Tratto da: Il diritto amministrativo
Autrice: Roberta Perongini
Abstract
Il contributo si propone di ricostruire i principali utilizzi del principio europeo della sana gestione finanziaria all’interno del bilancio delle amministrazioni locali italiane. A tal fine vengono esaminati il diritto, la letteratura e le pronunce giurisprudenziali allo scopo di recuperare la radice del principio nell’ordinamento nazionale.
Sommario
- Il sistema dei controlli esterni: ratio, tipologia, fondamento normativo e natura giuridica delle verifiche contabili della Corte dei conti.
- L’espansione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, la dequotazione dei controlli sugli atti e la rimeditazione delle categorie classiche del controllo.
- Il controllo esterno in sede europea e il principio della sana gestione finanziaria.
- Applicazioni sovranazionali del principio di sana gestione finanziaria.
- Il principio di sana gestione finanziaria in ambito nazionale.
- Applicazioni nazionali del principio di sana gestione finanziaria.
- Il sistema dei controlli esterni: ratio, tipologia, fondamento normativo e natura giuridica delle verifiche contabili della Corte dei conti.
Le amministrazioni pubbliche sono soggette al controllo esterno della Corte dei conti in quanto esse operano con mezzi finanziari prevalentemente provenienti dal prelievo fiscale e i quali vanno a sovvenzionare in parte qua la spesa pubblica[1].
Il fondamento del sistema dei controlli esterni, quindi, è la garanzia della sana e della regolare gestione finanziaria delle risorse collettive[2], assicurata a tutta la società tramite la vigilanza della magistratura contabile[3].
Il controllo esterno, in particolare, ai sensi dell’articolo 100 della Costituzione, avviene, come noto, in via preventiva oppure in via successiva e, a seconda dei casi, trattasi, per quanto riguarda il controllo sugli atti, di una verifica di legittimità estesa alla compatibilità della spesa rispetto alla relativa previsione di bilancio – nonché estesa alla conformità dell’atto alla legge – mentre trattasi, per quanto riguarda il controllo sulla gestione, di una verifica successiva estesa alla gestione del bilancio, del patrimonio, delle gestioni fuori bilancio e dei fondi di provenienza comunitaria[4], nonché estesa al regolare e corretto funzionamento dei sistemi di controllo interno[5].
Esistono altresì casi di controllo concomitante, i quali coinvolgono i principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale, tra i quali il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza[6].
A voler delineare il perimetro oggettivo dei controlli esterni, occorre affermare che il controllo sugli atti coinvolge, ad eccezione dei decreti legge e dei decreti legislativi, gli atti del Governo, al fine di verificare che i medesimi siano conformi all’indirizzo legislativo in materia di spesa pubblica[7]; il controllo di gestione, invece, è un controllo di tipo consuntivo, volto ad “operare ex post il confronto tra la situazione effettivamente realizzata con l’attività amministrativa e la situazione ipotizzata dal legislatore come obbiettivo da realizzare.”[8].
Tale controllo si estende, relativamente ai profili economico-finanziari, anche agli enti pubblici partecipati o sovvenzionati dallo Stato, sottoposti a verifica a norma del menzionato articolo 100 della Costituzione[9].
Come avrà modo di evincersi nel prosieguo, le verifiche di tipo gestionale hanno progressivamente assunto un ruolo sempre più centrale nell’ambito dell’attività di controllo, in luogo delle verifiche sugli atti il cui spettro applicativo è andato via via a ridursi.
Per comprendere appieno la natura giuridica e il fondamento empirico dei controlli esterni, occorre interrogarsi sulla natura giuridica delle funzioni di controllo della Corte dei conti, così come avvenuto in seno alla giurisprudenza costituzionale, la quale depone nel senso di ritenere che la Corte dei conti rappresenti un organo dello Stato-comunità, neutrale rispetto all’apparato amministrativo ed indipendente dal Governo, i cui atti, ad eccezione del caso di inesistenza del potere di controllo, sono carenti di immediata lesività in quanto destinati ad essere recepiti dalla amministrazione controllata[10].
In tal senso, la funzione svolta dalla Corte “è, sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto che assimilabile a quella amministrativa”, in quanto essa permette di “valutare la conformità degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico”[11].
In particolare, sul piano normativo, si pongono le “disposizioni di legge che determinino effetti modificativi dell’articolazione del bilancio per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unità elementari, vale a dire sui capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con il sistema dei risultati differenziali.”[12].
Afferma, quindi, il Giudice delle leggi che “il controllo effettuato dalla Corte dei conti è un controllo esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato, volto unicamente a garantire la legalità degli atti ad essa sottoposti, e cioè preordinato a tutela del diritto oggettivo, che si differenzia pertanto nettamente dai controlli c.d. amministrativi, svolgentisi nell’interno della pubblica Amministrazione ed è altresì diverso anche da altri controlli, che pur presentano le caratteristiche da ultimo rilevate, in ragione della natura e della posizione dell’organo cui è affidato”[13].
La Corte costituzionale, in ragione di quanto sinora premesso, ha conseguentemente riconosciuto alla Corte dei conti, nell’esercizio delle funzioni di controllo preventivo, in aggiunta al potere di sollevare il conflitto di attribuzione con gli altri poteri dello Stato[14], anche il potere di sollevare in via incidentale eccezioni di legittimità costituzionale, dal momento che si deve “riferire al controllo in questione la natura di un “giudizio” […] “E questo tanto più ove si consideri che nel procedimento relativo al controllo preventivo di legittimità ricorrono “elementi, formali e sostanziali, riconducibili alla figura del contraddittorio” (deferimento delle pronunce alla Sezione di controllo da parte del consigliere delegato; comunicazione tempestiva del deferimento alle amministrazioni interessate, che possono presentare deduzioni e farsi rappresentare; motivazione della decisione etc.) e, pertanto, assimilabili ai caratteri propri del procedimento giurisdizionale.”[15].
Quanto da ultimo trascritto non vale, tuttavia, per il controllo di gestione, poiché “I profili così evidenziati con riferimento al controllo preventivo di legittimità – e suscettibili di ricondurre lo stesso ai termini di un “giudizio” – non si riscontrano nel controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche”[16].
Nei fatti, “il controllo successivo sulla gestione” deve “essere eseguito, non già in rapporto a parametri di stretta legalità” bensì “in riferimento ai risultati effettivamente raggiunti collegati agli obbiettivi programmati nelle leggi e nel bilancio, tenuto conto delle procedure e dei mezzi utilizzati per il loro raggiungimento, dovendosi il fine ultimo di tale controllo identificare in quello di favorire una maggiore funzionalità nella pubblica amministrazione attraverso la valutazione complessiva della economicità/efficienza dell’azione amministrativa e dell’efficacia dei servizi erogati.”[17].
“Il controllo sulla gestione”, precisa ulteriormente la Corte Costituzionale, “per i suoi scopi, per i suoi effetti e per le sue modalità di esercizio – viene a configurarsi essenzialmente come un controllo di carattere empirico ispirato, più che a precisi parametri normativi, a canoni di comune esperienza che trovano la loro razionalizzazione nelle conoscenze tecnico-scientifiche proprie delle varie discipline utilizzabili ai fini della valutazione dei risultati dell’azione amministrativa.”[18].
Tale orientamento è rimasto granitico nel corso del tempo e va ulteriormente a distinguersi dall’avvenuto riconoscimento, alla Corte dei conti, da parte della Consulta medesima, in aggiunta alla possibilità di sollevare conflitto di attribuzione, anche della legittimazione “in sede di giudizio di parificazione del bilancio […] a promuovere, in riferimento all’art. 81 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale […]”[19].
A prescindere dalla tipologia di controllo, la Corte dei conti non può sollevare questioni pregiudiziali innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea[20].
Da quanto sinora riportato e premesso, emerge come il sindacato delle Sezioni di controllo del Giudice contabile sugli atti e sulle gestioni pubbliche appaia imprescindibile per garantire la legalità finanziaria nell’ambito dell’ordinamento statale, e ciò si riflette anche nella differente natura giuridica dei controlli esterni, ovverosia, per quanto riguarda il controllo sugli atti, un procedimento che si risolve in un esito dicotomico legittimità/illegittimità avente una natura quasi tipicamente inquisitoria, ed un procedimento più marcatamente amministrativo nel caso del controllo di gestione ed economico-finanziario[21].
Nel caso dei controlli di gestione, in particolare, i quali assurgono a verifica in ogni caso differenziata da un controllo di tipo propriamente politico, come quello che normalmente viene ascritto agli organi rappresentativi nei confronti di quelli esecutivi, è in un’ottica collaborativa – ferma restando la separazione dei poteri – e non inquisitoria che l’Autorità esterna di controllo si rapporta agli atti e alla gestione dei dirigenti al fine di individuare criticità e anomalie, effettive o potenziali, e al fine di formulare soluzioni e indirizzi correttivi, volti ad assicurare la sana ed efficiente gestione finanziaria ovverosia l’abbattimento di sprechi, disfunzioni, diseconomie, duplicazioni di competenze, carenze di legittimazione[22].
