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I Cesaroni

Marco Travaglio )

Da Il Fatto Quotidiano del 16 settembre 2014

Ma questi analfabeti lo sanno cosa sono la Corte costituzionale e il Csm? A giudicare dai personaggi squalificati che vogliono mandarci e dal silenzio che avvolge i loro curricula, si direbbe di no. Ma, a giudicare dalla pervicacia con cui insistono per quei nomi, a costo di paralizzare da quattro mesi il Parlamento, si direbbe di sì. Il Partito Unico Renzusconi sa benissimo che la Consulta, pur già inquinata da vecchi politicanti, potrebbe ancora dare fastidio per la presenza di personalità indipendenti, che vanno al più presto rimpiazzate con uomini di stretta obbedienza. Sennò le loro leggi incostituzionali (tipo l’Italicum) vengono di nuovo bocciate. I nomi di Violante, participio presente per tutte le stagioni, e Donato Bruno, membro della grande famiglia dei Cesaroni (è amico di Previti) e padre di un giovanotto inquisito per le baby squillo dei Parioli, rispondono perfettamente all’identikit: infatti Napolitano, che dovrebbe garantire un minimo di decenza costituzionale, tace e acconsente. Monita solo perchè facciano presto, non perchè scelgano figure indipendenti. Idem per il Csm: la norma che prepensiona i magistrati a 70 anni decapiterà subito i vertici di 250 uffici giudiziari, in aggiunta ai 70 già vacanti (come la Procura di Palermo), dunque occorre una truppa filogovernativa per nominare gente di fiducia. Sennò poi insabbiare le inchieste diventa difficile, e con questo tasso di devianza fra le classi dirigenti gli scandali continueranno a disturbare i manovratori. Intendiamoci, mettere le zampe sugli organi costituzionali di garanzia è un vecchio sogno del potere politico. Ma prima delle larghe intese, quando destra e sinistra governavano una alla volta, una parvenza di dialettica e di conflitto era assicurata. Ora, col Partito Unico, anche quel velo è caduto. A parte i 5Stelle, ogni tanto Sel, la Lega e FdI, gli altri votano tutti col governo. Così il Csm che sta per nascere sarà il più governativo della storia. 

Infatti Napolitano, che del Csm è il presidente, tace e acconsente. Non una parola su Luigi Vitali, ex sottosegretario berlusconiano, indagato a Brindisi e addirittura rinviato a giudizio a Napoli per falso ideologico (quanto basta, secondo la legge 195/1958 sul Csm, per causarne la decadenza). Non un fiato sull’inciucio fuorilegge per dare la vicepresidenza al sottosegretario Pd alle Finanze Giovanni Legnini, molto amato dai giornali perché nel governo Letta aveva la delega ai fondi per l’editoria: primo caso nella storia di un membro del governo che passa direttamente alla guida di quello che spiritosamente si chiama organo di autogoverno dei magistrati. Come possano i membri togati piegarsi a votare uno così è un mistero. Questo avvocato abruzzese il 25 luglio 2008 prese parte con Marini, Scelli, Lehner, Farina-Betulla alla festosa processione di politici al carcere di Sulmona per portare conforto al governatore Ottaviano Del Turco, appena arrestato per tangenti e poi condannato in primo grado a 9 anni e 6 mesi. Non si sa se Legnini fosse lì nella sua veste di senatore, oppure di socio di studio dell’avvocato Marco Femminella, legale di un coimputato di Del Turco, il capogruppo Pd Camillo Cesarone (nomen omen, poi condannato a 9 anni). Farà piacere ai pm e ai giudici del processo Del Turco sapere che sulle loro carriere e i loro fascicoli disciplinari veglierà Legnini: lo stesso che sorride pacioso in varie foto abbracciato al plurimputato Luciano D’Alfonso, neogovernatore d’Abruzzo nel solco della tradizione penal progressista locale. Il trasloco di Legnini al Csm farà felice anche Giovanni Lolli, primo dei non eletti Pd, ora vicepresidente della giunta D’Alfonso, che potrà entrare alla Camera al posto suo. Nel 2008 Lolli si salvò per prescrizione dal processo sulle ruberie della Missione Arcobaleno, dov’era imputato di favoreggiamento per aver avvertito due indagati delle intercettazioni disposte dal pm barese Michele Emiliano, ora segretario del suo partito in Puglia. E vissero tutti felici e contenti.

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