Tratto da: Ministero Interno  

Territorio e autonomie locali 8 Luglio, 2025
Categoria 12 Cause ostative all’assunzione e all’espletamento del mandato elettivo
 
 
Sintesi/Massima

Soltanto in caso di effettiva partecipazione, diretta o indiretta, del consigliere comunale al capitale sociale della società aggiudicataria di appalti nell’interesse del Comune sussiste l’incompatibilità di cui all’art. 63, comma 1, n.2 del d.lgs. n. 267/2000. Quanto all’ulteriore ipotesi di cui all’art. 63, comma 1, n.4 del d.lgs. n. 267/2000, la stessa si verifica esclusivamente qualora vi sia una lite pendente, di natura civile o amministrativa, che veda contrapposti l’ente e il consigliere comunale.

Testo

È stato chiesto di conoscere l’orientamento di questo Ministero riguardo alla presunta incompatibilità di un consigliere comunale, ai sensi dell’art. 63, comma 1, n.2 e n.4 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
In particolare, è stato evidenziato che una S.r.l. ha presentato ricorso al TAR per l’annullamento, previa sospensiva, di una determinazione della Regione di aggiudicazione di un lotto di gara del servizio di trasporto scolastico per i Comuni della stessa Regione, nello specifico del Comune in oggetto.  
Nella richiesta di parere si dà inoltre atto i) che la stessa società risulta altresì appaltatrice del servizio di Trasporto Pubblico Locale del medesimo Comune, e ii) che il consigliere comunale, secondo le evidenze acquisite presso il Registro delle Imprese, ricopre le cariche e qualifiche ivi descritte, ed in particolare la carica di Presidente del Consiglio di amministrazione di una seconda S.r.l. (che, come si dirà in appresso, detiene una partecipazione al capitale sociale della prima S.r.l.).
Al riguardo, nel parere di Prot. N. 37653 del 27.11.24, si osserva quanto segue: l’articolo 63, comma 1, n.2) del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267 dispone che non può ricoprire la carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale, […] colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell’interesse del comune.
Orbene, detta causa di incompatibilità è ascrivibile al novero delle c.d. incompatibilità d’interessi, che hanno la finalità di impedire che possano concorrere all’esercizio delle funzioni dei consigli comunali soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli dell’ente locale o i quali si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità (cfr. Corte Costituzionale 20 febbraio 1997 n.44, e 24 giugno 2003 n.220). 
Essa in particolare è finalizzata ad evitare che la medesima persona fisica rivesta contestualmente la carica di amministratore di un comune e la qualità di titolare (e/o amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento) di un soggetto che si trovi in rapporti giuridici con l’ente locale, caratterizzati da una prestazione da effettuare all’ente o nel suo interesse, atteso che tale situazione potrebbe determinare l’insorgere di una posizione di conflitto di interessi. 
Quanto agli avverbi “direttamente e indirettamente” utilizzati dal legislatore, come questo Ministero ha avuto modo di chiarire nel parere del 13 maggio 2022, essi mirano ad includere nel divieto in parola anche quelle fattispecie nelle quali – tramite una partecipazione indiretta al capitale della società che presti un determinato servizio, o che risulti aggiudicataria di un appalto, nell’interesse del Comune – possa ritenersi configurato il presupposto soggettivo di cui al primo lemma utilizzato dal legislatore (“titolare”), ai fini della sussistenza dell’ipotesi si incompatibilità di cui all’art. 63, comma 1, n.2). 
La Corte di Cassazione, a tal proposito, ha precisato che detti avverbi – che, nella disposizione in esame, seguono la locuzione “ha parte” – debbono intendersi riferiti non già alla condizione oggettiva, bensì a quella soggettiva; in altri termini, il legislatore, qualificando il modo della partecipazione al servizio, ha inteso, specificamente, rafforzare l’effettività della norma e limitare il diritto di elettorato passivo non soltanto nei confronti del soggetto, al quale, in ragione della partecipazione al servizio con una determinata qualità soggettiva (titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento), il conflitto di interessi sia immediatamente e formalmente riferibile, ma, con un chiara finalità antielusiva, anche nei confronti del soggetto che debba, secondo le circostanze del caso concreto, considerarsi come il “reale” portatore dell’interesse “particolare” potenzialmente confliggente con quelli “generali” connessi all’esercizio della carica elettiva (cfr. Cass. 8 agosto 2003, n.11959; Cass., 16 gennaio 2004, n.550; sentenze citate nel parere del 13 maggio 2022 di questo Ministero).
Ciò posto, nel caso di specie occorre verificare la sussistenza di entrambi i presupposti di cui all’art. 63, comma 1, n. 2. Per quanto riguarda il presupposto soggettivo, si tratta di appurare se il consigliere risulti titolare “direttamente o indirettamente” di una quota di partecipazione al capitale della prima S.r.l. sopra citata, così da aver parte, direttamente o indirettamente, negli appalti assegnati a detta società nell’interesse del Comune in oggetto. 
Al riguardo, dalle evidenze acquisite – ed in particolare dalla visura camerale – risulta che il capitale sociale della seconda S.r.l. è interamente detenuto da una terza S.r.l. 
