La sentenza della Corte Suprema di Cassazione 33954/2025 affronta il caso di un infortunio mortale avvenuto durante la sostituzione di una saracinesca in un pozzetto di acquedotto. I giudici riaffermano principi cardine del D.Lgs. 81/2008 in tema di ripartizione delle posizioni di garanzia nei cantieri (committente, responsabile dei lavori, coordinatore per l’esecuzione, appaltatore e subappaltatore), il valore normativo e operativo del PSC/POS, la disciplina della delega di funzioni (art. 16) e i confini della responsabilità penale rispetto alla condotta della vittima (art. 41 c.p.).
Il fatto
Secondo l’accusa, il dirigente responsabile della società committente e i suoi collaboratori, insieme al legale rappresentante della ditta subappaltatrice e al coordinatore della sicurezza, avrebbero omesso di valutare correttamente i rischi legati alla sostituzione di organi di scarico e apparecchiature idrauliche lungo una condotta in pressione.
Non avendo adottato le misure di sicurezza necessarie né informato adeguatamente la ditta subappaltatrice che eseguiva i lavori, avrebbero causato la morte di un operaio impegnato all’interno di un pozzetto durante la sostituzione di una saracinesca. L’acqua residua presente nelle condotte, fuoriuscita a grande velocità dopo la rimozione parziale dei bulloni, ha travolto l’operaio provocandone il decesso.
I ricorrenti
I ricorrenti hanno contestato principalmente:
- la validità e gli effetti della delega di funzioni a figure interne (art. 16);
- i limiti della responsabilità del committente e la possibilità di una mera verifica formale (artt. 90, 91, 92);
- la natura del rischio (inerente all’impresa specialistica o all’ambiente di lavoro);
- la rilevanza della condotta della vittima come causa autonoma (art. 41 c.p.).
La posizione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi, confermando che la responsabilità penale può ricadere su più garanti quando emergono carenze progettuali, di coordinamento e di vigilanza: committente, responsabile dei lavori, coordinatore per l’esecuzione e soggetti coinvolti nell’organizzazione della sicurezza. Nello specifico le responsabilità ricadono su:
- il responsabile dei lavori di manutenzione e riparazione dell’acquedotto, con compiti di direzione e supervisione tecnica;
- il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori, incaricato di garantire il rispetto delle norme di sicurezza;
- il rappresentante legale dell’impresa subappaltatrice, committente dei lavori di manutenzione idraulica.
La Corte individua il rischio come inerente all’ambiente di lavoro (caratteristiche strutturali dell’acquedotto e conformazione del luogo), non come esclusivo rischio tecnico-specialistico del subappaltatore; ciò estende gli obblighi di valutazione e controllo al committente e al coordinatore.
Questo dato è fondamentale per la ripartizione delle responsabilità: i rischi “ambientali” richiedono misure progettuali e dispositive già nella fase di commessa.
Obblighi del committente (art. 90 e ss.)
Il committente non può limitarsi a verifiche “formali”: deve valutare i rischi delle attività e consentire al coordinatore per la sicurezza di predisporre un adeguato PSC adeguato. Vi è stata, però, una gravissima carenza di prevenzione in fase di progettazione, di coordinamento durante l’esecuzione e di vigilanza sul coordinatore stesso, il quale non conosceva le attività programmate il giorno dell’incidente e non ha assicurato né la chiusura del tratto in pressione né le corrette modalità di manutenzione delle apparecchiature nei pozzetti.
La mera predisposizione documentale (PSC/POS) non esonera da un controllo attivo.
Ruolo e “alta vigilanza” del Coordinatore per l’Esecuzione (CSE)
Il CSE è titolare di una posizione di garanzia autonoma: deve verificare coerenza PSC–POS, aggiornare piani, rilevare irregolarità e, in caso di pericolo grave e imminente, sospendere lavorazioni (art. 92 lett. f)). La Corte censura l’assenza di un’effettiva azione di verifica da parte del CSE nel caso concreto.
Deleghe di funzioni (art. 16) e responsabilità residua del datore di lavoro
La delega è efficace solo se concreta, specifica e dotata di reali poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa: non produce effetto liberatorio automatico. La sentenza richiama l’orientamento delle Sez. Unite in materia, sottolineando che resta in capo al delegante un obbligo di vigilanza.
Nesso causale e condotta della vittima (art. 41 c.p.)
Sebbene la vittima abbia compiuto la manovra che ha determinato il cedimento, la Corte ritiene non abnorme l’azione (al più imprudente) e non escludente del nesso causale rispetto alle omissioni organizzative e progettuali; in presenza di carenze strutturali e di coordinamento, la condotta del lavoratore non interrompe automaticamente la catena causale.

