tratto da fiscooggi.it

La Corte di legittimità ribadisce che la documentazione anagrafica non possiede valore probatorio tale da prevalere sugli accertamenti effettuati dall’ufficiale giudiziario sul luogo di residenza

L’ordinanza n. 24781/2025 della Corte di cassazione offre uno spunto di particolare rilievo sulle notifiche delle cartelle di pagamento e sul rapporto tra risultanze anagrafiche e accertamenti dell’ufficiale notificatore (giudiziario o postale che sia). La sentenza procede, inoltre, a puntualizzare la distinzione fra irreperibilità relativa e assoluta ai sensi dell’articolo 60 del Dpr n. 600/1973.

Volgendo lo sguardo al caso concreto, la parte ricorrente ha impugnato un’intimazione di pagamento per asserita omessa notifica delle cartelle presupposte, sostenendo che l’ufficiale notificatore aveva erroneamente seguito la procedura riservata all’irreperibilità assoluta, pur essendo nota la sua residenza storica, come da certificati anagrafici prodotti. La Ctp prima e la Corte di giustizia tributaria di secondo grado poi hanno respinto il ricorso: la Cassazione è stata così investita della questione.

L’unico motivo del ricorso lamentava la violazione dell’articolo 60, comma 1, lettera e), del Dpr n. 600/1973 e delle norme sulla conoscibilità effettiva degli atti (articoli 3, della legge n. 241/1990, e 7, della legge n. 212/2000), affermando che la residenza storica avrebbe richiesto la notifica ex articolo 139 o 140 cpc (normativa concernente l’irreperibilità relativa), non già la procedura semplificata prevista per l’irreperibilità assoluta (articolo 60, comma 1, lettera e).
La suprema Corte ha rigettato il ricorso.

Innanzitutto, i giudici di legittimità rilevano il difetto di specificità del motivo, in quanto manca la trascrizione integrale delle relate di notifica nel ricorso, trascrizione necessaria al fine di rispettare il principio di autosufficienza.
Entrando nel merito, i magistrati sanciscono che la procedura ex articolo 60, lettera e), è stata correttamente seguita perché:

a.     dalle relate di notifica risultava che “l’organo notificatore si era recato all’indirizzo in cui la ricorrente risultava formalmente residente constatando che nessun citofono o cassetta postale riportava il nominativo della ricorrente e che il custode aveva dichiarato che il destinatario si era trasferito

b.     in tale situazione si configura l’ipotesi di irreperibilità assoluta, che attiene al luogo della notifica e non al soggetto, a differenza dell’irreperibilità relativa

c.     il certificato anagrafico ha “valore meramente presuntivo” e non è sufficiente a superare la fede privilegiata dell’attestazione dell’ufficiale nella relata. Solo la querela di falso può scalfire l’attestazione contenuta nell’atto pubblico redatto dal notificatore, mentre le certificazioni anagrafiche possono, al massimo, alimentare una presunzione (superabile dagli accertamenti “sul campo” del pubblico ufficiale).

La Cassazione pone attenzione sulla distinzione (talvolta sottile, ma giuridicamente decisiva) tra irreperibilità relativa e assoluta, con notevoli ricadute sulla validità delle notifiche e, dunque, sulla tenuta degli atti impositivi.

Sul tema di tale distinzione, la Corte si pone nel solco della più recente giurisprudenza (cfr pronuncia n. 27729/2024), ribadendo che l’irreperibilità relativa implica che il destinatario (o i soggetti abilitati a ricevere) non è trovato temporaneamente presso la residenza nota, in tal caso trova applicazione la procedura di cui all’articolo 140 cpc.
L’irreperibilità assoluta concerne invece la situazione in cui è ignoto il luogo stesso in cui notificare, ovvero il destinatario si è trasferito senza lasciare traccia, o non esiste più alcun legame con il luogo di notifica, qui opera l’articolo 60, lettera e), Dpr n. 600/1973, più snello e meno garantista.
La Suprema corte conferma che la documentazione anagrafica “non ha efficacia fidefaciente tale da contrastare gli accertamenti compiuti dall’ufficiale giudiziario” sul luogo effettivo della residenza, essa al più può integrare la valutazione probatoria, ma cede rispetto all’atto pubblico dell’ufficiale notificatore, salvo querela di falso. 

In caso di notifica di atti impositivi, pertanto, la fede privilegiata dell’attestazione dell’ufficiale notificatore (sia esso giudiziario o postale) è prevalente rispetto al certificato di residenza, se l’ufficiale ha constatato l’assenza di elementi esterni che colleghino il destinatario al luogo.

L’ordinanza in esame, pur riferita a un’intimazione di pagamento, si fonda sull’articolo 60 del Dpr n. 600/1973, che disciplina in modo generale la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, pertanto, ha portata più ampia del caso specifico, abbracciando tutti gli atti impositivi che richiedono la notifica.

In conclusione, si può affermare che la decisione conferma la linea interpretativa dominante sulla forza probatoria dell’atto pubblico redatto dall’ufficiale notificatore, la quale limita la portata del certificato anagrafico quale strumento principe di prova della residenza e valorizza la corretta individuazione della fattispecie notificatoria, specialmente in ambito tributario.

 

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