Pertanto, laddove da un’ulteriore verifica presso il Registro delle Imprese dovesse emergere che il consigliere detenga, a sua volta direttamente o indirettamente, una partecipazione al capitale sociale della terza S.r.l., se ne potrebbe inferire la ricorrenza del suddetto presupposto soggettivo.  Sotto il profilo oggettivo, invece, bisogna valutare se, all’attualità, la prima S.r.l. risulti aggiudicataria di appalti nell’interesse del Comune in oggetto. 
Al riguardo, occorre rilevare che, alla luce di quanto indicato nella richiesta di parere, a seguito dell’anzidetta determinazione della Regione la prima S.r.l. (il cui capitale sociale è al 49% detenuto dalla seconda S.r.l.) è parte i) del servizio di trasporto scolastico (per il cui annullamento la società stessa ha presentato ricorso al TAR con richiesta di sospensiva) e ii) del servizio di Trasporto Pubblico Locale del Comune in oggetto. 
È dunque opinione di questo Ministero che nel caso di specie – assumendo che la prima S.r.l. continui ad essere aggiudicataria di uno, od entrambi, gli appalti suddetti – ove da ulteriori visure camerali dovesse emergere che il consigliere comunale detenga personalmente, direttamente o indirettamente, una partecipazione al capitale della terza S.r.l. (che attraverso la seconda S.r.l. partecipa al capitale della prima S.r.l. con una quota del 49%), per lo stesso consigliere sussisterebbero elementi di incompatibilità, avuto riguardo all’ipotesi contemplata all’art. 63, comma 1, n. 2) del decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Quanto invece alla causa ostativa all’espletamento del mandato di cui all’art. 63, comma 1, n. 4 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, secondo cui “non può ricoprire la carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale […] colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o la provincia”, si osserva quanto segue.
Anche detta causa di incompatibilità, ascrivibile al novero delle c.d. incompatibilità d’interessi, ha la finalità di impedire che possano concorrere all’esercizio delle funzioni dei consigli comunali soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli dell’ente locale o i quali si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità.
In relazione a questa ulteriore, e specifica, ipotesi di incompatibilità la giurisprudenza di legittimità precisa in maniera costante che, per la sussistenza della stessa, è necessario fare riferimento al concetto tecnico di parte in senso processuale.
Le parti del processo sono individuabili nei soggetti che, a seguito del compimento di determinati atti processuali (proposizione della domanda, costituzione del processo), assumono la qualità e la conseguente titolarità di una serie di poteri e facoltà processuali.
Deve trattarsi, dunque, di una effettiva controversia giudiziaria (civile o amministrativa) e non di una lite potenziale o di un contrasto potenziale, o reale, di interessi.
Per “lite pendente”, quindi, deve intendersi la pendenza di una controversia giudiziaria e non risulta sufficiente la mera constatazione dell’esistenza di un procedimento civile o amministrativo nel quale siano coinvolti, attivamente o passivamente, l’eletto o l’ente ma occorre che a tale dato formale corrisponda una concreta contrapposizione di parti, ossia una reale situazione di conflitto, onde sussiste l’esigenza di evitare che il conflitto di interessi, che ha determinato la lite, possa orientare le scelte dell’eletto in pregiudizio per l’ente, o comunque possa ingenerare all’esterno sospetti a riguardo (cfr. Cass. 28 luglio 2001, n. 10335).    
Ciò posto, nel caso di specie, dalle evidenze acquisite risulta che il contenzioso pendente innanzi al TAR (“per l’annullamento, previa sospensiva della determinazione della Regione”), nei confronti della Regione (e non nei confronti del Comune) sia stato promosso dalla prima S.r.l., e non dal consigliere comunale.
Come evidenziato da questo Ministero nel precedente parere del 7 maggio 2021, l’art. 63, comma 1, n. 4 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 è chiaro nel richiedere anzitutto, ai fini dell’accertamento della situazione di incompatibilità “la qualità di parte “processuale” di una vertenza sia in capo alla persona fisica dell’amministratore che rispetto all’ente locale”. Condizione che nel caso di specie nessuno dei due soggetti riveste (neppure il Comune in oggetto si è costituito nel giudizio innanzi al TAR, secondo le evidenze acquisite).
Tanto premesso, è opinione di questo Ministero che in relazione alla specifica ipotesi di cui al n. 4 dell’art. 63, comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 non si ravviserebbero elementi di incompatibilità. 
Si puntualizza che quelle appena esposte rappresentano le coordinate normative di riferimento, fermo restando che, in conformità al principio generale per cui ogni Organo collegiale è competente a deliberare sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, spetterà all’organo consiliare dell’ente la verifica delle cause ostative all’espletamento del mandato elettivo da parte del consigliere del comune interessato, secondo la procedura disegnata dall’articolo 69 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che garantisce il contraddittorio tra organo ed amministratore interessato, assicurando a quest’ultimo l’esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la preclusione contestata (Cass. 10 luglio 2004, n. 12809).

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