Quanto sostenuto ha permesso di far ritenere, entro la giurisprudenza costituzionale, che, in definitiva, sia possibile rintracciare la ragion d’essere dei controlli contabili esterni entro la ben più ampia prospettiva del buon andamento, declinato in termini di efficacia, efficienza ed economicità, nonché nella prospettiva della gestione degli equilibri di bilancio del settore pubblico, di cui agli articoli 97 e 81 della Costituzione[23].
In aggiunta, la ragion d’essere dei controlli contabili esterni si rinviene altresì nell’esigenza di assicurare, tramite una magistratura indipendente, il rispetto dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, di cui agli articoli 11 e 117 della Carta fondamentale[24], nonché nell’esigenza di garantire il coordinamento della finanza pubblica “allargata”, di cui all’articolo 119 della Costituzione, nella prospettiva della tutela di tutte le risorse pubbliche gestite dagli enti pubblici nella medesima ricompresi[25].
Se, sul versante dell’adempimento degli obblighi internazionali, si colloca il rispetto delle regole fiscali stabilite a livello europeo, viceversa, nella prospettiva della tutela della finanza pubblica regionale e locale, i controlli esterni vanno a garantire l’attuazione del decentramento amministrativo e del principio autonomistico, di cui all’articolo 5 della Costituzione, assicurando l’ottemperanza degli enti territoriali al dettato del citato articolo 119, ultimo comma, della Costituzione, il quale, come noto, dispone che “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.”[26].
- L’espansione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, la dequotazione dei controlli sugli atti e la rimeditazione delle categorie classiche del controllo.
E’ nell’ambito del quadro d’insieme sinora delineato che si inserisce la menzionata espansione dei controlli gestionali a discapito dei controlli sugli atti, nonché il progressivo potenziamento delle funzioni di verifica Corte dei conti, storicamente verificatasi, e giunta, da ultimo, a ricomprendere anche il controllo sulla copertura finanziaria delle leggi di spesa[27], il referto sul costo del lavoro pubblico[28], la certificazione finanziaria dei contratti collettivi di lavoro[29] nonché il controllo sulla finanza regionale e locale, attribuite al Giudice contabile al fine di potenziare il ventaglio degli strumenti necessari a garantire la stabilità dei bilanci, il rispetto del patto di stabilità e la tutela dell’unità economica della Repubblica[30].
Il potenziamento delle funzioni di controllo può in ogni caso dirsi il prodotto, per un verso, della menzionata dequotazione dei controlli sugli atti a beneficio dei controlli gestionali e, per altro verso, di una vera e propria rimeditazione dogmatica delle categorie concettuali in materia di controllo[31].
Da quest’ultimo punto di vista, nello specifico, in luogo della tradizionale differenziazione tra controlli preventivi e controlli successivi, ha preso piede la distinzione tra controlli conformativi e controlli integrativi.
Mentre i controlli del primo tipo sono funzionali alla “condivisione” della scelta amministrativa con l’organo di controllo il quale, per il tramite del diniego di visto, ha il potere di bloccare il perfezionamento dell’atto, consumando, tuttavia, il potere medesimo in quella stessa circostanza[32], i controlli del secondo tipo sono funzionali a consentire aggiustamenti e a correggere eventuali errori contabili per attuare i principi di economicità, efficacia ed efficienza di cui alla legge 241/1990[33].
Sul versante del depotenziamento dei controlli sugli atti, invece, occorre precisare che i controlli sulla gestione, in precedenza descritti, proprio perché facenti leva sull’applicazione dei principi di economicità, efficacia ed efficienza, e sebbene non costituiscano una forma di co-gestione delle risorse pubbliche, sono progressivamente apparsi maggiormente funzionali, rispetto ai controlli sugli atti appunto, a stimolare i processi di autocorrezione nella pubblica amministrazione[34].
A differenza del controllo sugli atti, infatti, il quale inibisce a monte l’efficacia dei provvedimenti amministrativi, il controllo sulla gestione, anche in ragione della circostanza per il quale il medesimo è sottoposto a programmazione annuale sulla base di indicatori predeterminati, è maggiormente teso a sollecitare i meccanismi di correzione spontanea da parte delle amministrazioni controllate, facendo perno sull’accountability, ovverosia sulla responsabilizzazione politica dei titolari degli organi d’indirizzo, nonché sulla responsabilizzazione giuridica degli organi gestori in caso di danno erariale[35].
L’eventuale acclaramento, in sede di controllo successivo sulla gestione, dell’inefficienza, ovvero della diseconomicità, dell’azione amministrativa, non inibita a priori per effetto del controllo sugli atti, non è di per sé indice sintomatico di responsabilità contabile, bensì assurge a spinta propulsiva al miglioramento e all’efficientamento tramite il recepimento delle osservazioni formulate dall’Organo di controllo esterno[36].
Potendo, quindi, nell’espansione dei controlli gestionali, rintracciarsi un vero e proprio spirito normativo di deflazione dello spettro della mala gestio delle finanze pubbliche e, conseguentemente, l’intento di espandere il più possibile le maglie dell’accertamento contabile, agendo altresì a compensazione della progressiva riduzione, consequenzialmente verificatasi, del numero di atti dell’esecutivo e di atti di bilancio sottoposti al controllo preventivo di legittimità, lo stesso perimetro soggettivo del controllo esterno di gestione risulta essere particolarmente esteso: esso ricomprende, in particolare, i soggetti pubblici cui fa riferimento l’articolo 1, della legge del 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[37].
Lo stesso dicasi per quanto riguarda il perimetro soggettivo del controllo economico-finanziario, il quale ricomprende gli enti finanziati periodicamente dallo Stato; gli enti dotati di autonomia impositiva; gli enti che godono di un apporto al patrimonio in capitale, servizi, beni ovvero mediante concessione di garanzia; gli enti pubblici economici privatizzati e trasformati in società per azioni fino a quando permanga la partecipazione maggioritaria statale al capitale sociale[38].
Guardando, invece, al perimetro oggettivo del sindacato sulla gestione, esso coinvolge ogni atto gestorio che il Giudice contabile possa esaminare per accertare la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa, al fine di formulare un giudizio non di tipo statico, dunque basato sul raffronto con parametri legislativi, bensì di tipo dinamico, ovverosia che guardi l’amministrazione che “prende vita” attuando le norme: vengono in tal senso in rilievo l’importanza finanziaria dell’atto, l’esistenza di notevoli rischi di irregolarità, i risultati di precedenti controlli, ovvero qualsiasi atto o notizia che la Corte abbia richiesto agli enti nonché le risultanze di ispezioni e accertamenti diretti disposti dalla Corte medesima[39].
A voler rintracciare la matrice dei descritti processi di rimeditazione della dogmatica dei controlli e di implementazione delle funzioni delle autorità esterne di controllo occorre far riferimento al diritto europeo e, in particolare, all’istituzione della Corte dei conti europea nonché all’individuazione del principio della sana gestione finanziaria quale canone fondamentale per l’esecuzione del bilancio dell’Unione[40].
La Corte dei conti europea, infatti, istituita già nel 1957 con il Trattato di Bruxelles e successivamente assurta al rango di istituzione dell’Unione con il Trattato di Maastricht, verifica, a norma dell’attuale articolo 287 del Trattato di Lisbona, i conti di tutte le entrate e di tutte le spese dell’Unione nonché di ogni altro organo o organismo creato dall’Unione stessa, nella misura in cui tale esame non sia escluso dall’atto costitutivo dell’organo o dell’organismo[41].
In particolare, la Corte controlla, nella versione inglese del Trattato “The Court of Auditors shall examine […]”, la legittimità e la regolarità delle entrate e delle spese dell’Unione, ovverosia […] “whether all revenue has been received and all expenditure incurred in a lawful and regular manner”[…], e deve altresì accertare la sana gestione finanziaria, ovverosia […]“whether the financial management has been sound”, effettuando, quindi, rispettivamente, una verifica di legittimità e una verifica di merito.
La disposizione da ultimo considerata, si coordina con il precedente articolo 119 del medesimo Trattato, il quale prevede che gli Stati membri e l’Unione, in materia di politica economica, si impegnano a garantire anche finanze pubbliche e condizioni monetarie sane, ovverosia “sound public finances and monetary conditions”, nonché con il successivo articolo 310 dello stesso Trattato, ai sensi del quale il bilancio è eseguito in conformità del principio di sana gestione finanziaria, ovverosia del “principle of sound financial management”, dovendo gli Stati membri e l’Unione cooperare affinché gli stanziamenti iscritti in bilancio siano utilizzati secondo tale principio.
A supporto dell’attuazione del principio di sana gestione finanziaria le fonti europee pongono importanti poteri di verifica in capo alla Corte dei Conti.
In tal senso, tutte le istituzioni dell’Unione, gli organismi che gestiscono entrate o spese a nome dell’Unione, nonché i destinatari di somme provenienti dal bilancio europeo, anche ove trattasi di organismi esterni che ricevono fondi dell’Unione a titolo di pagamenti, di contributi, di finanziamenti e di prestito, accordano alla Corte ogni supporto, anche documentale, contabile, giustificativo, amministrativo e informativo, di cui essa ritenga di aver bisogno per l’assolvimento dei suoi compiti. I soggetti menzionati, inoltre, mettono a disposizione della Corte ogni documentazione, anche elettronica, relativa alle entrate e alle spese, nonché ogni inventario e ogni organigramma che la Corte stessa ritenga necessari per la revisione dei conti annuali e delle relazioni sull’esecuzione del bilancio[42].
