Tratto da: Lavori Pubblici
Quando un intervento si può considerare compatibile con il paesaggio? E in quali casi la tutela del paesaggio prevale anche su eventuali esigenze di regolarizzazione edilizia?
Sono domande più che mai attuali sulle quali oggi occorre considerare le recenti modifiche apportate al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa), che ha introdotto nel nostro ordinamento la nuova sanatoria semplificata utilizzabile anche in caso di interventi eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica.
In alcuni casi, però, la risposta a queste domande non cambia e valgono gli stessi principi ormai consolidati e applicabili sia ante che post Salva Casa. Per comprenderlo ci viene in aiuto il Consiglio di Stato che, con la sentenza 5 giugno 2025, n. 4892, ha ribadito con estrema chiarezza alcuni orientamenti sul rapporto tra autorizzazione paesaggistica e sanatoria edilizia.
Oggetto del contenzioso era un complesso di opere abusive realizzate in area sottoposta a vincolo ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. g), del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e dichiarata di notevole interesse pubblico da apposito decreto ministeriale. Le opere comprendevano manufatti edilizi, una strada interpoderale pavimentata con cordoli, muri di sostegno, impianto di illuminazione, terrazzamenti e sistemazioni morfologiche.
Dopo un diniego motivato di compatibilità paesaggistica e di permesso di costruire in sanatoria da parte dell’amministrazione comunale e della Soprintendenza, il caso è approdato davanti ai giudici amministrativi.
La proprietaria aveva sostenuto che le opere in questione, in particolare la strada interpoderale, costituissero interventi di manutenzione straordinaria, e che dunque sarebbero state sanabili mediante autorizzazione paesaggistica postuma ex art. 167, comma 4, del d.lgs. 42/2004.
Secondo la ricorrente, l’impatto paesaggistico sarebbe stato contenuto e comunque compatibile con i vincoli presenti, e il diniego opposto sarebbe risultato sproporzionato.
Di contro, l’amministrazione comunale e la Soprintendenza hanno ribadito che gli interventi, per entità e caratteristiche, avevano comportato modifiche irreversibili della morfologia del territorio, compromettendo la percezione visiva e la naturalità dell’ambiente protetto.
Il Consiglio di Stato ha confermato integralmente l’impostazione della pubblica amministrazione e del TAR, riaffermando principi di rilievo per la prassi operativa:
- in presenza di vincolo paesaggistico, la compatibilità paesaggistica costituisce un presupposto imprescindibile per il rilascio di qualunque titolo edilizio, anche in sanatoria. La mera conformità urbanistica non è sufficiente;
- la valutazione di compatibilità paesaggistica deve tener conto non solo della singola opera, ma dell’effetto complessivo che l’intervento, considerato nel suo insieme, produce sul paesaggio tutelato;
- l’autorizzazione paesaggistica postuma è possibile solo nei limitati casi previsti dall’art. 167, comma 4, del d.lgs. 42/2004 (opere di manutenzione ordinaria o straordinaria, interventi già previsti negli strumenti di pianificazione paesaggistica ecc.). Nel caso di specie, gli interventi erano qualificabili come nuove costruzioni e trasformazioni morfologiche incompatibili;
- le previsioni urbanistiche locali (PAT, PI) non possono derogare ai vincoli paesaggistici né consentire interventi che alterino le caratteristiche protette del sito;
- in caso di interventi incompatibili, l’unica soluzione è il ripristino dello stato dei luoghi, necessario per tutelare i valori paesaggistici compromessi.
Per una corretta lettura della decisione dei giudici di Palazzo Spada occorre considerare:
- il D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio):
- art. 142, comma 1, lett. g) – tutela delle aree boscate
- art. 146 – autorizzazione paesaggistica
- art. 167 – disciplina dell’autorizzazione paesaggistica postuma
- il DM 18 novembre 1971 – dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area
- il d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico Edilizia):
- art. 3 – definizioni degli interventi edilizi
- art. 31 e ss. – sanatoria edilizia e procedimenti repressivi
- la Legge urbanistica n. 1150/1942 e successive modifiche
La sentenza non fa riferimento al nuovo art. 36-bis introdotto all’interno del TUE dal Salva Casa, in quanto l’abuso contestato è stato correttamente qualificato come “abuso totale”, sanabile – se del caso – con la sanatoria ordinaria di cui all’art. 36, preclusa però in assenza di accertamento di compatibilità paesaggistica e fuori dai casi previsti dall’art. 167, comma 4, del D.Lgs. n. 42/2004.
La sentenza del Consiglio di Stato offre indicazioni operative chiare per la gestione di situazioni analoghe:
- attenzione al vincolo: in zone vincolate occorre sempre valutare con rigore la compatibilità paesaggistica prima di proporre una sanatoria;
- limiti della sanatoria: l’art. 167, comma 4, d.lgs. 42/2004 consente margini molto ristretti. Non tutte le opere sono sanabili, soprattutto quando comportano trasformazioni morfologiche sostanziali;
- pianificazione urbanistica subordinata: la normativa paesaggistica prevale sugli strumenti urbanistici locali;
- ripristino come soluzione: in presenza di alterazioni irreversibili e incompatibili, il ripristino dello stato dei luoghi è la strada obbligata.
Nei territori tutelati non si può ragionare solo in termini edilizi: la compatibilità paesaggistica, verificata ex ante, resta il presupposto imprescindibile per ogni intervento legittimo, salvo i casi particolari previsti dall’art. 167, comma 4, del Codice dei beni culturali e dall’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia.
- il D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio):