tratto da biblus.acca.it

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 16987/2025 offre un quadro interpretativo particolarmente rilevante per comprendere l’estensione della responsabilità del direttore dei lavori (D.L.) in presenza di difetti costruttivi e, soprattutto, le implicazioni derivanti dalla sottoscrizione del verbale di fine lavori.

Il caso: vizi dell’opera e responsabilità del direttore dei lavori

La vicenda riguarda lavori di manutenzione straordinaria per i quali il committente aveva rilevato difformità significative. Tali contestazioni avevano portato a ritenere il D.L. responsabile sia per una vigilanza insufficiente sia per avere attestato la regolare esecuzione delle opere nonostante la presenza di anomalie già percepibili. La Corte d’Appello aveva accertato la responsabilità del professionista e negato l’operatività della polizza assicurativa.

Da qui il ricorso in Cassazione, con cui il D.L. contestava l’addebito e rivendicava la copertura della propria RC professionale.

La valutazione della Corte: vigilanza carente e obbligazione di mezzi

La Cassazione ribadisce che la vigilanza del direttore dei lavori non deve essere intesa come un controllo episodico, bensì come un’attività coerente con la complessità tecnica dell’intervento. L’incarico richiede:

  • capacità di intercettare gli indizi di anomalie;
  • attivazione immediata per richiedere correzioni all’impresa;
  • tracciamento documentale delle verifiche.

Nel caso in esame, la consulenza tecnica aveva mostrato:

  • assenza di controlli effettivi sulle fasi esecutive;
  • mancata rilevazione di difetti visibili;
  • inesistenza di istruzioni correttive impartite all’appaltatore;
  • carenza di documentazione tecnica a supporto dell’attività dichiarata.

Secondo la Corte, non si tratta di responsabilità oggettiva: è la manifestazione della mancanza di quella vigilanza qualificata che caratterizza la funzione del D.L..

Il verbale di fine lavori: un atto tecnico ad alto contenuto dichiarativo

Nel percorso ricostruttivo offerto dalla Cassazione, il verbale di fine lavori (contenente la certificazione che l’intervento manutentivo si era svolto a regola d’arte) emerge come uno degli snodi più delicati dell’attività del direttore dei lavori.

La Corte chiarisce che il verbale non è un semplice adempimento conclusivo, né un atto connotato da mera formalità amministrativa: è, al contrario, una dichiarazione tecnica che attribuisce al professionista una responsabilità diretta e significativa.

Con la firma, il professionista attesta la conformità dell’opera al progetto e alle regole dell’arte, fornendo al committente – privo di competenze tecniche – una garanzia determinante sulla qualità dell’intervento.

Nel caso esaminato, la sottoscrizione era avvenuta nonostante vizi già evidenti, impedendo al committente di contestarli tempestivamente all’impresa. Questo comportamento è stato ritenuto sufficiente a fondare la responsabilità del D.L., anche a prescindere da ulteriori carenze nella vigilanza.

La polizza professionale e la reticenza: obbligo di informazione rafforzato

La Cassazione chiarisce che, nelle polizze professionali di tipo claims made, il direttore dei lavori deve fornire alla compagnia assicurativa un’informazione completa e trasparente su ogni circostanza che possa preludere a una futura richiesta di risarcimento. Questo obbligo non riguarda solo le domande formalmente avanzate, ma si estende anche alle contestazioni, alle segnalazioni di difetti e a qualsiasi comunicazione che lasci prevedere un possibile coinvolgimento del tecnico.

Nel caso esaminato, al momento della stipula il professionista aveva già ricevuto lettere di contestazione dal committente, ma non le aveva dichiarate alla compagnia. Tale omissione è stata qualificata come reticenza rilevante, sufficiente a escludere l’operatività della copertura assicurativa, senza necessità di un formale annullamento della polizza.

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