Per lo stesso scopo, l’Organo può accedere al sistema informatico utilizzato per la gestione delle entrate o delle spese oggetto del suo audit, se tale accesso è pertinente per quest’ultimo. A loro volta, gli organismi di audit interni e gli altri servizi delle amministrazioni nazionali interessate, accordano alla Corte ogni agevolazione necessaria per l’assolvimento dei suoi compiti, potendo quest’ultima ordinare l’esibizione della corrispondenza e l’apertura delle casse ai funzionari dell’Unione[43].
Ciò premesso, come intuibile già dal tenore letterale delle espressioni utilizzate nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, dal quale emerge la contrapposizione tra una lawful and regular manner di gestione delle finanze pubbliche e un sound financial management, la verifica sulla corretta attuazione del principio di sana gestione finanziaria impone alla Corte dei conti europea un controllo di tipo attivo che appuri l’efficacia, l’economicità e, infine, l’efficienza dell’attività gestionale e che non sia limitato all’esame preventivo di singoli atti ma che, viceversa, si estenda ai vari sistemi e sottosistemi amministrativi, al fine di verificarne, sì, il livello di conformità alle previsioni legislative, ma altresì al fine di verificarne il livello di affidabilità in termini di produzione di risultati, allo scopo di individuare eventuali criticità e debolezze e al fine di evidenziare i settori di attività in cui è possibile ottenere miglioramenti[44].
Invero, nota la dottrina, tali caratteristiche del controllo della Corte europea discendono direttamente dallo stesso significato da attribuire all’aggettivo “sana” in relazione alla gestione finanziaria[45].
In definitiva, infatti, “sana” è una gestione performante, non soltanto legittima e, dunque, conforme alle norme giuridiche, bensì managerialmente di successo e, quindi, condotta alla stregua del criterio economico per eccellenza, ovverosia il rapporto tra costi e ricavi, ove per ricavi deve intendersi, nel contesto del maneggio di finanze destinate alla collettività, l’efficacia dell’azione amministrativa intrapresa, sì, in attuazione delle previsioni legislative, ma anche al fine di elevare la qualità dei servizi pubblici[46].
Conseguentemente, si ritiene, è la natura stessa della funzione amministrativa, intesa quale cura concreta degli interessi pubblici e non quale mera esecuzione passiva di norme di legge, a suggerire che i controlli sugli atti non esauriscano lo spettro delle possibili verifiche cui sottoporre gli enti pubblici potendo, viceversa, i controlli gestionali, meglio incarnare lo spirito stesso della distinzione tra “il potere politico” il quale “(attraverso la legislazione) stabilisce le regole della vita sociale (le leggi) e può modificarle” e “le attività a carattere concreto (operazioni e atti giuridici) intese alla cura (in concreto) degli interessi della comunità, quali risultano in ogni momento della vita della comunità stessa.”[47].
A livello europeo, tralasciando le già citate fonti primarie, occorre evidenziare che le fonti derivate hanno ben inquadrato e perimetrato le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione europea tra le quali, in particolare, il principio della sana gestione finanziaria.
Vengono in rilievo, nello specifico, il recente Accordo interistituzionale del 16 dicembre 2020 e il regolamento dell’Unione Europea del 18 luglio 2018, n. 1046.
L’Accordo interistituzionale del 16 dicembre 2020 disciplina tempi e modi della programmazione finanziaria, strutturata per rubrica, settore e linea di bilancio, nonché distinta tra la legislazione in vigore e le proposte legislative pendenti, prevedendo altresì specifici obblighi informativi in capo alla Commissione Europea rispetto al Parlamento e al Consiglio[48].
Il regolamento dell’Unione Europea del 18 luglio 2018, n. 1046[49], invece, il quale contiene altresì i principi contabili applicabili al bilancio dell’Unione, definisce come «sana gestione finanziaria» l’esecuzione del bilancio che avvenga secondo i principi di economia, efficienza ed efficacia, specificando, ulteriormente, che il principio di sana gestione finanziaria guida la formazione e l’esecuzione del bilancio[50].
In nome del canone in esame, in particolare, le risorse stanziate devono essere messe a disposizione in tempo utile, nella quantità e qualità appropriate nonché al prezzo migliore, alla stregua del miglior rapporto possibile tra le risorse impiegate, le attività intraprese e il conseguimento degli obiettivi, in una misura che consenta il raggiungimento degli obiettivi perseguiti: tali obiettivi, in particolare, dovranno essere specifici, misurabili, attuabili, pertinenti e temporalmente definiti[51].
Ad un tempo, essendo l’esecuzione degli stanziamenti orientata alla performance, occorrerà la predeterminazione ex ante degli obiettivi dei programmi di spesa e delle attività, così come occorrerà la predeterminazione di specifici indicatori che consentano di individuare i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi e che permettano di rilevare eventuali problematiche riscontrate in fase di esecuzione del bilancio: tali indicatori dovranno essere pertinenti, accettati, credibili, facili e solidi[52].
In aggiunta a quelle da ultimo riportate, tra le molteplici altre, costituiscono applicazioni del principio in esame, alla stregua del citato regolamento 1046/2018, la predisposizione di sistemi di controllo interno efficaci ed efficienti; una programmazione finanziaria articolata per categoria di spesa, settore e linea di bilancio; l’utilizzo di una nomenclatura negli atti contabili chiara e trasparente; la predisposizione, anche da parte degli organismi incaricati di attuare eventuali partenariati privati, di regole che garantiscano finanze sane[53].
Ancora, come previsto dal regolamento 1046, l’ambito di operatività del canone di cui agli articoli 119 e 310 del TFUE, permea di sé i poteri e le funzioni dell’ordinatore diligente nell’esecuzione di operazioni di riscossione crediti e di ordinamento della spesa; permette di stabilire se i costi sostenuti dal beneficiario di una sovvenzione siano ragionevoli; consente di verificare le garanzie di bilancio; di assicurare la gestione finanziaria del FESR, del FES, del Fondo di coesione, del FEASR e del FEAMP; consente di promuovere l’utilizzazione delle somme forfettarie calcolate in maniera giusta, equa e verificabile; consente di gestire i prefinanziamenti frazionati in più versamenti nonché gli stanziamenti accantonati[54].
Per quanto concerne l’ordinamento italiano, come anticipato, la somma dei mutamenti di prospetti- va descritti nei paragrafi precedenti è risultata essere il riconoscimento, in capo alla Corte dei conti, di un fondamentale ruolo di verifica con funzione di incentivazione e di propulsione dei processi di miglioramento nelle amministrazioni[55].
È stato dunque previsto che, nell’esercizio del controllo, la Corte possa richiedere alle amministra- zioni pubbliche e agli organi di controllo interno qualsiasi atto o notizia necessari all’espletamento delle proprie funzioni, potendo altresì disporre ispezioni e accertamenti diretti[56].
A livello nazionale, tuttavia, lo scenario normativo si mostra parzialmente diverso rispetto a quello europeo.
I principali riferimenti nazionali al principio di sana gestione finanziaria, infatti, si ritrovano, sì, nella normativa primaria, ma, come si vedrà, non vi è una espressa definizione o declinazione specifica del principio medesimo, ad esempio, nelle leggi ispiratrici della redazione e dell’esecuzione del bilancio nazionale. A differenza di quanto avvenuto in sede europea, dunque, non sembra rinvenirsi, a livello nazionale, una normativa espressa di guida e di indirizzo alla sana gestione finanziaria di tenore analogo a quella sovranazionale: in conformità del principio citato, infatti, ai sensi dell’articolo 317 del TFUE, la Commissione dà esecuzione al bilancio in cooperazione con gli Stati membri; ancora, ai sensi dell’articolo 325 del TFUE, costituisce applicazione del principio della sana gestione finanziaria anche il perseguimento delle frodi commesse ai danni dell’Unione, ivi compresi la frode fiscale, l’evasione fiscale, la corruzione e il conflitto di interessi.
A tale ultimo proposito, del pari, non si rinvengono a livello nazionale, riferimenti normativi ai corollari applicativi del principio della sana gestione finanziaria: in materia, di recente, il Regolamento 2021/241 del Parlamento Europeo e del Consiglio, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza, all’articolo 22, ha declinato, ad esempio, alcuni dei corollari fondamentali in cui si articola il principio in parola, stabilendo che i fondi del programma Next Generation EU devono essere utilizzati per lo scopo previsto, che le informazioni presentate con la richiesta di pagamento debbano essere complete, esatte e affidabili, che i sistemi di controllo posti in essere forniscano le garanzie necessarie a stabilire che i fondi siano stati gestiti in conformità di tutte le norme applicabili e, in particolare, delle disposizioni in materia di prevenzione dei conflitti di interessi, delle frodi, della corruzione e della duplicazione dei finanziamenti[57].
