Tratto da: Lavori Pubblici
L’art. 34-bis, comma 7, del Codice Antimafia (d.lgs. n. 159/2011) è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui – disponendo la sospensione degli effetti dell’informazione interdittiva antimafia in conseguenza dell’ammissione dell’impresa alla misura del controllo giudiziario – non prevede che tale sospensione si protragga, in caso di esito positivo, fino alla conclusione del procedimento di aggiornamento del provvedimento interdittivo da parte del Prefetto, previsto dall’art. 91, comma 5.
A dichiararlo è la Corte Costituzionale con la sentenza del 17 luglio 2025, n. 109, con una pronuncia di rilievo per l’intero sistema della prevenzione antimafia e per le imprese destinatarie di provvedimenti interdittivi, ammesse a percorsi di risanamento sotto la vigilanza del tribunale della prevenzione.
La norma censurata prevedeva che la sospensione degli effetti dell’interdittiva valesse solo per la durata del controllo giudiziario. In base alla consolidata giurisprudenza amministrativa, una volta conclusa la misura – anche in caso di esito favorevole – l’interdittiva tornava immediatamente efficace, senza attendere la rivalutazione della situazione da parte del Prefetto.
Secondo la Corte costituzionale, questa ricostruzione si traduce in una compressione irragionevole della libertà di impresa e contraddice la stessa logica dell’istituto del controllo giudiziario, concepito dal legislatore come strumento premiale e temporaneamente sostitutivo dell’interdizione.
L’intervento della Consulta muove da una considerazione sistemica: il controllo giudiziario è una misura innovativa introdotta per consentire la prosecuzione dell’attività d’impresa in presenza di infiltrazioni solo occasionali, favorendo il reinserimento nel circuito legale.
In tale prospettiva, va considerato che:
- l’imprenditore è sottoposto a una vigilanza rigorosa da parte del tribunale e di un controllore nominato ad hoc;
- l’attività si svolge sotto prescrizioni specifiche per un periodo di uno o più anni;
- il percorso ha un costo economico e organizzativo, sia per l’impresa che per lo Stato.
Nonostante ciò, la norma non impediva che, anche in caso di esito positivo della misura, gli effetti interdittivi si riattivassero automaticamente, esponendo l’impresa al rischio di nuova esclusione dai contratti pubblici, con conseguenze potenzialmente irreversibili, tra cui:
- la perdita di continuità aziendale e di eventuali commesse;
- crisi occupazionali;
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- si garantisce coerenza con la finalità rieducativa e recuperatoria della misura di prevenzione;
- viene tutelato l’affidamento dell’impresa che ha collaborato e si è sottoposta con successo al controllo;
- si evita che l’interdittiva riprenda effetti prima dell’eventuale emissione di un’informazione liberatoria da parte del Prefetto.rischio di riavvicinamento a circuiti illegali per ragioni di sopravvivenza economica.
La Corte Costituzionale ha quindi dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma, affermando che la sospensione dell’efficacia dell’interdittiva antimafia deve estendersi fino alla conclusione del procedimento di rivalutazione prefettizia, quando il controllo giudiziario si è concluso con esito favorevole.
In tal modo:
La dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma ha alcuni effetti sull’operato delle imprese e delle stazioni appaltanti:
- gli OE mantengono il beneficio della sospensione dell’interdittiva fino alla decisione del Prefetto e possono continuare ad operare;
- le SA devono ritenere efficace la sospensione anche dopo il termine della misura, a condizione che non sia intervenuto un nuovo provvedimento interdittivo aggiornato;
- il sistema premiale viene rafforzato, garantendo maggiore certezza agli operatori economici che intraprendono un percorso di legalità e collaborazione con l’autorità giudiziaria.