilasciata, e ordinato la demolizione. La società aveva quindi impugnato il diniego e l’ordinanza al TAR, che ha dichiarato in parte irricevibile il ricorso (per tardività rispetto al diniego), in parte improcedibile (quanto alla prima ordinanza di demolizione, poi sostituita) e, comunque, infondato nel merito, ritenendo legittimo l’operato dell’Amministrazione. Da qui l’appello al Consiglio di Stato.

La controversia è così giunta davanti al Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato ha confermato la linea seguita dalla giustizia amministrativa in materia, ribadendo alcuni principi consolidati:

  • quando un abuso edilizio ricade in area sottoposta a vincolo paesaggistico, la mancanza di autorizzazione costituisce un ostacolo insormontabile al rilascio della sanatoria;
  • il preavviso di rigetto (art. 10-bis l. 241/1990) non assume rilievo nei procedimenti vincolati, perché il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto diverso (art. 21-octies, comma 2);
  • l’ordine di demolizione è un atto dovuto e non richiede una motivazione rafforzata, anche se adottato a distanza di molti anni dalla commissione dell’abuso;
  • il decorso del tempo non legittima l’opera né genera un affidamento tutelabile, trattandosi di una situazione illecita che si protrae nel tempo;
  • il vincolo paesaggistico ha natura tassativa e prevalente, non derogabile dagli strumenti urbanistici comunali, neppure quando qualificano la zona come a “tutela limitata”.

    Per comprendere appieno la decisione, è utile collocarla nel quadro normativo che disciplina la materia.

    In primo luogo, l’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) consente il rilascio del permesso in sanatoria solo se sussiste la “doppia conformità”, cioè la conformità urbanistica sia al momento della realizzazione dell’opera che al momento della domanda. Una regola che, da sola, non basta quando si interviene in area vincolata.

    Qui entra in gioco il Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004), che all’art. 146 stabilisce l’obbligatorietà dell’autorizzazione paesaggistica: un titolo autonomo, da acquisire in via preventiva, che rappresenta presupposto indispensabile rispetto a qualsiasi altro titolo edilizio. In assenza di tale autorizzazione, la sanatoria è in radice impossibile.

    Sul piano procedimentale, la Legge n. 241/1990 introduce il principio del contraddittorio con l’art. 10-bis (preavviso di rigetto), ma lo stesso testo unico prevede all’art. 21-octies che il provvedimento non possa essere annullato per mancata comunicazione se l’esito non avrebbe potuto essere diverso. È esattamente questa la fattispecie: in presenza di un vincolo paesaggistico, l’esito negativo era inevitabile.

    Quanto alla giurisprudenza, essa ha più volte affermato che le opere abusive in area vincolata possono essere sanate solo in ipotesi molto limitate: se anteriori al vincolo, prive di aumento di superficie o volumetria e previo parere favorevole dell’autorità preposta.

    Un principio valido fino all’introduzione, nel 2024, dell’art. 36-bis del TUE, che ha disciplinato la sanatoria semplificata per abusi parziali e variazioni essenziali. Anche qui, tuttavia, la portata in area vincolata resta controversa:

    • per gli abusi parziali è ora ammessa la sanatoria previo accertamento di compatibilità paesaggistica;
    • per le variazioni essenziali, invece, il dibattito è ancora aperto, perché l’art. 32, comma 3, del TUE considera tali interventi totale difformità in caso di vincoli paesaggistici, storici o ambientali.

      Dal punto di vista tecnico, la sentenza mette in chiaro che la sanatoria edilizia in area vincolata non può prescindere dall’autorizzazione paesaggistica. Non si tratta di un passaggio formale, ma di un titolo autonomo e inderogabile: senza il nulla osta, nessun permesso può essere rilasciato.

      Ugualmente importante è la parte dedicata agli ordini di demolizione. Il Consiglio di Stato ribadisce che si tratta di atti vincolati e automatici: il tempo trascorso non incide sulla loro legittimità. L’abuso edilizio ha carattere permanente e non genera mai un affidamento legittimo alla sua conservazione.

      Da ultimo, la sentenza rimarca la prevalenza del vincolo paesaggistico su qualsiasi strumento urbanistico comunale. Per i tecnici, questo significa che la prima verifica da effettuare, in presenza di abusi o interventi su immobili vincolati, deve riguardare la compatibilità paesaggistica. Solo successivamente si può ragionare in termini di conformità urbanistica.

      Il Consiglio di Stato ha, quindi, respinto l’appello, confermando la legittimità del diniego di sanatoria e dell’ordine di demolizione.

      Per i professionisti, da questa decisione derivano alcune regole chiare:

      • nessuna sanatoria è possibile per nuove volumetrie o superfici in area vincolata prive di autorizzazione paesaggistica preventiva ed espressa;
      • il preavviso di rigetto non è necessario nei procedimenti vincolati, perché l’esito è predeterminato dalla legge;
      • l’inerzia della P.A. non sana l’abuso: l’ordine di demolizione può intervenire anche a distanza di decenni, senza ulteriori motivazioni;
      • la verifica dei vincoli paesaggistici è prioritaria rispetto a quella urbanistica, poiché prevale sugli strumenti comunali e costituisce la vera condizione ostativa.
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