Nonostante ciò, non può certamente dirsi che manchino, a livello domestico, collegamenti legislativi tra la performance e il ciclo di bilancio[58], tuttavia, per quanto concerne l’ordinamento nazionale, il principale riferimento normativo al principio che in questa sede si sta esaminando rimane l’articolo 97 della Costituzione: il principio costituzionale del buon andamento, infatti, declinato nella moderna accezione dell’economicità, dell’efficacia, dell’efficienza dell’azione e dell’organizzazione amministrativa, ha costituito il ponte attraverso il quale permettere al principio di sana gestione finanziaria, pur non esplicitato nelle fonti costituzionali, primarie o secondarie, di prendere forma e di assurgere a parametro di riferimento, sebbene implicito per lo svolgimento dell’attività amministrativa, per la tenuta dei bilanci e per l’espletamento dell’attività di controllo[59]. A differenza di quanto accade rispetto agli altri criteri ispiratori dell’azione amministrativa, è noto che all’efficienza, all’efficacia e all’economicità si riconosca una matrice più spiccatamente aziendalistica: tali principi, infatti, hanno fatto ingresso tra i canoni fondamentali dell’agere amministrativo, ai sensi dell’articolo 1 della legge 241/1990, a voler suggerire l’impiego di tecniche organizzative e gestionali di erogazione dei servizi pubblici proficue e concrete, immuni da sprechi e da diseconomie, poco formali e semplificate: tali principi inducono, in buona sostanza, al miglioramento della performance degli apparati pubblici, nel senso di tendere il più possibile, nella gestione dei fondi della collettività, alla massimizzazione dell’utile sociale e alla minimizzazione della dispersione e della inutilità della spesa pubblica.
La diffusione dello spirito della triade dell’economicità, dell’efficienza e dell’efficacia nel circuito amministrativo ha progressivamente condotto, per un verso, alla formazione del nucleo iniziale della buona amministrazione quale meta dei rapporti tra amministrazione e cittadino e, successivamente, ha condotto alla funzionalizzazione al risultato quale scopo di un’azione amministrativa ispirata all’ottimo paretiano e all’economia del benessere nell’allocazione delle risorse collettive[60].
Guardando da vicino la normativa primaria dedicata al bilancio, dunque, sebbene non esplicitato, lo spirito del principio di sana gestione finanziaria appare rintracciabile, anzitutto, nella programmazione e nel monitoraggio, anche dell’evasione fiscale e contributiva, quali principi cardine dello sviluppo della disciplina nazionale di bilancio, unitamente all’osservanza principi di integrità, universalità ed unità del bilancio – i quali costituiscono profili attuativi dell’articolo 81 della Costituzione – nonché dei restanti principi contabili. Secondariamente, appare rintracciabile nella istituzione della banca dati delle amministrazioni pubbliche e nell’introduzione del sistema di contabilità integrata finanziaria economico-patrimoniale al fine di perseguire la qualità e la trasparenza dei dati di finanza pubblica. Infine, di non poco conto risultano gli strumenti di analisi e di valutazione della spesa introdotti al fine di garantire il supporto per la verifica dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi macroeconomici e di politica economica esplicitati nel documento di economia e finanza, e al fine di verificare il livello di raggiungimento dell’efficacia delle misure rivolte al loro conseguimento e di quelle disposte per incrementare il livello di efficienza delle amministrazioni stesse[61].
In disparte quanto sinora considerato, tra i riferimenti normativi, è il caso di non trascurare l’articolo 1, comma 1043, della legge 30 dicembre 2020, n. 178[62], il quale, poi richiamato, per la gestione finanziaria delle risorse previste nell’ambito del PNRR, anche dal successivo decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77[63], ha fatto rinvio anche al principio della sana gestione finanziaria per le attività di gestione, di monitoraggio, di rendicontazione e di controllo degli stanziamenti del Recovery fund confluiti nei progetti di cui al medesimo decreto.
Alla disposizione citata, la quale rappresenta il più recente riferimento legislativo al principio di sana gestione finanziaria che la normativa nazionale ha da offrire, occorre aggiungere la legge 5 giugno 2003 , n. 131[64], nonché la legge 23 dicembre 2005, n. 266[65], con riguardo, rispettivamente, alla sana gestione finanziaria degli enti locali e all’accertamento di comportamenti difformi da quest’ultima.
Con particolare riferimento a quanto da ultimo riportato, occorre precisare che, successivamente all’entrata in vigore delle disposizioni del 2003 e del 2005, da ultimo citate, nel 2012, per effetto del decreto legge n. 174, è stato introdotto l’articolo 148-bis, “Rafforzamento del controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali”, nel Testo Unico sugli Enti locali, D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, il quale ha disposto che le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esaminino i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali per la verifica dell’osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, della sostenibilità dell’indebitamento e dell’assenza di irregolarità suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti.
Come ritenuto dalla Consulta, il controllo in esame rappresenta un “controllo con funzione collaborativa, ascrivibile alla categoria del riesame di legalità e regolarità, che ha la caratteristica di finalizzare le verifiche della magistratura contabile all’adozione di effettive misure correttive da parte degli Enti interessati. La natura collaborativa del controllo è evidenziata dalla circostanza che è rimessa all’Ente l’adozione delle necessarie misure correttive, anche se spetta alla Corte dei conti vigilare sull’adozione ed efficacia degli interventi correttivi, trattandosi di attività indispensabile, anche nell’interesse di tutti i soggetti che costituiscono la Repubblica, per rendere effettiva l’effettività del controllo”[66].
Trattasi, in definitiva, di un controllo di sostegno al rispetto, da parte degli enti locali, degli obiettivi di razionalizzazione e di contenimento della spesa pubblica fissati dal legislatore, ruolo volto ad assicurare, tramite un organo terzo ed imparziale, la garanzia dell’equilibrio economico finanziario del settore pubblico e della corretta gestione delle risorse collettive[67]: in particolare, come ricordato dalla Corte costituzionale nella sua recente giurisprudenza, tale controllo configura, su tutto il territorio nazionale, un sindacato generale ed obbligatorio sui bilanci preventivi e sui rendiconti di gestione di ciascun ente locale, finalizzato a tutelare, nell’ambito del coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione finanziaria del complesso degli enti territoriali, nonché il rispetto del patto di stabilità e degli obiettivi di governo dei conti pubblici concordati in sede europea[68].
Anche la dottrina perviene, sostanzialmente, a conclusioni analoghe, ritenendo che tale tipo di controllo abbia individuato nella corretta determinazione della situazione economico-finanziaria uno dei nuclei fondamentali del principio della sana gestione[69].
Fermo restando quanto sinora premesso, volgendo lo sguardo alle pronunce della giurisprudenza contabile, è possibile esaminare da vicino tale tipo di controllo con particolare riguardo alle singole fattispecie rilevanti e all’ingegneria dei rapporti tra gli organi di controllo interno e la Corte dei conti.
Sul primo versante, l’esame della casistica progressivamente presentatasi alle Sezioni di controllo della Corte consente di individuare alcune rilevanti applicazioni della tipologia di controllo in esame nella verifica sulla mancata indicazione dell’avanzo vincolato per la spesa corrente, sulla mancata coincidenza nel contro del patrimonio tra il totale dell’attivo e il totale del passivo, sullo squilibrio nel rapporto tra residui attivi e accertamenti di competenza oppure tra residui passivi e impegni di competenza; sul mancato aggiornamento dell’inventario degli immobili; sulla mancanza del dato previsionale afferente al recupero dell’evasione tributaria; sulla mancata congruenza della stima afferente il dato previsionale sui permessi di costruire e le conseguenti previsioni sulle entrate; sull’eccesso del volume complessivo delle spese di personale[70].
Ulteriori fattispecie significative consistono nel reiterato ricorso all’anticipazione di tesoreria, nel mancato accantonamento del fondo crediti di dubbia esigibilità; nel mancato pagamento degli oneri concessori; nel mancato rimborso di anticipazioni di tesoreria; nella corretta ed integrale contabilizzazione delle movimentazioni dei flussi di cassa; nel superamento del limite per manutenzione, noleggio ed esercizio di autovetture; nella presenza di organismi partecipati in perdita da almeno un triennio[71].
Per quanto concerne la meccanica dei rapporti tra gli organi di revisione interni ed esterni, ritiene la giurisprudenza contabile, l’organo di revisione interno all’ente deve assicurare il dovuto raccordo con le Sezioni regionali del Giudice contabile, ad esempio ottemperando all’obbligo consistente nel trasmettere tempestivamente le informazioni necessarie per le appropriate valutazioni sull’avvenuto rispetto dei principi di sana gestione finanziaria da parte dell’ente locale[72].
Atteso che il controllo è finalizzato a fare in modo che, nel caso in cui siano evidenziate criticità al termine dell’attività istruttoria, l’ente adotti ogni conseguente misura correttiva finalizzata a garantire il rispetto e la tutela della sana e regolare gestione finanziaria, il mancato riscontro ai rilievi formulati dalla sezione regionale della Corte impone, da parte di quest’ultima, l’adozione di una pronuncia volta ad evidenziare comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità[73].
Il ritardo o l’omissione nell’assolvimento del predetto obbligo, infatti, impediscono alla Sezione di poter svolgere i propri compiti di controllo costituendo allo stesso tempo un’ipotesi di inadeguato adempimento dell’incarico professionale attribuito[74].
Costituisce omissione, in particolare, ogni lacuna dei questionari trasmessi dall’organo di revisione dell’ente sui rendiconti degli esercizi oggetto di verifica che li faccia risultare incompleti, incoerenti o privi di corrispondenza con documenti contabili della gestione, derivandone l’impossibilità di disporre di un’attendibile rappresentazione contabile della situazione finanziaria dell’ente[75].
