Tratto da: Lavori Pubblici  

La dichiarazione di fatti rientranti tra le cause di esclusione non automatica rientra fra gli obblighi dell’OE, anche su fatti risalenti, senza che l’informativa in gara possa essere parziale. A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 27 giugno 2025, n. 5589 confermando una linea rigorosa a tutela dei principi di fiducia, integrità e trasparenza nel nuovo Codice dei contratti pubblici.

 

Il caso riguarda una procedura negoziata avviata ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. c) del d.Lgs. n. 36/2023. L’operatore economico inizialmente proposto come aggiudicatario era stato destinatario di due annotazioni nel casellario ANAC, una attinente a risoluzione contrattuale disposta per gravi ritardi e una revoca dell’aggiudicazione per rifiuto di sottoscrivere il contratto.

La mancata dichiarazione di tali vicende ha condotto all’esclusione dell’impresa ai sensi dell’art. 98, commi 3, lett. c), 4, 5 e 7 dello stesso Codice Appalti, da cui sono scaturiti il ricorso in primo grado e l’appello al Consiglio di Stato.

Palazzo Spada ha confermato le tesi del giudice di prime cure, ripercorrendo le norme del Codice che disciplinano le cause di esclusione non automatica, tra cui rientrano anche i gravi illeciti professionali.

Il sistema delle cause di esclusione è disciplinato nel nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023) secondo una classificazione netta tra cause di esclusione automatica (art. 94) e non automatica (art. 95), nel rispetto del principio di tassatività sancito dall’art. 10 del Codice.

Le cause automatiche, come condanne penali, gravi inadempimenti fiscali o previdenziali, determinano l’immediata esclusione del concorrente, senza margine di valutazione per la stazione appaltante. Sono fattispecie oggettive e vincolanti, che operano anche d’ufficio e integrano di diritto i bandi di gara.

La disciplina delle cause di esclusione non automatica richiede invece una valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante in merito alla concreta incidenza sull’affidabilità dell’operatore. In questa categoria rientrano:

  • gravi illeciti professionali (art. 98),
  • tentativi di influenzare indebitamente il procedimento di gara,
  • significative carenze nell’esecuzione di precedenti contratti.

La valutazione discrezionale deve essere motivata, ma soprattutto preceduta dalla dichiarazione completa da parte dell’operatore economico: ed è proprio su questo aspetto che si concentra la sentenza in esame.

Il comma 3, lett. c) dell’art. 98 individua come possibile fattispecie di illecito professionale «la risoluzione di precedenti contratti o la revoca dell’aggiudicazione per inadempimento o comportamenti analoghi». Anche se non danno luogo a esclusione automatica, questi episodi devono essere comunque dichiarati in sede di partecipazione.

È qui che si radica l’obbligo informativo cui l’operatore non può sottrarsi: l’omissione della dichiarazione, anche su fatti datati o ancora oggetto di contenzioso, è di per sé indice di inaffidabilità e carenza di integrità, perché nega alla stazione appaltante la possibilità di valutare autonomamente la rilevanza del fatto. Come precisato dalla giurisprudenza, non è configurabile in capo all’impresa alcun filtro valutativo, sussistendo l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione,

La violazione dell’obbligo dichiarativo ha due rilievi:

  • formale, perché integra una falsa o fuorviante rappresentazione della propria posizione;
  • sostanziale, perché mina il principio di fiducia (art. 2) e buona fede (art. 5) alla base del nuovo Codice.

Il principio della fiducia, richiamato nella sentenza, va inteso come rapporto di leale collaborazione tra operatori economici e stazioni appaltanti. Il sistema degli appalti pubblici non si basa più soltanto su controlli e verifiche ex post, ma richiede fin dalla fase di gara comportamenti collaborativi, trasparenti e veritieri.

L’omissione dichiarativa mina questo equilibrio fiduciario, ostacolando il corretto espletamento dell’istruttoria e impedendo una valutazione pienamente consapevole da parte della stazione appaltante. Anche per questo motivo, il Consiglio di Stato riconosce che l’inosservanza dell’obbligo di informazione incide di per sé sull’affidabilità del concorrente, indipendentemente dall’esito di eventuali contenziosi o dalla data dei fatti.

In altri termini, non è la gravità dell’episodio in sé, ma la sua omissione che può determinare l’esclusione, secondo una logica fondata sul dovere di lealtà e trasparenza reciproca, oggi codificato nel sistema.

I giudici d’appello hanno quindi ribadito che l’obbligo dichiarativo ex art. 98 del Codice non ammette “filtri valutativi” da parte dell’operatore economico: ogni episodio potenzialmente rilevante deve essere dichiarato, anche se:

  • risalente nel tempo;
  • oggetto di contenzioso ancora pendente;
  • ritenuto soggettivamente irrilevante o superato da misure di self cleaning.

Secondo il Collegio, l’omessa indicazione configura una condotta fuorviante, idonea a falsare il processo decisionale della stazione appaltante, lesiva dei principi di buona fede e affidamento.

Non solo: i giudici hanno respinto anche la tesi dell’appellante circa l’efficacia delle misure di self cleaning. L’operatore aveva prodotto modifiche gestionali e organizzative (es. cambio direttore tecnico), ma senza elementi concreti e verificabili — come nuove certificazioni, personale qualificato o consulenze tecniche — idonei a dimostrare una reale discontinuità rispetto alle vicende contestate.

L’appello è stato quindi respinto, confermando la piena legittimità dell’esclusione dell’OE per omissione dichiarativa di fatti rilevanti sulla sua affidabilità e professionalità.

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