Tratto da: Lavori Pubblici 

Come si prova la legittimità edilizia e urbanistica di un vecchio immobile? Serve ancora ricostruire tutta la “catena dei titoli”? Cosa succede quando i documenti comunali non sono più integralmente reperibili? È cambiato qualcosa dopo il Salva Casa?

Sono quesiti che emergono frequentemente nel dibattito tecnico e normativo attorno all’edilizia esistente. Comprendere come si applicano oggi le regole sullo stato legittimo degli immobili, anche alla luce delle ultime modifiche introdotte dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa), è fondamentale per chi si occupa di informazione tecnica in campo edilizio e urbanistico.

Ha risposto a queste domande il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana che, con la sentenza n. 446 del 6 giugno 2025 (Presidente Ermanno de Francisco, Estensore Giovanni Ardizzone), offre una chiave di lettura preziosa e chiarificatrice.

La controversia riguarda un immobile sito in un comune siciliano, per il quale nel 2023 era stata emessa una ordinanza di demolizione per presunta abusività edilizia. L’appellante, di contro, sosteneva l’esistenza di un titolo edilizio risalente al 1960.

Il caso ruota attorno alla validità di un titolo edilizio del 1960, costituito da:

  • un’istanza del 4 ottobre 1960 per “demolizione e ricostruzione”;
  • il parere favorevole della Commissione edilizia del 7 ottobre 1960;
  • la comunicazione di approvazione del Sindaco dell’8 ottobre 1960.

Secondo il Comune, tale documentazione non era sufficiente a dimostrare la legittimità edilizia dell’immobile.

Dopo un “passaggio” al TAR, la questione è, dunque, giunta al Consiglio di Giustizia Amministrativa, che con la sentenza in esame ha accolto l’appello della proprietaria, riconoscendo il valore giuridico di quel titolo edilizio storico.

Dalla lettura della sentenza emergono 3 interessanti temi che riguardano:

  1. i titoli edilizi ante Legge n. 10/1977 (c.d. Legge Bucalossi);
  2. gli interventi di demolizione e ricostruzione;
  3. le modifiche normative arrivate con il Salva Casa.

    Per le fattispecie antecedenti alla l. 10/1977, la trasmissione da parte del Sindaco all’interessato del parere favorevole della Commissione edilizia comunale equivaleva al rilascio della licenza edilizia, costituendo vera e propria determinazione positiva sulla domanda“.

    Un principio ormai consolidato, ma che vale sempre la pena richiamare: nei decenni precedenti alla legge Bucalossi (l. 10/1977), l’iter amministrativo delle licenze edilizie si svolgeva con prassi meno formalizzate rispetto a quelle odierne.

    La comunicazione da parte del Sindaco del parere favorevole della Commissione edilizia aveva pieno valore di titolo abilitativo.

    Questo chiarimento è fondamentale per tutti i casi che riguardano edifici costruiti in quegli anni e che oggi, spesso, si trovano privi di una “licenza edilizia” in forma canonica, ma dispongono di documentazione d’archivio equivalente.

    La costruzione dell’immobile previa demolizione attribuisce all’edificato lo status di nuova costruzione dotata di proprio titolo edilizio esteso all’intera consistenza autorizzata“.

    La sentenza chiarisce che un intervento di demolizione e ricostruzione, correttamente autorizzato all’epoca, conferisce al nuovo fabbricato uno status autonomo di legittimità.

    Il titolo edilizio rilasciato allora copre l’intera consistenza dell’edificio così come realizzato.

    Questo punto è importante, soprattutto in un’epoca in cui la giurisprudenza più rigorosa tende a chiedere la prova non solo dell’origine dell’immobile, ma anche della legittimità di eventuali modifiche successive. Quando invece l’intero edificio deriva da un intervento di demolizione e ricostruzione autorizzato, è a quel titolo che si deve fare riferimento.

    Con il d.l. 29 maggio 2024 n. 69, il legislatore ha sostituito la congiunzione ‘e’ con ‘o’ nell’art. 9-bis, rendendo alternative le condizioni per attestare lo stato legittimo“.

    Il cuore operativo della sentenza è il collegamento con l’attuale versione dell’art. 9-bis, comma 1-bis, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), modificato dal Salva Casa e sul quale occorre definire come operare:

    • prima della riforma (fino al 29 maggio 2024);
    • dopo la riforma (dal 30 maggio 2024).

    Nel primo caso (ante-Salva Casa), il comma 1-bis, art. 9-bis, del TUE, prevedeva che per documentare lo stato legittimo di un immobile fosse necessario presentare:

    • il titolo originario di costruzione,
    • “e” il titolo dell’ultimo intervento che avesse interessato l’intero immobile.

    Dopo la riforma del Salva Casa, la definizione di “stato legittimo” è stata significativamente modificata. Adesso è sufficiente alternativamente:

    • il titolo originario di costruzione,
    • “oppure” il titolo dell’ultimo intervento sull’intero immobile, a condizione che in sede di rilascio l’amministrazione abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi.

    Il cambio di prospettiva è importante: non è più obbligatorio ricostruire tutta la catena documentale dei titoli edilizi. È sufficiente dimostrare in modo attendibile l’origine legittima della costruzione oppure la legittimità riconosciuta in sede di ultimo intervento.

    La sentenza valorizza un altro passaggio decisivo del nuovo comma 1-bis, ovvero l’ultimo periodo che introduce il “principio di prova”. Oggi è possibile considerare sufficiente un “principio di prova”, anche in assenza della copia integrale o degli estremi esatti del titolo originario, nei casi in cui l’esistenza del titolo possa essere ragionevolmente documentata.

    Nel caso concreto, il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha considerato pienamente sufficiente la documentazione disponibile del 1960 (parere della Commissione edilizia e comunicazione del Sindaco), applicando questo principio.

    L’elemento di maggiore attualità della sentenza è proprio l’allineamento con il nuovo quadro normativo post Salva Casa:

    • non è più necessario dimostrare una “catena perfetta” di titoli edilizi;
    • è sufficiente provare un valido titolo originario o un ultimo titolo legittimante;
    • è ammesso il ricorso a “principi di prova”, superando l’approccio puramente formale che richiedeva sempre il titolo completo in originale.

    Questo nuovo assetto normativo rende più agevole la gestione di molte situazioni edilizie complesse, in particolare per immobili storici o per fabbricati la cui documentazione si è in parte smarrita negli archivi comunali.

    La sentenza n. 446/2025 del CGA Siciliano si inserisce perfettamente nella nuova logica normativa introdotta dal DL Salva Casa, e fornisce indicazioni molto utili per tutti i professionisti che operano in edilizia.

    In concreto, l’intervento del CGA della Regione Siciliana:

    • valorizza i titoli storici pre-1977 seguendo la giurisprudenza consolidata;
    • applica correttamente le modifiche 2024 sull’alternativa “o” invece del cumulativo “e”;
    • riconosce il principio di prova per tutelare situazioni in cui la completa documentazione non sia più integralmente reperibile.

    Per chi opera nel settore edilizio e urbanistico, la sentenza rappresenta, quindi, un precedente importante per tutti i casi di immobili con titoli storici documentati ma non perfettamente conservati negli archivi comunali, confermando che il nuovo art. 9-bis offre strumenti più flessibili per dimostrare la legittimità di costruzioni datate.

Torna in alto