Al fine di evitare preventivamente situazioni di deficitarietà, è ammessa anche l’attività consultiva della Corte, a condizione che i quesiti posti alla base delle richieste di parere coinvolgano la materia della contabilità pubblica e che, dunque, i medesimi ineriscano attività contabili in senso stretto, quali la gestione dei bilanci e dei rendiconti, l’acquisizione delle entrate, la gestione delle spese, la disciplina sulla gestione del patrimonio dell’ente, l’indebitamento ed i controlli su tali attività, non potendosi allargare la funzione consultiva in generale ad ogni attività degli enti dotata comunque di riflessi di natura finanziaria-patrimoniale[76].
I quesiti, in particolare, devono risultare connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica contenuti nelle leggi finanziarie, in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’ente e sui pertinenti equilibri di bilancio[77].
L’ente è quindi tenuto a fornire i chiarimenti richiesti dalla Sezione dopo aver quest’ultima provveduto ad instaurare regolare contraddittorio con l’ente medesimo [78]in merito, ad esempio, agli indicatori di deficitarietà strutturale, alla verifica degli equilibri di bilancio, alla gestione dei residui, alla contrattazione integrativa, alle verifiche sul conto del patrimonio[79].
Il mancato superamento delle criticità emerse dal contraddittorio con la Sezione, quand’anche si trattasse di meri sintomi di precarietà, soprattutto se accompagnati o potenziati da avvisaglie di criticità o di difficoltà gestionali, deve essere da quest’ultima segnalato al fine di prevenire l’insorgenza di situazioni di deficitarietà o di squilibrio ovvero al fine di accertare le cause che hanno eventualmente impedito di attivare le normali procedure di spesa, a prescindere dall’accertamento di singole ipotesi di responsabilità per danno erariale rimesse alle competenti Procure contabili e alle Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti[80].
Occorre precisare che l’esame della Corte è limitato ai profili di criticità e di irregolarità segnalati relativamente agli atti contestati, tuttavia, l’assenza di uno specifico rilievo su altri profili sui quali non è stato instaurato il contraddittorio, non può essere considerata implicitamente quale valutazione positiva[81].
In senso non dissimile, la mera dichiarazione di disponibilità dell’ente di adeguarsi ai rilievi, sebbene non costituisca un provvedimento specifico di adeguamento delle procedure di contabilizzazione dei flussi di cassa agli orientamenti espressi dalla Sezione della Corte, può, in presenza di determinate circostanze, essere intesa quale intendimento di avvio dell’attuazione degli stessi, nell’ambito della ridefinizione delle metodologie contabili derivanti dall’applicazione dei principi armonizzati sebbene non possa essere ritenuta valida al fine di intendere sanate le irregolarità riscontrate[82].
Relativamente, invece, alle irregolarità che, ad esempio, attinenti alla non corretta e integrale contabilizzazione delle movimentazioni dei flussi di cassa, essendo altresì inerenti ad una gestione conclusa, non si palesino di facile rimozione, comportino vere e proprie modifiche nelle procedure contabili e nell’azione amministrativa, anche sotto il profilo organizzativo, ovvero modifiche nella programmazione di gestioni future, sarà indispensabile verificare che tali modifiche possano essere in ogni caso utilmente apportate anche negli esercizi successivi[83].
Nello scenario così rappresentato, entro il quale l’ente può eventualmente avanzare istanza di proroga al fine di riscontrare le richieste istruttorie della Corte, gli enti medesimi sono tenuti a porre in essere idonei interventi correttivi per superare le criticità evidenziate provvedendo alla corretta rappresentazione dei dati di rendiconto degli esercizi soggetti a controllo, anche attraverso apposita delibera consiliare, al fine di garantire una puntuale e affidabile rilevazione delle poste nell’ambito della gestione di cassa; al fine di approntare un adeguato sistema di rilevazione delle somme accertate; al fine di programmare e di monitorare le riscossioni e gli impieghi vincolati, in conformità ai principi contabili; al fine di assicurare il pieno rispetto del principio di veridicità e attendibilità dei documenti di consuntivo e la regolare e sana gestione finanziaria[84].
[1]Nella teoria generale, il controllo, sebbene etimologicamente riconducibile ad un significato contabile-scritturale, ha assunto un’accezione lata che ha finito per ricomprendere qualsiasi attività di riesame, verifica o revisione compiuta allo scopo di salvaguardare gli scopi del pubblico interesse, dei fini istituzionali e delle sfere di competenza delle pubbliche amministrazioni. In generale, dunque, il controllo amministrativo può definirsi come l’attività di verifica della conformità di determinati atti, attività o comportamenti delle pubbliche amministrazioni alle norme di legge oppure a criteri di opportunità: le verifiche del primo tipo sono anche dette “visti”, mentre le seconde sono altresì dette “referti”. I controlli di merito tendono, attualmente, ad essere ricompresi nei controlli gestionali, i quali svolgono una funzione referente e, dunque, tendente alla segnalazione di criticità e anomalie a scopo correttivo. L’interesse tutelato dalla normativa in materia di controlli si rinviene, dunque, in estrema sintesi, nella tutela dei cittadini i quali, al contempo, assumono la veste di contribuenti e di utenti dei servizi pubblici. La funzione di controllo è legata all’attività amministrativa da un rapporto di accessorietà/strumentalità, dal momento che essa consente di analizzare l’operato degli uffici di amministrazione attiva e di appurarne la conformità alle norme di legge oppure l’efficienza, relativamente al perseguimento dei risultati preventivati attraverso la programmazione: il controllo quindi, è un subprocedimento autonomo che si articola nelle fasi dell’acquisizione conoscitiva, della verifica (o riscontro), del giudizio e della misura. La misura costituisce l’esito del controllo e spesso si traduce in una comunicazione riservata oppure all’esternazione del giudizio a fini correttivi MONORCHIO A. – MOTTURA L., “Compendio di contabilità di Stato”, pag. 438.
[2]CERULLI IRELLI, “Prima lezione di diritto amministrativo”, Ed. Laterza, 2021, pag. 62 e ss., MONORCHIO A. – MOTTURA L., cit., pag. 437, SANTORO P. – SANTORO E., “Compendio di contabilità e finanza pubblica”, pag. 437 e ss..
[3]MONORCHIO A. – MOTTURA L., cit., pag. 437, riporta la celebre frase che Camillo Benso conte di Cavour pronunciò in occasione della discussione della legge 800/1862, ovverosia che “è necessità urgente ed assoluta concentrare il controllo preventivo e consuntivo in un magistrato inamovibile”. È dato leggere nella deliberazione n. 114/2020 della Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per la Campania che “In entrambi le fattispecie di contabilità (costituzionali e/o intermediate), questa Magistratura svolge una funzione che è ancillare alla certezza del diritto.”. Nella giurisprudenza costituzionale: sentenze 1/67, 226/1976, 68/1971, 211/1972, 104/1989, 110/1970. Il Giudice contabile è sempre stato storicamente intestatario di una generale funzione di vigilanza sia sulle entrate che sulle spese dello Stato ai sensi degli articoli 13 e 14 del regio decreto n. 1214/1934. In merito, è noto che, attualmente, l’articolo 100, comma 2, della Costituzione, affermi che “La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”. La necessità di garantire il monitoraggio continuativo e puntuale dell’operato delle pubbliche amministrazioni ha indotto i membri dell’Assemblea Costituente ad inserire all’interno della Costituzione la disciplina riservata alla Corte dei conti (articoli 100, 102 e 103 Cost.), la quale si occupa dei controlli esterni, di legittimità e gestionali (legge 14 gennaio 1994, n. 20 e regio decreto 1934, n. 1214, legge 14 agosto 1862, n. 800, “Legge per l’istituzione della Corte dei conti del Regno d’Italia”) A livello consultivo, la Corte dei conti è stata tradizionalmente ritenuta una longa manus del Parlamento il quale, tramite un organo giudiziale indipendente, viene messo in condizione di conoscere l’effettiva situazione anche della finanza territoriale. Tra le attribuzioni originarie della Corte, assume un ruolo primario, infatti, quello di riferire alle Camere sul risultato del riscontro eseguito a supporto dell’attività di controllo e di direzione del Parlamento, al quale la Corte indirizza annualmente la relazione di cui all’articolo 4 del regio decreto n. 1214 del 1934 SANTORO P. – SANTORO E., “Compendio di contabilità e finanza pubblica”, pag. 347 e ss.; MONORCHIO A. – MOTTURA L., “Compendio di contabilità di Stato”, pag. 438.
[4]I fondi a finalità strutturale rappresentano il principale strumento di finanziamento dell’azione dell’Unione di sostegno agli Stati membri per l’attuazione della politica di coesione economica e sociale (competenza concorrente) finalizzata alla riduzione del divario tra livelli di sviluppo regionale al fine di permettere un’armoniosa evoluzione dell’Unione (articoli 3, § 3, TUE e art. 148 TFUE) i fondi strutturali si affiancano alle politiche economiche statali e alle azioni specifiche dell’unione, adottate dal parlamento e dal consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria, e sono destinati, tra le altre, alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici. I fondi strutturali sono connessi al quadro finanziario pluriennale dell’Unione, contenente le risorse per la copertura delle spese. i fondi principali sono il Fondo Europeo di Sviluppo Rurale, il Fondo Sociale Europeo e il Fondo di Coesione, disciplinati agli articoli 176, 162, 164, 177 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. I principi fondamentali in materia di fondi strutturali sono la programmazione finanziaria pluriennale, il partenariato o la governance a più livelli, la condizionalità ex ante ovverosia l’applicazione del fondo all’obiettivo perseguito, la verifica dell’efficacia dell’attuazione, la concentrazione tematica GERLI, “Manuale di diritto dell’Unione Europea – Istituzioni e Politiche dell’Unione”, Ed. Simone, XXX, 2023.
