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Nuovi compiti sono posti in capo all’Organismo indipendente di valutazione (Oiv) al fine di contrastare il fenomeno della corruzione nella pubblica amministrazione. È quanto si ricava dal pacchetto anticorruzione varato dal legislatore con legge n. 190 del 6 novembre 2012.

In sintesi l’Oiv:

può partecipare al processo di gestione del rischio, come da allegato B, paragrafo 1.2, del Pna (Piano nazionale anticorruzione);

svolge compiti propri connessi all’anticorruzione nel settore della trasparenza amministrativa (art. 44, Dlgs n. 33/2013);

esprime il parere obbligatorio sulla bozza del codice di comportamento adottato da ciascuna amministrazione (art. 54, comma 5, Dlgs n. 165/2001).

In ordine alla partecipazione al processo di gestione del rischio di corruzione, il coinvolgimento dell’Oiv è previsto in tutte le tre fasi del processo: a) mappatura dei processi attuati dalla PA; b) valutazione del rischio per ciascun processo; c) trattamento del rischio e misure per neutralizzarlo.

Preliminarmente a ogni altra attività è necessario individuare le aree di rischio di corruzione di ciascuna PA. Esse costituiscono i campi di esistenza entro i quali ciascuna amministrazione è tenuta ad attivare le misure anticorruzione più convenienti, oltre quelle obbligatorie. In materia il Pna individua quattro aree che devono essere considerate da tutte le PA. Esse sono:

Area: Acquisizione e progressione del personale.

Area: Affidamento di lavori, servizi e forniture.

Area: Provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto economico diretto e immediato per il destinatario.

Area: Provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto e immediato per il destinatario.

Oltre a queste aree (c.d. obbligatorie), ciascuna PA, a seconda delle caratteristiche specifiche, può individuarne altre. L’operazione viene espletata dal management interno all’ente con l’eventuale e auspicabile supporto dell’Oiv. L’attività è delicata in quanto presuppone la scelta di indicatori di individuazione che soffrono il limite della loro affidabilità che è solamente tendenziale.

Gli indicatori (oggettivi e soggettivi) più utilizzati sono i seguenti:

Dati economici (oggettivi). Essi consistono in indicatori di mercato o statistici ricollegati alle attività poste in essere dalla PA (es. appalti di opere pubbliche) con il preciso intento di verificare la corrispondenza tra risorse pubbliche impiegate e relative infrastrutture realizzate. Questi indicatori soffrono il limite della difficoltà di distinguere, a valle del risultato finale, le cause di corruzione dalle cause di incapacità manageriale dell’imprenditore o di inefficienza burocratica.

Dati giudiziari (oggettivi). Essi consistono nella massa di denunce e/o condanne per i reati di corruzione commessi da pubblici ufficiali durante un intervallo di tempo determinato e nell’ambito delle attività oggetto di misurazione. Questi indicatori sono inevitabilmente condizionati dall’effettivo tasso di efficienza del sistema giudiziario. Infatti il numero delle denunce dipende dal grado di fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario e il numero delle condanne dall’efficienza del sistema giudiziario stesso.

Dati relativi alla percezione della corruzione (soggettivi). Tali indici, di regola, si basano sulla percezione del fenomeno e si fondano su questionari che tendono a catturare il livello di corruzione percepita. Questi indicatori sono suscettibili di rapidi cambiamenti a causa di scandali politici che condizionano la percezione e che non riflettono necessariamente il livello reale di corruzione. Inoltre le percezioni sono condizionate da diverse impostazioni culturali che intendono per corruzione eventi di carattere diversificato.

Dati tratti dall’esperienza diretta degli intervistati (soggettivi). Tali indici rilevano l’esperienza diretta degli intervistati (dunque non si tratta di sola percezione). Questi indicatori, apparentemente più attendibili, possono nascondere delle insidie (la volontà di colpire qualche pubblico ufficiale o sgravare la propria responsabilità).

