Tratto da: ANAC  

Il Responsabile anticorruzione (Rpct) di una Regione non deve limitarsi ad affermare che non rientrano tra i suoi compiti le verifiche sul mancato riscontro di richieste formulate nei confronti di Uffici Regionali. Deve invece attivarsi – anche in raccordo con il referente del Dipartimento/Ufficio dell’amministrazione regionale competente – nel valutare il mancato adempimento delle misure generali previste nel Piao dell’amministrazione, tra i quali figura il monitoraggio dei termini procedimentali dei medesimi Uffici Regionali. E’ tenuto, inoltre, a segnalare all’Organo di indirizzo e all’Oiv le disfunzioni inerenti all’attuazione della misura, con particolare riferimento ai motivi che hanno determinato il ritardo e, se del caso, indicare agli Uffici competenti all’esercizio dell’azione disciplinare i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza. Deve, poi, rendicontare i risultati dell’attività svolta, nell’ambito della sua Relazione annuale da pubblicare sul sito istituzionale, esponendo le eventuali criticità rilevate nell’attuazione della misura, nonché le iniziative assunte o programmate, per i casi di inosservanza dei termini, ai fini della relativa risoluzione.

È quanto ha chiarito Anac con il parere anticorruzione del 9 aprile 2025, nel quale si precisa inoltre che, in tali casi, al Responsabile anticorruzione spetta approfondire, con il supporto dell’Ufficio competente, cosa abbia determinato l’inosservanza dei termini, raccogliendo eventuali proposte utili ad assicurare in futuro il regolare svolgimento dei procedimenti. Gli esiti delle valutazioni svolte, poi, dovranno essere riferiti all’Organo d’indirizzo dell’Ente e all’Organismo indipendente di valutazione (Oiv) per l’assunzione delle iniziative ritenute più opportune.

Tra i compiti attribuiti a un Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (Rpct), pertanto, non c’è quello di un espresso dovere di intervento per far cessare l’eventuale inerzia di un Ufficio responsabile di un procedimento, ma tale ritardo rappresenta comunque una criticità da rilevare necessariamente in occasione del monitoraggio dei tempi procedimentali.

L’approfondimento – che ha dato modo di fornire indicazioni puntuali sul ruolo del Rpct alla luce della normativa in materia e degli atti già adottati dall’Autorità – nasce da una richiesta di chiarimenti sollevata da parte sindacale e volta in particolare a comprendere quali siano le competenze di un Responsabile anticorruzione di un ente regionale nei casi di mancato riscontro a richieste formulate nei confronti di Uffici dell’amministrazione. Il caso di specie ha riguardato una grande Regione del Sud Italia (nella quale non è presente la figura del Difensore civico) e, in particolare, l’iter di sottoscrizione dell’accordo integrativo regionale per la specialistica ambulatoriale interna. 

Il parere ricorda che i compiti di vigilanza e controllo del Rpct all’interno di un’amministrazione devono restare connessi all’obiettivo principale assegnato a tale figura, ossia quello della predisposizione, e verifica dell’attuazione e idoneità, del sistema di contrasto all’insorgenza dei fenomeni corruttivi, delineato dal Ptpct (Piano triennale della prevenzione della corruzione e della trasparenza) o Sezione anticorruzione e trasparenza del Piao (Piano integrato di attività e organizzazione), e dalle relative misure di contenimento del rischio, ivi compreso l’obbligatorio monitoraggio dei tempi procedimentali, i cui risultati devono essere peraltro consultabili online e legati all’eliminazione di eventuali anomalie.

 
 
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