Tratto da: Lavori Pubblici  

È possibile accertare la compatibilità paesaggistica per interventi che hanno comportato la creazione o l’aumento di superfici e volumi in area sottoposta a vincolo? Cosa cambia dopo il Salva Casa nella gestione delle difformità edilizie realizzate senza autorizzazione paesaggistica? E come si conciliano le aperture dell’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia con i limiti imposti dal Codice dei beni culturali e con la giurisprudenza amministrativa?

 

La gestione delle difformità edilizie in zona vincolata rappresenta uno dei nodi più complessi nella pratica urbanistica e paesaggistica. L’entrata in vigore del cosiddetto Salva Casa (Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024) ha introdotto nuove ipotesi di sanatoria semplificata, in particolare con l’introduzione del nuovo art. 36-bis del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), che consente – almeno sul piano letterale – l’accertamento postumo della compatibilità paesaggistica anche per interventi che abbiano generato superfici utili o volumi, purché si tratti di abusi “minori”.

Sul delicato rapporto tra abusi edilizi e vincoli paesaggistici si è recentemente pronunciato anche il TAR Lazio con la sentenza 5 maggio 2025, n. 8589, affrontando un caso di sanatoria per opere realizzate in area vincolata, con incremento volumetrico.

I giudici amministrativi hanno ribadito che – conformemente a quanto disposto dall’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) – non è possibile accertare la compatibilità paesaggistica ex post nei casi in cui le opere abbiano determinato:

  • la creazione di superfici utili o volumi;
  • oppure l’aumento di quelli legittimamente assentiti.

Una posizione rigorosa, che esclude anche volumi tecnici o interrati, in linea con un orientamento giurisprudenziale consolidato che privilegia la tutela preventiva e non sanabile del paesaggio.

Sul punto, occorre prendere in considerazione il seguente quadro normativo:

  • art. 31, d.P.R. n. 380/2001, che definisce la “totale difformità”;
  • art. 32, d.P.R. n. 380/2001, che definisce le variazioni essenziali rimandando ad una disciplina di dettaglio contenuta nelle leggi regionali;
  • art. 34, d.P.R. n. 380/2001, dal quale si può indirettamente desumere il concetto di “parziale difformità”
  • art. 36, d.P.R. n. 380/2001, che definisce la procedura di sanatoria ordinaria di tipo “simmetrica” (o “pesante”) utilizzabile per le totali difformità;
  • art. 36-bis, d.P.R. n. 380/2001, che definisce la nuova procedura di sanatoria semplificata di tipo “asimmetrica” (o alleggerita) utilizzabile per le parziali difformità e le variazioni essenziali;
  • art. 167, D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), che al comma 4 dispone quando è possibile l’accertamento di compatibilità paesaggistica;
  • art. 183, comma 6, Codice BCP che prevede un divieto di deroghe implicite ai principi del Codice.

    L’introduzione dell’art. 36-bis, con la possibilità di accertamento della compatibilità paesaggistica anche per interventi volumetrici, ha posto un problema di coordinamento con l’art. 167 del Codice dei beni culturali, che da sempre esclude tale possibilità.

    A chiarire questo apparente contrasto è intervenuto il Ministero della Cultura con la circolare 4 aprile 2025, n. 19, indirizzata alle Soprintendenze, che afferma:

    Alla luce delle suesposte considerazioni si può ritenere che la disposizione di cui all’art. 36-bis trovi piena applicazione […] anche in mancanza di un richiamo derogatorio dell’art. 167, comma 4”.

    Il documento ministeriale chiarisce che:

    • l’art. 36-bis costituisce una norma sopravvenuta, che prevale cronologicamente rispetto all’art. 167;
    • non introduce una deroga implicita ai principi del Codice dei beni culturali, ma definisce una nuova ipotesi tassativa di compatibilità postuma;
    • resta ferma la natura vincolante del parere della Soprintendenza, da rendersi entro 90 giorni (decorso il termine, opera il silenzio-assenso);
    • la norma si applica anche agli interventi eseguiti prima dell’apposizione del vincolo.

    Il chiarimento del Ministero contribuisce così a ricomporre l’antinomia normativa, riconoscendo la piena vigenza dell’art. 36-bis per le difformità parziali, anche se comportano incrementi volumetrici.

    Cosa cambia dopo il Salva Casa

    Il sistema delineato dalla versione vigente del Testo Unico Edilizia distingue due percorsi per la regolarizzazione edilizia:

    • Art. 36 TUE – per interventi in totale difformità, da gestire con la sanatoria ordinaria;
    • Art. 36-bis TUE – per abusi parziali e variazioni essenziali, da gestire con la nuova procedura semplificata.

    Una precisazione importante: ai sensi dell’art. 32, comma 3, TUE, le variazioni essenziali realizzate su immobili vincolati (storici, paesaggistici, ambientali, ecc.) sono equiparate a totali difformità, e dunque esulano dall’ambito applicativo dell’art. 36-bis.

    Pertanto, anche se l’art. 36-bis le contempla formalmente, le variazioni essenziali su immobili vincolati continuano a essere considerate non sanabili con procedura semplificata, in quanto equiparate – ex lege – alle totali difformità nei contesti vincolati.

    Fatta questa premessa, il comma 4 dell’art. 36-bis dispone che, per le difformità parziali (e formalmente anche per le variazioni essenziali), è possibile richiedere l’accertamento della compatibilità paesaggistica anche in caso di opere che abbiano generato superfici o volumi.

    Resta invece fermo il disposto dell’art. 167, comma 4, Codice BCP, per gli abusi totali, che limita l’accertamento postumo ai seguenti casi:

    • interventi privi di aumento di superfici o volumi;
    • impiego di materiali difformi;
    • opere di manutenzione ordinaria o straordinaria.

      La nuova disciplina introdotta dal Salva Casa e chiarita dalla circolare del Ministero della Cultura apre scenari nuovi e potenzialmente rilevanti per la gestione delle difformità edilizie in area vincolata, prevedendo la possibilità di accertare ex post la compatibilità paesaggistica anche per interventi volumetrici, ma solo se rientranti nei limiti dell’art. 36-bis, comma 1 TUE.

      Riepilogando:

      • sono escluse le difformità totali, che continuano a ricadere nell’ambito dell’art. 167 Codice BCP;
      • la compatibilità paesaggistica non è automatica, ma subordinata al parere vincolante e motivato della Soprintendenza, da rendersi entro 90 giorni, decorso il quale opera il silenzio-assenso;
      • permane la necessità di una valutazione puntuale e documentata, sia in sede urbanistica che paesaggistica.

      I tecnici sono, dunque, chiamati a una valutazione preventiva accurata, consapevoli che le nuove aperture normative, pur significative, richiedono un approccio prudente, fondato sul confronto con le Soprintendenze, sulla puntuale ricostruzione dello stato dei luoghi e, soprattutto, su una corretta qualificazione giuridica dell’intervento (abuso) realizzato.

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