Al fine di correggere i difetti insiti in ciascun indicatore, si suggerisce di combinarne l’utilizzo impiegandoli tutti e ponderandone opportunamente (secondo un ragionato criterio proporzionale) l’impiego.

Al termine di questa operazione è possibile tracciare il perimetro delle aree entro le quali operare la misurazione, valutazione, controllo e gestione dei rischi di corruzione.

Al fine di una chiara lettura dell’allegato 5 del Pna è utile distinguere, preliminarmente, il concetto di rischio da quello di fattore di rischio. Secondo tradizionale dottrina di management l’identificazione dei rischi è finalizzata all’individuazione degli eventi potenzialmente in grado di impattare sui livelli (organizzativi, economici, reputazionali) dell’ente; l’individuazione dei fattori di rischio consiste, invece, nel valutare il perché, il come, il dove, questi eventi possono accadere. Ciò significa che sono i fattori di rischio che risultano suscettibili di essere gestiti e monitorati, in quanto i rischi possono essere valutati e misurati, ma non possono essere controllati e gestiti direttamente (Carolyn A. Dittmeier, Internal Auditing, Egea, Milano 2007). In quest’ottica può risultare più comprensibile – il drafting legislativo non aiuta – l’articolato sistema di gestione del rischio di cui all’allegato 5 del Pna.

La prima fase: la mappatura dei processi

Secondo la definizione di “processo” fornita dal dipartimento della Funzione pubblica, si intende l’insieme delle attività collegate tra loro preordinate a creare valore attraverso la trasformazione delle risorse (input del processo) in un prodotto (output del processo) destinato all’interno della PA o alla sua utenza. Lo stesso Dipartimento definisce “mappatura dei processi” l’individuazione dei processi all’interno di ciascuna Area, articolati nelle diverse fasi, e la relativa responsabilità. Il concetto di processo è più ampio di quello di procedimento amministrativo. L’operazione viene svolta dal management interno all’ente, con l’apporto, se richiesto, dell’Oiv.

La seconda fase: la valutazione del rischio

Questa operazione è complessa e prevede tre sottofasi operative: a) identificazione del rischio; b) analisi del rischio; c) ponderazione del rischio.

La sottofase dell’identificazione del rischio consiste nell’individuazione dei rischi del processo preso in esame. Sostanzialmente ciò avviene con le medesime modalità individuate per l’individuazione delle aree di rischio, con la differenza che questa operazione ha come oggetto i singoli processi anziché le aree. In questa sottofase è raccomandato il coinvolgimento dell’Oiv che è chiamato a contribuire all’identificazione del rischio mediante le risultanze dell’attività di monitoraggio sulla trasparenza e integrità dei controlli interni (art. 14, comma 4, lett. a, Dlgs n. 150/2009). Al termine di questa operazione viene elaborato un registro dei rischi.

La sottofase dell’analisi del rischio è particolarmente laboriosa. Essa consiste in una doppia valutazione: la prima si configura come la misurazione della probabilità che si verifichi un evento corruttivo all’interno del processo preso in esame; la seconda si configura come la misurazione dell’impatto (organizzativo, economico e reputazionale) che si ribalta sull’amministrazione, come effetto dell’evento corruttivo. La misurazione di entrambe le valutazioni avviene con un sistema numerico (da 1 a 5) i cui indici sono astrattamente previsti dall’allegato n. 5 del Pna.

Gli indici di valutazione della probabilità:

Discrezionalità: misura il grado di discrezionalità esercitata dalla PA relativamente al processo analizzato. Il punteggio, da 1 a 5, esprime la valutazione: 1 (tutto vincolato) a 5 (altamente discrezionale).

Rilevanza esterna: misura quali effetti produce all’esterno dell’amministrazione il processo analizzato. Il punteggio 2 o 5 esprime la valutazione: 2 (No, ha come destinatario finale un ufficio interno); 5 (Sì, il risultato è rivolto direttamente a utenti esterni alla PA).

Complessità del processo: misura il numero delle amministrazioni coinvolte. Il punteggio 1, 3, 5 esprime la valutazione: 1 (No, il processo coinvolge una sola PA); 3 (Sì, il processo coinvolge più di tre amministrazioni); 5 (Sì, il processo coinvolge più di cinque amministrazioni).

