Tratto da: Lavori Pubblici  

Può un concorrente revocare la propria offerta dopo aver partecipato a una gara pubblica? E fino a che punto la revoca della proposta può essere a sua volta ritirata, senza ledere la par condicio e la certezza delle procedure? Quale confine separa il diritto dell’offerente di mutare la propria volontà contrattuale e l’interesse della stazione appaltante a una gestione stabile e trasparente della gara?

 

Sono particolarmente interessanti gli spunti offerti dall’ordinanza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana 8 settembre 2025, n. 254, relativi a una gara d’appalto per la quale la società aggiudicataria aveva presentato un atto di revoca della propria proposta, salvo poi ritirare tale revoca pochi giorni dopo.

Il TAR, in primo grado, aveva respinto il ricorso di un altro concorrente, che lamentava l’illegittimità della permanenza in gara dell’aggiudicataria perché l’atto di revoca sarebbe stato efficace e non annullabile.

Ne è scaturito l’appello al CGARS, deducendo appunto che la revoca della proposta avesse già prodotto effetti, rendendo irrilevante la successiva revoca della revoca.

Spiegano i giudici d’appello del Collegio siciliano che la disciplina civilistica, richiamata anche nei procedimenti di evidenza pubblica, distingue due ipotesi:

  • ai sensi dell’art. 1328 c.c., la proposta contrattuale può essere revocata dall’offerente fino al momento della conclusione del contratto;
  • ex art. 1335 c.c., la revoca della revoca ha efficacia solo se giunge a conoscenza dell’oblato (in questo caso la stazione appaltante) prima che la prima revoca produca i suoi effetti.

In materia di appalti, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha già chiarito, in precedenti pronunce, che la domanda di partecipazione a una gara costituisce atto unilaterale recettizio contenente una proposta contrattuale.

Tenendo conto delle norme del codice civile, il CGARS ha accolto l’istanza cautelare sospendendo la sentenza del TAR e, di fatto, l’aggiudicazione originaria.

In particolare, il Collegio ha rilevato:

  • la domanda di partecipazione in gara è proposta contrattuale, soggetta alle regole civilistiche;
  • l’errore ostativo può determinare l’annullamento solo se riconoscibile ictu oculi, senza necessità di complesse indagini;
  • la revoca della proposta è efficace fino alla conclusione del contratto (art. 1328 c.c.);
  • la revoca della revoca, invece, può operare solo se la stazione appaltante non abbia ancora avuto conoscenza della prima revoca (art. 1335 c.c.).

Poiché nel caso concreto la revoca era già stata ricevuta dall’amministrazione, il successivo ritiro non ha potuto produrre effetti, determinando così una causa di esclusione dell’aggiudicataria non adeguatamente considerata dal TAR.

L’ordinanza del CGARS conferma un principio di grande rilievo pratico per stazioni appaltanti e operatori:

  • la proposta in gara è un atto vincolante: la sua revoca, una volta ricevuta e conosciuta dalla SA, produce effetti irreversibili;
  • la revoca della revoca non è ammessa dopo la conoscenza dell’amministrazione: il principio di affidamento della stazione appaltante prevale.
  • l’errore ostativo può incidere sulla validità della proposta solo se immediatamente riconoscibile;

In attesa della decisione di merito, l’orientamento del CGARS fornisce un’importante bussola interpretativa: il momento in cui l’atto di revoca perviene alla stazione appaltante segna il confine tra revocabilità e irretrattabilità, sottolineando come la certezza degli atti prevalga sulla volontà successiva del concorrente.

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