tratto da biblus.acca.it

Nelle obbligazioni del direttore dei lavori rientrano l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, che delle modalità esecutive al capitolato e alle regole della tecnica, nonché l’adozione di tutti gli accorgimenti per evitare difetti costruttivi.

Pertanto, la responsabilità non si esaurisce con l’ultimazione dell’opera ma si estende a tutto il periodo di realizzazione dei lavori; eventuali omissioni o negligenze durante la fase esecutiva integrano una responsabilità contrattuale verso il committente.

Incorre in tale responsabilità il professionista che ometta di vigilare e impartire le opportune disposizioni al riguardo, di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore e, in mancanza, di riferire al committente.

Inoltre, la responsabilità solidale tra appaltatore e direttore dei lavori sussiste tutte le volte in cui gli inadempimenti di entrambi abbiano concorso a produrre lo stesso danno al committente, sia pure in base a regole giuridiche formalmente distinte, e salva la possibilità di riparto della responsabilità in presenza di apposita richiesta e motivazione giudiziale.

Sono i punti-cardine della sentenza con cui la Corte di Cassazione n. 18405/2025 conferma le responsabilità solidale del direttore dei lavori e dell’impresa appaltatrice per vizi e difetti riscontrati nelle opere commissionate in appalto.

Iter giudiziario

Nel caso in esame, il direttore dei lavori si è difeso eccependo la decadenza e la prescrizione delle azioni nei suoi confronti e contestando la propria responsabilità, sostenendo anche che non ricorressero le condizioni per l’applicazione delle norme sulla rovina o i gravi difetti di edifici (art. 1669 c.c.).

Tali difese sono state respinte sia in primo che in secondo grado: il Tribunale dapprima e la Corte d’appello poi hanno accertato la sua responsabilità in via contrattuale, richiamando espressamente gli artt. 1176 e 2236 c.c. e affermando la sussistenza di una colpa grave integrante la sua responsabilità nei confronti del committente per violazione del canone dell’ordinaria diligenza e del dovere di segnalare al committente e all’impresa appaltatrice i difetti riscontrati.

Nel dettaglio, il Tribunale di primo grado dichiarava la responsabilità, quanto ai rapporti interni tra appaltatrice e direttore dei lavori, nella misura dei due terzi a carico della prima e di un terzo a carico del secondo; per la Corte d’appello neanche si poneva una questione di prescrizione per l’azione ex art. 1669 c.c., in relazione alla parte dei vizi eventualmente riconducibili a detta norma, giacché il primo giudice aveva riconosciuto la responsabilità del direttore dei lavori in via contrattuale.

La Corte di Cassazione ha confermato quanto deciso dalla Corte d’appello rigettando i motivi di ricorso presentati dal direttore dei lavori

I compiti del direttore dei lavori attengono, ricordano i giudici, essenzialmente al controllo sull’attuazione dell’appalto, che l’appaltante ritiene di non poter svolgere di persona, sicché il direttore dei lavori ha il dovere, attesa la connotazione tecnica della sua obbligazione, di vigilare affinché l’opera sia eseguita in maniera conforme al regolamento contrattuale, al progetto, al capitolato e alle regole della buona tecnica, derivandone altrimenti la sua corresponsabilità con l’appaltatore, salvo che i difetti dell’opera siano ascrivibili a vizi progettuali per i quali non abbia avuto uno specifico compito di controllo.

La sua attività deve attuarsi in relazione a ciascuna delle fasi di realizzazione delle opere e al fine di garantire che queste ultime siano realizzate senza difetti costruttivi, sussistendo, dunque, la sua responsabilità per inosservanza del dovere di controllo e sorveglianza durante tutto il corso delle opere medesime, e non già solo nel periodo successivo all’ultimazione dei lavori.

Nel caso in esame, è stata ritenuta inadempienza, dunque, la mancanza di segnalazioni “in corso d’opera”, nonostante l’obbligo di vigilanza su esecuzione e conformità alle previsioni progettuali. Agli atti risultavano, infatti, segnalazioni dei vizi, da parte del direttore dei lavori, solo successivamente all’ultimazione degli stessi e non anche nel corso dei lavori.

In questa prospettiva, la diligenza richiesta ex art. 1176 c.c. è quella professionale, essendo necessario che il direttore dei lavori si attenga a standard particolarmente elevati per impedire l’insorgere della sua responsabilità, sebbene il direttore dei lavori per conto del committente presti un’opera professionale in esecuzione di un’obbligazione di mezzi e non di risultato.

Ne deriva che l’attività del direttore dei lavori per conto del committente si concretizza nell’alta sorveglianza delle opere che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere nel compimento di operazioni di natura elementare, comporta il controllo della realizzazione delle opere nelle sue varie fasi e il conseguente obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se siano state osservate le regole dell’arte e la corrispondenza dei materiali impiegati.

Nel caso in esame, il direttore dei lavori doveva riscontrare e segnalare tempestivamente la difformità dello sporto laterale delle falde del tetto, rispetto al progetto redatto dallo stesso direttore dei lavori. Una volta che essi si siano verificati, il direttore dei lavori ne risponde in solido con l’appaltatore.

Le corresponsabilità dell’appaltatore e del direttore dei lavori prescelto dal committente derivano dunque da due distinti contratti, essendo governate l’una dal rapporto di appalto, l’altra dal contratto d’opera professionale.

Il vincolo della responsabilità solidale, pertanto, si estende all’ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale.

Soltanto in parte coincide il contenuto delle sanzioni che a quella responsabilità fanno capo, perché al direttore dei lavori il committente può richiedere il rimborso del danno ed eventualmente la correzione del progetto, mentre all’appaltatore può chiedere l’eliminazione dei difetti dell’opera o la riduzione del prezzo e, in certi casi, la risoluzione del contratto.

Nel caso in esame, la responsabilità del direttore dei lavori è confermata come responsabilità contrattuale verso il committente per inadempienza ai suoi doveri di vigilanza nell’esecuzione delle opere a perfetta regola d’arte, mancata segnalazione delle difformità progettuali e mancata adozione di azioni tempestive durante i lavori.

Avendo il committente agito contro il direttore dei lavori per far valere le sue inadempienze, correttamente l’azione è stata reputata inerente alla prestazione d’opera professionale del direttore dei lavori, come tale soggetta ai termini di decadenza e prescrizione previsti per il contratto d’opera, e non a quelli stabiliti dall’art 1669 per far valere la responsabilità dell’appaltatore.

Da ciò deriva che anche l’ipotesi di responsabilità regolata dall’art. 1669 c.c. in tema di rovina e difetti di immobili, avente natura extracontrattuale, presuppone che il committente abbia evocato in giudizio, a titolo di concorso con l’appaltatore (che abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione), tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione del bene, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell’evento dannoso.

Torna in alto