Valore economico: individua a quali soggetti sono destinati i vantaggi economici dell’evento e misura la grandezza del beneficio. Il punteggio 1, 3, 5 esprime la valutazione relativamente ai soggetti e alla grandezza del beneficio: 1 (quando il beneficiario è interno); 3 (quando il beneficiario è un soggetto esterno. Es. borsa di studio per studenti); 5 (quando il beneficiario è un soggetto esterno e il beneficio è rilevante. Es. affidamento di un appalto).

Frazionabilità del processo: analizza se il processo è suscettibile di essere frazionato. Il punteggio 1 o 5, valutazione in merito: 1 (quando non è frazionabile); 5 (quando è frazionabile).

Controlli: misura il grado di efficacia dell’esercizio dei controlli. Il punteggio 1, 2, 3, 4, 5 esprime la valutazione: 1 (Sì, costituisce un efficace strumento di neutralizzazione); 2 (Sì, è molto efficace); 3 (Sì per una percentuale approssimativa del 50%); 4 (Sì, ma in minima parte); 5 (No, il rischio rimane indifferente). In ordine al valore da attribuire all’efficacia del sistema dei controlli adottato da ciascuna amministrazione, si rileva che ciò che conta non è l’astratta previsione di un sistema di controllo, ma la sua efficacia in relazione al rischio considerato.

Gli indici di valutazione dell’impatto:

Impatto organizzativo: misura la percentuale di personale impiegata nel processo rispetto al totale del personale impiegato nel servizio. Il punteggio da 1 a 5 esprime la valutazione 1 (fino al 20%) ; 2 (fino al 40%); 3 (fino al 60%); 4 (fino all’80%); 5 (fino al 100%).

Impatto economico: misura, nel corso degli ultimi cinque anni, il numero delle sentenze della Corte dei conti a carico dei dipendenti e dirigenti della PA o sentenze di risarcimento del danno nei confronti della PA. Il punteggio 1 o 5 esprime la valutazione 1 (nel caso negativo); 5 (nel caso positivo).

Impatto reputazionale: misura, nel corso degli ultimi cinque anni, la frequenza di notizie fornite dai mass media relativamente allo stesso evento o eventi analoghi. Il punteggio da 0 a 5 esprime la valutazione: 0 (No); 1 (Non ne abbiamo memoria); 2 (Sì, sulla stampa locale); 3 (Sì, sulla stampa nazionale); 4 (Sì, sulla stampa locale e nazionale); 5 (Sì, sulla stampa locale, nazionale e internazionale).

Impatto organizzativo, economico e sull’immagine: indica e misura il grado di probabilità di rischio di un evento corruttivo in relazione al ruolo esercitato dal soggetto responsabile del progetto. Il punteggio da 1 a 5 esprime la valutazione: 1 (A livello di addetto); 2 (A livello di funzionario); 3 (A livello di dirigente non generale); 4 (A livello di dirigente di ufficio generale); 5 (A livello di segretario generale).

Compete, in concreto, ai gruppi di lavoro (task force) valutare i gradi di probabilità che l’evento si verifichi. Compete, in concreto, ai competenti uffici della PA (uffici interessati) valutare i gradi di impatto che l’evento corruttivo produce sull’organizzazione, sull’economia, sull’immagine della stessa PA.

In questo modo si viene a configurare una doppia valutazione (il grado della probabilità e il grado dell’impatto). Secondo il modello fornito dal Pna (allegato 5) e come chiarito dalla Civit in data 22 ottobre 2013, in risposta a un quesito specifico, il valore della probabilità dell’evento corruttivo, così come il valore dell’impatto, è costituito dalla media aritmetica dei singoli punteggi attribuiti agli indici di valutazione. Poiché la media dell’uno e dell’altro al massimo può essere di 5, la valutazione complessiva del rischio massima sarà pari a 25 = (5 X 5), dunque si tratta del prodotto di due valori medi (aritmetici).