[5]CERULLI IRELLI, cit. pag. 62 e ss.; MONORCHIO A. – MOTTURA L., cit., pag. 453 e ss.. I controlli possono essere preventivi o successivi, a seconda del momento in cui vengono esperiti rispetto al perfezionamento dell’atto amministrativo. Nel caso di controllo preventivo, il medesimo opera come una condizione sospensiva, in diritto civile corrispondente ad un evento futuro ed incerto dal quale dipende la produzione di effetti dell’atto. L’oggetto del controllo, come anticipato, può essere costituito da atti, da attività o da comportamenti. I controlli sugli atti possono essere di legittimità oppure di merito, nel caso in cui il giudizio dell’organo controllore fosse esteso alla opportunità dell’atto medesimo. Il parametro, nel controllo preventivo di legittimità, è la normativa esistente al momento dell’emanazione dell’atto secondo il principio del tempus regit actum. I controlli sull’attività, i quali coinvolgono tutta l’attività dal momento genetico fino all’esecuzione, assumono tipicamente la forma di controlli sulla gestione i quali, come sarà meglio chiarito nel prosieguo, hanno progressivamente assunto un ruolo sempre più intenso nell’ambito delle amministrazioni, in luogo dei controlli sugli atti, venendo preferiti a questi ultimi poiché meno parcellizzati e maggiormente idonei ad offrire una valutazione globale ed estesa ai singoli settori amministrativi, anche a quelli privatizzati SANTORO P. – SANTORO E., “Compendio di contabilità e finanza pubblica”, Maggioli Editore, 2019, pag. 347 e ss..
[6]Articolo 22 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni nella legge 11 settembre 2020, n. 120.
[7]Trattasi di atti fondamentali principalmente riconducibili all’attività di governo nelle manifestazioni principali di normazione, indirizzo, programmazione e decisione di grandi interventi SANTORO P. – SANTORO E., “Compendio di contabilità e finanza pubblica”, pag. 347 e ss..
[8]Sentenza 335/1995, Corte Costituzionale.
[9]Trattasi del comma 2 della disposizione: “La Corte dei conti […] Partecipa, nei casi e nelle forme stabiliti dalla legge, al controllo dello Stato sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. […]”. In aggiunta occorre far riferimento, per tali tipi di enti, al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, di recente modificato dalla legge 30 dicembre 2023, n. 214.
[10]Sentenza 267/2006, Corte Costituzionale.
[11]Sentenza 226/1976, Corte Costituzionale.
[12]Sentenza 196/2018, Corte Costituzionale.
[13]Sentenza 226/1976, Corte Costituzionale. Per quanto riguarda i controlli interni, essi sono disciplinati nel d.lgs. 30 luglio 1999 n. 286 con il quale il legislatore ha provveduto a riordinare la materia individuando le attività da demandare alle strutture di controllo interno, ha provveduto ad individuare queste ultime in maniera distinta rispetto agli organi di amministrazione attiva e ha provveduto a fissare i principi organizzativi per regolamentare i rapporti tra questi ultimi e gli uffici di controllo. La differenza tra controllo interno ed esterno non riposa soltanto sulla natura dell’organo controllante, bensì anche e soprattutto nell’interesse che l’azione di controllo intende soddisfare: nel caso del controllo interno, infatti, l’obiettivo è la tutela di singoli settori dell’amministrazione; nel caso dei controlli esterni, invece, assume rilievo la tutela di interessi generali dell’ordinamento. I controlli interni sono meccanismi di monitoraggio e di valutazione dei costi e dei rendimenti delle attività svolte dalle amministrazioni e sono il controllo di regolarità amministrativo-contabile, il controllo di gestione, la valutazione e il controllo strategico (rispettivamente articoli 1, 2, 4 e 6 del d.lgs. 286/1999). Il controllo di regolarità amministrativo-contabile è svolto dagli uffici di ragioneria ed è volto a verificare la conformità e la regolarità contabile dei provvedimenti di spesa (tale tipologia di controllo è disciplinato dal decreto legislativo 20 giugno 2011, n. 123); il controllo di gestione mira a verificare l’efficienza, l’economicità e l’efficacia della gestione amministrativa al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi politici prefissati; la valutazione e il controllo strategico mirano a verificare la congruenza della programmazione politica e delle direttive d’indirizzo politico-amministrativo. Con particolare riguardo al controllo di regolarità amministrativo-contabile, si segnala che esso si compone di due momenti fondamentali, il controllo contabile, il quale afferisce alla fase dell’impegno di spesa e alla registrazione contabile delle somme da destinare ad una determinata finalità, e il controllo amministrativo, consistente nell’esame dell’atto dal punto di vista delle norme vigenti di disciplina sostanziale della materia oggetto dell’attività amministrativa SANTORO P. – SANTORO E., “Compendio di contabilità e finanza pubblica”, pag. 347 e ss..
[14]La funzione di controllo esterno della Corte dei conti è ausiliaria ma necessaria, per cui non può essere menomata da atti o comportamenti di altri organi, compresi quelli costituzionali SANTORO P. – SANTORO E., cit., pag. 347.
[15]Sentenza 335/1995, Corte Costituzionale, la quale cita la sentenza n. 226 del 12 settembre 1976. In aggiunta, sentenze 384/1991, 22/1995, 213/2008, 29/1995, 60/2013, 40/2014 e 250/2013. Come anticipato, il controllo preventivo di legittimità valuta la conformità/difformità degli atti amministrativi rispetto alle norme giuridiche. Tradizionalmente, la legittimità è stata distinta in legittimità di senso stretto e legittimità in senso finanziario, la prima coincidente con l’area dei vizi di legittimità e la seconda coincidente con i parametri derivanti dalla legge di bilancio. “Il parametro della legittimità, infatti, è costituito dall’intera trama di normazione (anche diversa da quella primaria) che compone l’ordinamento e che si estende agli atti generali, alle circolari e persino alle istruzioni.”. Tra i parametri finanziari di più alto livello si annoverano il rispetto degli equilibri finanziari e dei modi di attuazione della legge di bilancio; il rispetto dei limiti e la verifica degli scostamenti dei risultati differenziali rispetto alla legge di bilancio; la carenza di copertura triennale per le leggi di spesa pluriennale; la mancanza di coordinamento tra la legge di bilancio e il D.e.f. Questi ultimi rappresentano sottoparametri derivanti dall’articolo 81 della Costituzione, ai quali si aggiungono: l’equilibrio dei bilanci, la sostenibilità del debito pubblico, l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, la riduzione del rapporto deficit/pil, gli scostamenti dalle previsioni di bilancio SANTORO P. – SANTORO E., “Compendio di contabilità e finanza pubblica”, pag. 347 e ss..
[16]Sentenza 335/1995, Corte Costituzionale.
[17]Sentenza 335/1995, Corte Costituzionale.
[18]Sentenza 335/1995, Corte Costituzionale.
[19]Sentenza 335/1995, Corte Costituzionale.
[20]Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ord. 26 novembre 1999, C-192/98.
[21]In particolare, sentenze 179/2007 e 60/2013, Corte Costituzionale.
[22]Sentenza 179/2007 e sentenza 60/2013, Corte Costituzionale.
[23]Si veda nota seguente.
[24]Sentenze 110/1970, 267/2006, 39 e 40/2014, 425/2004, 60/2013, 179/2007, Corte Costituzionale. R. CARANTA, “Commento all’art. 97 della Costituzione”, in “Commentario alla Costituzione”, R. BIFULCO – A. CELOTTO – M. OLIVETTI (a cura di), Torino, 2006; G. SERGES, “Commento all’articolo 117 della Costituzione”, in “Commentario alla Costituzione”, R. BIFULCO – A. CELOTTO – M. OLIVETTI (a cura di), Torino, 2006; G. FRANSONI – G. DELLA CANANEA, “Commento all’articolo 119 della Costituzione”, in “Commentario alla Costituzione”, R. BIFULCO – A. CELOTTO – M. OLIVETTI (a cura di), Torino, 2006. Tra i principali vincoli europei si ricordano le regole funzionali a garantire la stabilità finanziaria dell’eurozona e ad evitare l’effetto domino in caso di crisi finanziarie. Il processo che ha condotto a tali regole è stato realizzato in tre fasi: (1) fissazione dei c.d. “criteri di Maastricht” per entrare nell’unione economica e monetaria europea (1992) – il Trattato di Maastricht stabilisce che, i paesi che vogliono entrare a far parte dell’unione economica e monetaria europea, devono presentare, contemporaneamente, un tasso d’inflazione contenuto e non superiore all’1,5% di quello dei tre paesi con il tasso d’inflazione minore nell’anno precedente l’esame della candidatura dello Stato aderente, un rapporto deficit/PIL non superiore al 3%, un rapporto debito pubblico/PIL non superiore al 60%, tasso di cambio stabile, tasso d’interesse nominale stabile e non superiore al 2% di quello dei tre stati con i prezzi più stabili nell’anno precedente l’esame della candidatura dello Stato aderente; (2) sottoscrizione del Patto di stabilità e crescita (1997) – vengono ribadite e rinforzate le soglie di Maastricht prevedendo altresì l’adozione di specifici programmi di stabilità e di specifici meccanismi correttivi in caso di sforamenti; (3) introduzione del c.d. “obiettivo di medio termine” e riforme (2005, 2011, 2012 e 2013) – l’OMT è pari allo 0,5% del PIL, le riforme del PSC, invece, sono avvenute tramite pacchetti di regolamenti europei noti come “six pack” e “two pack” PAESANI, “Manuale di politica economica”, Giappichelli, 2020.
