La Cassazione esamina la linea di demarcazione delle responsabilità del coordinatore della sicurezza e del datore di lavoro nel caso del crollo di una struttura e conseguente infortunio mortale.
La sentenza di Cassazione penale (sez. 4, 25 agosto 2025, n. 29644) analizza un decesso in cantiere. La tragedia è avvenuta durante i lavori di demolizione di un ponte caricatore nel porto di Crotone. Un’impresa, incaricata dei lavori, stava procedendo al taglio di una passerella interna a circa sette metri di altezza. L’operaio, che si trovava su un cestello elevatore, stava utilizzando una fiamma ossidrica per il taglio a caldo, procedura in contrasto con le prescrizioni del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) e dei Piani Operativi di Sicurezza (POS), che prevedevano un taglio a freddo con cesoia montata su un escavatore. Improvvisamente, la struttura del ponte è crollata, schiacciando il cestello e causando la morte immediata del lavoratore.
Mancata osservanza delle procedure di sicurezza o instabilità della struttura?
Inizialmente, l’accusa si era concentrata sulla mancata osservanza delle procedure di sicurezza relative al taglio. Tuttavia, l’istruttoria e le perizie tecniche hanno rivelato che il crollo non è stato causato dal taglio a caldo, ma piuttosto da un’instabilità della struttura che si era verificata precedentemente, dopo la rimozione di alcune travi diagonali. A peggiorare la situazione, le indagini hanno anche portato alla luce un vizio occulto di costruzione: i piloni del ponte erano stati realizzati con una quantità di calcestruzzo inferiore a quella certificata.
Le sentenze di primo e secondo grado hanno assolto gli imputati, sostenendo che l’evento non fosse prevedibile, dato che il piano di demolizione (più nello specifico il piano del tagli, ovvero la pianificazione delle fasi degli interventi demolitivi), redatto da un ingegnere strutturista, certificava la stabilità della struttura. I giudici hanno ritenuto che la colpa non potesse essere attribuita a chi aveva agito in buona fede, basandosi su documenti tecnici apparentemente corretti e che la causa principale fosse da ricercare negli errori di progettazione e nel vizio occulto.
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso dei familiari della vittima. La sentenza si basa su due punti fondamentali:
- la mancata valutazione del rischio prevedibile: la Corte ha sottolineato che, pur in presenza di un piano di demolizione apparentemente valido, il crollo era un evento prevedibile. Gli imputati avevano l’obbligo di verificare l’effettiva stabilità della struttura. La demolizione delle travi diagonali aveva indebolito la struttura in modo palese, rendendo necessario l’adozione di misure preventive aggiuntive, come l’imbracatura o la messa in tiro della stessa, misure che non erano state previste nel PSC;
- La responsabilità dei garanti: La Corte ha chiarito il ruolo e la posizione di garanzia del Responsabile dei Lavori (RL) e del Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE). Nonostante i ruoli siano distinti, entrambi hanno un dovere di alta vigilanza che va oltre la semplice applicazione formale dei documenti.
La linea di demarcazione tra il ruolo del coordinatore e quello del datore di lavoro esecutore si collega all’area di rischio da ciascuno gestita, che per il coordinatore si sostanzia nella c.d. alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto).
Il responsabile dei lavori, che in questo caso ricopriva anche la qualifica di direttore dei lavori, non può limitarsi a richiedere un certificato di stabilità, ma deve assicurarsi che la verifica sia stata condotta in maniera completa e approfondita. La Corte ha contestato l’affidamento “incolpevole” riposto sul piano dei tagli, evidenziando che un saggio sulla composizione della struttura, eseguito in un solo punto, non era sufficiente a escludere il rischio. Il coordinatore per la sicurezza in fase di Esecuzione ha il compito di controllare l’applicazione delle disposizioni del PSC e di intervenire in caso di pericolo. L’inadempimento della prescrizione del taglio a freddo non è stato valutato correttamente dai giudici di merito, che l’avevano ritenuta di natura meramente tecnica.
La Cassazione ha invece ribadito che tale prescrizione aveva un evidente carattere cautelare, finalizzato a mantenere gli operai a distanza di sicurezza da una struttura potenzialmente instabile. La mancata adozione di misure di sicurezza, come l’uso di escavatori, e la prosecuzione dei lavori nonostante l’evidente stato di instabilità, hanno rappresentato una grave omissione.