Tratto da: Lavori Pubblici
Un’amministrazione non può affidare direttamente a un operatore storico la gestione di un evento, nemmeno se si tratta del Festival di Sanremo. L’utilizzo continuativo del marchio non legittima infatti la PA a un ricorrere a una procedura di evidenza pubblica, anche nel caso di un affidamento così particolare.
Il Consiglio di Stato fa scendere il sipario sull’affidamento, praticamente in automatico, avvenuto sinora dei diritti televisivi del Festival alla RAI, come conferma la sentenza del 27 giugno 2025 n. 5602, destinata a fare sicuramente scalpore.
La questione è nata a marzo 2023 quando un OE del settore ha manifestato al Comune di Sanremo il proprio interesse ad acquisire i diritti di sfruttamento economico e commerciale del marchio “Festival della Canzone Italiana” e a organizzare la manifestazione a partire dalla 74ª edizione. Il Comune di Sanremo ha invece proceduto all’affidamento diretto alla RAI, stipulando una convenzione per le edizioni 2024 e 2025, senza procedura comparativa. Da qui il ricorso, che ha sollevato numerosi profili di illegittimità, tra cui la violazione dei principi di evidenza pubblica.
Nel corso del giudizio, il Comune di Sanremo:
- ha sostenuto che il Festival rientrasse tra le “espressioni di identità culturale collettiva”, richiamando la Convenzione UNESCO del 2003 per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha escluso la sussistenza dei presupposti per ascrivere il Festival a questa categoria, evidenziando che si tratta di un evento musicale singolare, non riconosciuto dall’UNESCO né dotato dei requisiti comunitari e rituali previsti dalla Convenzione;
- ha sostenuto che il rapporto instaurato con la RAI sarebbe qualificabile come una cooperazione atipica, non riconducibile ai contratti attivi codificati. In tale prospettiva, l’affidamento non richiederebbe alcuna procedura competitiva, trattandosi di una scelta organizzativa discrezionale e coerente con la funzione culturale dell’evento.
- ha richiamato l’art. 56, lett. f), D.Lgs. 36/2023, che esclude dalla disciplina del Codice gli appalti relativi alla produzione di programmi televisivi. Secondo questa impostazione, l’oggetto dell’affidamento coinciderebbe con un “programma”, e dunque rientrerebbe tra i contratti esclusi.
Con una motivazione articolata, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello, confermando la parziale fondatezza delle censure sollevate dalla società ricorrente.
Preliminarmente Palazzo Spada ha chiarito che il Festival di Sanremo, quale manifestazione canora ben individuata, costituisce un evento del quale è titolare il Comune di Sanremo, in quanto possessore del relativo marchio registrato. Tale marchio ha una sua autonoma identità giuridica e funzionale, indipendente dal format televisivo con cui nel tempo è stato veicolato, anche laddove quest’ultimo sia stato ideato da soggetti diversi, eventualmente titolari di distinti diritti d’autore.
Ne consegue che l’oggetto della concessione non è il programma televisivo, ma l’uso esclusivo del marchio e l’organizzazione della manifestazione: due elementi che richiedono un affidamento conforme ai principi dell’evidenza pubblica.
Il marchio, pur non rientrando in una concessione di servizi in senso tecnico, è un bene immateriale di titolarità pubblica, suscettibile di affidamento solo nel rispetto dei principi di concorrenza, pubblicità e trasparenza.
L’affidamento diretto alla RAI non è stato preceduto da alcuna scelta organizzativa formalizzata e motivata circa l’inscindibilità tra trasmissione e organizzazione dell’evento, ma si è trattato semplicemente di un rinnovo della prassi consolidata, non giustificabile alla luce del nuovo Codice dei contratti;
Anche laddove il contratto sia escluso dall’applicazione del Codice ai sensi dell’art. 56, comma 1, lett. f), resta fermo l’obbligo di rispettare i principi generali di cui all’art. 13, comma 5 del D.Lgs. n. 36/2023.
Secondo il Collegio, il marchio “Festival della Canzone Italiana” come contratto attivo, da cui discende un’entrata economica a beneficio del Comune. In quanto tale, esso è sottratto all’applicazione delle norme procedurali del Codice, ma resta pienamente soggetto ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 del D.Lgs. n. 36/2023, ai sensi dell’art. 13, commi 2 e 5.
In particolare, il principio di accesso al mercato impone che l’evidenza pubblica resti la modalità ordinaria di affidamento, salvo specifiche ragioni che nel caso concreto non risultano motivate. Il semplice gradimento per le precedenti edizioni o l’intenzione di affidare alla RAI non costituiscono causa idonea di deroga, né emergono profili di infungibilità.
Anche l’art. 56, comma 1, lett. f), è ritenuto non applicabile, poiché la concessione non riguarda la produzione di programmi, ma l’organizzazione di un evento e lo sfruttamento di un marchio di titolarità pubblica.
L’appello è stato quindi respinto, confermando che nemmeno la gestione di eventi di grande impatto pubblico e simbolico come il Festival di Sanremo è sottratta alle regole del diritto amministrativo e dei contratti pubblici.