[25]G. SERGES, cit..
[26]G. FRANSONI – G. DELLA CANANEA, cit..
[27]Legge 5 agosto 1978 n. 468 (articolo 11 ter). Ai sensi dell’articolo 81, comma 4, della Costituzione, “Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.”, introdotto dalla legge costituzionale 20 aprile 2012 , n. 1, “Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale.”.
[28]Articolo 60 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.”.
[29]Articolo 4 del decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396, “Modificazioni al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, in materia di contrattazione collettiva e di rappresentatività sindacale nel settore del pubblico impiego, a norma dell’articolo 11, commi 4 e 6, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
[30]Articolo 3 della legge 20 del 1994; legge 5 giugno 2003, n. 131, “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”; legge 23 dicembre 2005, n. 266, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)”.
[31]Il depotenziamento dei controlli sugli atti a vantaggio dei controlli gestionali è avvenuto, non soltanto attraverso la riduzione del tipo di atti sottoposti a controllo ai sensi dell’articolo 3 della legge 20/1994, ma anche, successivamente, in occasione della riforma del Titolo V della Costituzione (legge costituzionale n. 3 del 2001), attraverso l’eliminazione del controllo statale sugli atti delle Regioni e degli Enti locali, realizzata attraverso l’abrogazione degli articoli 125 e 130 della Costituzione. Il fenomeno è stato in definitiva determinato dalla necessità di eliminare potenziali ostacoli allo svolgimento dell’attività amministrativa e da quella di potenziare i risultanti della gestione dirigenziale. L’affermazione non è, in ogni caso, perentoria come può sembrare, dal momento che note esigenze di controllo della spesa pubblica sorte in seguito alla crisi economica del 2008 hanno suggerito la reintroduzione del controllo sugli atti amministrativi dai quali derivino effetti finanziari per le casse erariali: particolare rilievo assumono, sul punto, il Decreto Legislativo del 30 giugno 2011, n. 123, “Riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell’attività di analisi e valutazione della spesa, a norma dell’articolo 49 della legge 31 dicembre 2009, n. 196”, nonché il Decreto Legge del 10 ottobre 2012, n. 174, “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012.” SANTORO P. – SANTORO E., “Compendio di contabilità e finanza pubblica”, pag. 347 e ss..
[32]La giurisprudenza esclude la possibilità di impugnare l’atto di controllo con esito positivo in quanto esso opera come requisito di integrazione dell’efficacia dell’atto principale. Per quanto concerne, invece, gli atti di controllo negativo, i quali causano la caducazione o la definitiva inefficacia dell’atto controllato, l’organo sottoposto a controllo può impugnare il diniego. In caso di annullamento giurisdizionale dell’atto negativo di controllo, il potere non si consuma soltanto se l’esercizio del potere di controllo non era sottoposto a termine perentorio. Le menzionate conclusioni non valgono per gli atti di controllo esterno della Corte dei conti, i quali possono essere sindacati esclusivamente in caso di inesistenza del potere di controllo. L’atto di controllo è irretrattabile e non può essere riesaminato dalla sezione di controllo: il potere di controllo, infatti, si esaurisce con la pronuncia, fermo restando il potere dell’amministrazione di emettere un nuovo decreto diverso e distinto. Il visto di controllo, dal momento che è a tutela di interessi pubblici, non sarebbe disponibile e rinunciabile da parte dell’autorità emanante l’atto. Il controllo si estende anche agli atti presupposti che siano preparatori o procedimentali e preordinati all’atto da controllare, ma non si estende agli atti dotati di distinta autonomia funzionale e sempre che il potere di controllo non sia consumato o già esaurito. In caso di controllo successivo, il quale in ogni caso si concreta, come quello preventivo, in un visto o in un rifiuto di visto, gli effetti sono differenti poiché, intervenendo il visto su un atto già perfetto ed efficace e, verosimilmente, già eseguito, dall’eventuale rifiuto di visto discende un obbligo di ottemperanza in capo all’amministrazione oppure una cessazione ex nunc degli effetti dell’atto SANTORO P. – SANTORO E., “Compendio di contabilità e finanza pubblica”.
[33]Articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ove, come noto, è delineato il prezioso polittico dei principi cardine della azione ammnistrativa. In merito, anche MAIELLO T. “Inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti 2024, intervento del Presidente della Sezione Giurisdizionale per l’Emilia Romagna, Tammaro Maiello”, pag. 8, Bologna, 23 febbraio 2024: trasparenza, tracciabilità, tempestività e tutela rappresentano i quattro principi essenziali per perseguire il bene pubblico l’azione amministrativa deve essere improntata.
[34]Il controllo esterno sulla gestione, nota la dottrina, è da sempre stato presente in Costituzione, all’articolo 100, sebbene con caratteristiche differenti rispetto a quelle successivamente delineate dalla legge 20 del 1994. Ciò a testimonianza del fatto che la “coessenzialità di una valutazione ex post sulla gestione è stata da sempre avvertita ed è un dato incontrovertibile di tutti gli ordinamenti contabili”, SANTORO P. – SANTORO E., “Compendio di contabilità e finanza pubblica”, pag. 347 e ss., “Compendio di contabilità e finanza pubblica”, pag. 347 e ss.. Deliberazione n. 199/2019 – Sezione Regionale di Controllo per la Campania, con ‘gestione’ intendendosi ogni attività valutativa riservata al merito dell’amministrazione circa l’utilizzo dei fondi, nell’ottica del raggiungimento dei principi di cui all’articolo 1 della legge 241/1990.
[35]SANTORO P. – SANTORO E., “Compendio di contabilità e finanza pubblica”, pag. 347 e ss.; CERULLI IRELLI, cit. pag. 62 e ss.; MO- NORCHIO A. – MOTTURA L., cit., pag. 453 e ss..
[36]Il controllo preventivo di legittimità, per essere effettivo, deve infatti precedere l’atto e restare ad esso subalterno, non attenendo né alla formazione né all’esistenza del medesimo: la temporanea improduttività di effetti finché non sia intervenuto il visto è in ogni caso un meccanismo di garanzia esterna e “non di condizione come elemento accidentale tipico del negozio giudico, ma di un atto che è espressione di una funzione di garanzia esterna di diritto pubblico che si inserisce nel procedimento come fase ultima di efficacia, realizzando il fine, voluto dalla legge, di subordinare l’esecutività e l’operatività dell’atto alla dichiarazione accertativa della sua legittimità.”. Una volta intervenuto positivamente, in quanto condizione accessiva, il visto di controllo retroagisce alla data del provvedimento, SANTORO P. – SANTORO E., “Compendio di contabilità e finanza pubblica”.
[37]Il richiamo alle due definizioni di pubblica amministrazione contenute agli articoli riportati è, come noto, una delle tecniche legislative utilizzate per sopperire all’assenza, nel contesto del nostro ordinamento giuridico, di una definizione generale di ente pubblico. Conseguentemente, il legislatore ha offerto due definizioni specialistiche, una dettata ai fini dell’applicabilità della normativa sul lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e l’altra dettata ai fini dell’applicabilità delle norme di finanza pubblica CARINGELLA, “Compendio di Diritto Amministrativo”, Dike giuridica, 2022, pag. 6.
[38]Legge 21 marzo 1958 n. 259.
[39]Articolo 3, legge n. 20 del 1994.
[40] BONELLI E., “La sana gestione finanziaria tra ordinamento comunitario e diritto interno” atti del “Seminario interdisciplinare di Diritto Pubblico e Scienza delle finanze su efficienza ed efficacia dell’azione pubblica”, 20 ottobre 2008, Università di Roma – La Sapienza, facoltà di Giurisprudenza, pag. 6 e ss e pagine 10 e ss..
[41] Ai sensi dell’articolo 311 TFUE, il bilancio dell’Unione è integralmente finanziato tramite risorse proprie. Trattasi, come noto, del principio di autonomia finanziaria dell’Unione, da declinarsi nei due corollari del principio dell’autonomia del finanziamento, ovverosia nel diritto dell’Unione di disporre di risorse proprie, e nel principio dell’autonomia di bilancio, inteso come diritto dell’Unione di gestire il gettito di risorse per finanziare integralmente il bilancio. La ratio del sistema così delineato risiede nel rendere l’Unione indipendente dai contributi versati dagli Stati Membri, al pari di quanto accade con i sistemi di finanziamento tipici delle organizzazioni internazionali (sulla natura giuridica dell’Unione Europea, come noto, rivestono significativa rilevanza le sentenze 6/64, “Costa c. Enel” e 26/62, “Van Gend &Loos” della Corte di Giustizia). Costituiscono risorse proprie dell’Unione, tra le varie, ai sensi della decisione 26 maggio 2014, le entrate provenienti da proventi, premi, prelievi, importi supplementari, dazi sulla tariffa doganale comune GERLI, “Manuale di diritto dell’Unione Europea – Istituzioni e Politiche dell’Unione”, Ed. Simone, XXX, 2023.