In questa sottofase risulta utile il supporto dell’Oiv in quanto è già chiamato ad esprimere un a valutazione sui “pesi” da attribuire a ciascuna struttura operativa in sede di Peg. Ulteriormente l’Oiv può esprimere un proprio parere sull’esito dell’analisi di rischio, alla luce del monitoraggio sulla trasparenza e integrità dei controlli interni (art. 14, comma 4, lett. a, Dlgs n. 150/2009).

La sottofase della ponderazione del rischio, consiste nella decisione in ordine alle priorità e all’urgenza del trattamento da attribuire a ciascun processo tenuto conto delle risultanze di cui alla sottofase precedente (analisi del rischio). Alla fine di questa sottofase, i singoli rischi e i relativi processi vengono inseriti in una classifica del livello di rischio e, pertanto, pare doveroso il coinvolgimento dell’Oiv ai fini di assicurare il corretto inserimento delle priorità che devono essere debitamente motivate. A tal proposito potrebbe essere utile creare una rappresentazione grafica della probabilità e dell’impatto dei rischi presi in considerazione (c.d. “mappa dei rischi”) che distingua i rischi più significativi (elevata probabilità e/o impatto) da quelli meno significativi (bassa probabilità e/o impatto).

La terza fase: il trattamento del rischio e le misure per neutralizzarlo

L’ultima fase della gestione del rischio consiste nella scelta delle attività che devono essere intraprese dall’amministrazione per ridurre il rischio stesso. Le misure di contrasto sono di due tipi: obbligatorie allorquando esse sono imposte dalla legge; le misure ulteriori sono quelle che l’amministrazione ritiene di attuare indipendentemente dalla loro obbligatorietà. Queste ultime devono essere stimate in base ai loro costi.

Fermo restando che è compito del responsabile della prevenzione e della corruzione individuare e valutare dette misure, risulta opportuno il coinvolgimento dell’Oiv, stante l’obbligo per quest’ultimo di effettuare il monitoraggio sulla trasparenza e integrità dei controlli interni (art. 14, comma 4, lett. a, Dlgs n. 150/2009).

Concluse queste fasi, al fine di verificare l’efficacia delle misure adottate, l’amministrazione dovrebbe esercitare un controllo successivo mirato a misurare il grado di rischio “residuo”. Sulla scorta di questo dato la stessa PA valuterà l’utilità di procedere o meno a una correzione delle attività inizialmente poste in essere (follow up).

In ordine ai compiti connessi all’anticorruzione nel settore della trasparenza amministrativa (art. 44, Dlgs n. 33/2013)

Premesso che sussiste uno stretto legame tra il Ptpc e il Piano triennale della trasparenza, l’art. 44 del Dlgs n. 33/2013 stabilisce che l’Oiv deve verificare la coerenza tra gli obiettivi previsti in quest’ultimo Piano e quelli indicati nel Piano delle performance.

Questa verifica comporta anche la valutazione della congruenza dei relativi indicatori adottati dalla PA sia per le valutazioni individuali che dei singoli uffici. Infatti l’Oiv, nell’esercizio della funzione di cui all’art. 14, comma 4, lett. a), del Dlgs n. 150/2009, deve verificare il controllo sul rispetto e sull’attuazione dei codici da parte dei dirigenti di vertice i cui risultati saranno considerati in sede di valutazione finale.

In ordine al parere obbligatorio sulla bozza del codice di comportamento dei dipendenti di ciascuna amministrazione

L’Oiv, ai sensi dell’art. 54, comma 5, Dlgs n. 165/2001, è tenuto a esprimere un parere obbligatorio sulla bozza del codice di comportamento adottato da ciascuna amministrazione. Tale parere è finalizzato a verificare che il codice sia conforme alle linee guida di Anac e viene formulato da Oiv sulla bozza finale del codice medesimo, cioè quella che gli uffici competenti sottopongono all’organo deliberante (il Consiglio) dopo avere raccolte e vagliate le osservazioni degli stakeholder.

 

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