[42] Articolo 257 del Regolamento 2018/1046, sul quale, in dettaglio, si veda la nota n. 50.
[43] Così, ancora, l’articolo 257 del Regolamento 1046. L’articolo 258 della medesima fonte, invece, prevede che, entro il 30 giugno di ogni anno, la Corte trasmetta alla Commissione e alle altre istituzioni dell’Unione interessate le osservazioni che ritiene di natura tale da dover figurare nella sua relazione annuale. Nella relazione annuale della Corte dei conti figura una valutazione della sana gestione finanziaria. Entro il 15 novembre di ogni anno, la Corte dei conti invia alle autorità preposte al discarico e alle altre istituzioni dell’Unione la propria relazione annuale corredata delle risposte delle istituzioni dell’Unione e ne cura la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Si richiama, ancora, anche l’articolo 257 del Regolamento 1046. La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea e, sul punto, molto vasta. Per citare le pronunce più recenti: sentenza 14/07/2022 in C-371/21 P, SGI Studio Galli Ingegneria/ Commissione, in materia di recupero delle sovvenzioni; sentenza 14/07/2022 in C-401/21 P, Romania/ Commissione, garantire l’integrità del Fondo di coesione e del FESR; sentenza 17/11/2022 in C-443/21, Avicarvil Farms; domanda di pronuncia pregiudiziale in materia di recupero sovvenzione 07/11/2023 in C-657/23, Ministerstvo zemědělství; ricorso 20/10/2023 in C-587/23 P, Ungheria / Commissione, in materia di divieto di doppio finanziamento; domanda di pronuncia pregiudiziale 15/09/2023 in C-392/23, Rustrans, e 09/06/2023 in C-365/23, Arce.
[44] BONELLI E., cit. pag. 12
[45] BONELLI E., cit. pag. 12.
[46] BONELLI E., cit. pag. 7. Nelle fonti europee si dà espressamente atto del collegamento tra bilancio e performance. Numerose sono le disposizioni in tal senso. Ad esempio, al considerando n. 9 del Regolamento 2018/1046 (sul quale si veda la nota n. 50) è dato leggere: “È opportuno chiarire il concetto di performance in relazione al bilancio. La performance dovrebbe essere collegata all’applicazione diretta del principio della sana gestione finanziaria. Si dovrebbe definire anche il principio della sana gestione finanziaria e dovrebbe essere stabilito un nesso tra obiettivi fissati e performance, tra indicatori e risultati, nonché tra economia, efficienza ed efficacia dell’utilizzazione degli stanziamenti. Ai fini della certezza del diritto dovrebbe essere definita la terminologia della performance, in particolare per quanto riguarda le realizzazioni e i risultati, evitando nel contempo conflitti con i quadri della performance esistenti dei diversi programmi.”. Al considerando n. 56, inoltre, è disposto che: “Si dovrebbe porre maggiormente l’accento sulla performance e sui risultati dei progetti finanziati a titolo del bilancio. È pertanto opportuno definire una nuova forma di finanziamento non collegata ai costi delle operazioni in questione, in aggiunta alle forme già consolidate di contributo dell’Unione (rimborso dei costi ammissibili effettivamente sostenuti, costi unitari, somme forfettarie e finanziamenti a tasso fisso). Questa nuova forma di finanziamento dovrebbe basarsi sul rispetto di determinate condizioni ex ante oppure sul conseguimento dei risultati misurato in riferimento ai target intermedi precedentemente fissati o mediante indicatori di performance.”. Di particolare rilievo, in tal senso, è anche la rubrica del Capo VII del Titolo II del Regolamento, ovverosia “Principio della sana gestione finanziaria e performance”. Ai sensi dell’articolo 33, comma 2, inoltre “Conformemente al principio della sana gestione finanziaria, l’esecuzione degli stanziamenti è orientata alla performance”.
[47] BONELLI E., cit. pag. 7; le citazioni sono di CERULLI IRELLI, cit. pag. 3 e ss..
[48]Parte III, lett.) A, n.) 26 dell’“Accordo interistituzionale sulla cooperazione in materia di bilancio e sulla sana gestione finanziaria, compresa una tabella di marcia verso l’introduzione di nuove risorse proprie”.
[49]Regolamento (Ue, Euratom) 2018/1046 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012.
[50] Articolo 2, comma 1, n. 56), del Reg. n. 1046 nonché articoli 56 e 63.
[51] Articolo 33, comma 1, del Reg. n. 1046.
[52] Articolo 33, comma 2, del Reg. n. 1046.
[53] Regolamento 1046, nn. 9, 38, 39, 51, 90, 117, 130, 179, 203, 218, 231, 238 del Considerando. In aggiunta: articolo 118, articolo 47, articolo 71.
[54] Articolo 49; articolo 74 e articolo 76; articolo 92; articoli 98 e 101; articolo 111; articolo 115; articolo 154; articolo 181; articolo 203; articoli 208 e 209; articolo 266.
[55] BONELLI E., cit. pag. 14 e ss.
[56] Articolo 8, comma 3, legge n. 20/1994.
[57] Preambolo del Regolamento citato, numeri 40, 47, 48, 53, 62.
[58] Ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”, le amministrazioni pubbliche sviluppano il ciclo di gestione della performance in maniera coerente con i contenuti e con il ciclo della programmazione finanziaria e del bilancio.
[59]R. CARANTA, cit.; sul principio di buon andamento si veda IANNUCCILLI e DE TURA (a cura di) “Il principio di buon andamento dell’amministrazione nella giurisprudenza della Corte costituzionale”.
[60]CASSESE, “Il diritto alla buona amministrazione”, relazione alla “Giornata sul diritto alla buona amministrazione” Barcellona, 27 marzo 2009.
[61]Legge 31 dicembre 2009 , n. 196, “Legge di contabilità e finanza pubblica”, articoli 7, 10bis, 13, 14, 24, 38bis, 39.
[62]Bilancio di previsione dello Stato legge di bilancio per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023.
[63]Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”.
[64]“Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.”.
[65]“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).”.
[66] Corte Cost. sent. 7 giugno 2007, n. 179, e sent. 9 febbraio 2011, n. 37. Sentenze 60/2013 e 39/2014.
[67] Deliberazione n. 75/2017 – Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia.
[68] Corte Cost. sent. 5 aprile 2013 n. 60.
[69] SANTORO P., “Il controllo della Corte dei conti sulla sana gestione finanziaria delle regioni (dal mito alla realtà)”, su Rivista della Corte dei Conti, n. 2/2019.
[70] Deliberazione n. 80/2012 – Sezione del controllo per la Regione Sardegna; deliberazione n. 81/2012 – Sezione del controllo per la Regione Sardegna; deliberazione n. 230/2012 – Sezione Regionale di Controllo per l’Umbria; deliberazione n. 286/2012 – Sezione Regionale di Controllo per la Calabria.
[71]Deliberazione n. 75/2017 – Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia; deliberazione n. 199/2019 – Sezione Regionale di Controllo per la Campania; deliberazione n. 258/2015 – Sezione Regionale di Controllo per la Toscana; delibera 84/2016 – Sezione del controllo per la Regione Sardegna; deliberazione n. 98/2016 – Sezione Regionale di Controllo per l’Abruzzo.
[72]Deliberazione n. 80/2012 – Sezione del controllo per la Regione Sardegna; deliberazione n. 102/2012 – Sezione del controllo per la Regione Sardegna.
[73]Deliberazione n. 80/2012 – Sezione del controllo per la Regione Sardegna; deliberazione n. 101/2013 – Sezione Regionale di Con- trollo per l’Umbria.
[74]Deliberazione n. 102/2012 – Sezione del controllo per la Regione Sardegna.
[75]Deliberazione n. 75/2017 – Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia.
[76] Deliberazione n. 114/2020 – Sezione Regionale di Controllo per la Campania; deliberazione n. 21/2013 – Sezione Regionale di Controllo per la Puglia.
[77]Deliberazione n. 21/2013 – Sezione Regionale di Controllo per la Puglia.
[78]Deliberazione n. 230/2012 – Sezione Regionale di Controllo per l’Umbria e deliberazione n. 234/2012 – Sezione Regionale di Con- trollo per l’Umbria.
[79] Deliberazione n. 286/2012 – Sezione Regionale di Controllo per la Calabria e deliberazione n. 101/2013 – Sezione Regionale di Controllo per l’Umbria.
[80] Deliberazione n. 288/2013 – Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte.
[81] Deliberazione n. 258/2015 – Sezione Regionale di Controllo per la Toscana.
[82] Deliberazione n. 258/2015 – Sezione Regionale di Controllo per la Toscana
[83] Deliberazione n. 258/2015 – Sezione Regionale di Controllo per la Toscana.
[84]Deliberazione n. 80/2016 – Sezione del controllo per la Regione Sardegna e deliberazione n. 124/2023 – Sezione Regionale di Controllo per la Toscana.