È legittimo un ordine di demolizione per un semplice frazionamento interno di un immobile, privo di aumento volumetrico? Un nuovo caso dal Tar Campania.
La sentenza n. 1559/2025 del Tar Campania sancisce che in zona sottoposta a vincolo paesaggistico qualunque intervento edilizio privo del necessario titolo abilitativo, anche se limitato al frazionamento interno e alla modifica della destinazione d’uso senza aumento volumetrico, è considerato abuso edilizio in totale difformità, e soggetto alla sanzione demolitoria ex art. 31 D.P.R. 380/2001, indipendentemente dalla natura ordinaria o straordinaria dell’intervento e dal decorso del tempo.
Il caso in esame riguarda un cittadino proprietario di un immobile, che aveva realizzato un frazionamento interno dell’unità abitativa in due porzioni – una ad uso residenziale e l’altra ad uso commerciale – mediante la semplice costruzione di una parete divisoria, ritenendo che tale intervento non comportasse aumento volumetrico né modifiche strutturali tali da richiedere un permesso di costruire.
Il Comune, invece, ha ordinato la demolizione delle opere, qualificandole come abusive ex art. 31 del D.P.R. 380/2001, in quanto realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico senza alcun titolo abilitativo.
Il ricorrente ha impugnato l’ordinanza, ritenendo che il frazionamento dell’immobile, non avendo alterato la struttura dell’edificio né il suo volume o l’estetica paesaggistica, sarebbe un intervento di manutenzione straordinaria o al massimo di ristrutturazione leggera, per i quali non serve il permesso di costruire, ma solo una CILA o una SCIA. Di conseguenza, sarebbe applicabile una sanzione più lieve (art. 37 TUE) e non la demolizione prevista per gli abusi gravi (art. 33 o 31 TUE).
Il ricorrente contesta, inoltre, la carenza di motivazione dell’ordinanza, ritenendo che il Comune non abbia chiarito la natura dell’abuso né giustificato la sanzione adottata. L’atto sarebbe inoltre generico e sproporzionato, in quanto disporrebbe la demolizione dell’intero immobile senza individuare puntualmente le opere abusive. Anche in presenza di vincolo paesaggistico, si sarebbe dovuta applicare una sanzione meno gravosa. Lamenta, inoltre, l’assenza di una motivazione rafforzata, vista la data risalente dell’intervento, e la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, che avrebbe impedito al ricorrente di esercitare il proprio diritto di partecipazione.
Il Comune ha ribattuto sottolineando che, trattandosi di area vincolata ai sensi della l. 1497/1939 e del D.M. 12 settembre 1957, qualsiasi intervento edilizio richiede autorizzazione paesaggistica, e che la mancanza di qualsiasi titolo giustifica l’irrogazione della sanzione demolitoria.
Il TAR ha rigettato il ricorso, affermando che «nelle zone vincolate, è doverosa la demolizione d’ufficio di tutti gli interventi realizzati sine titulo» e che, anche a prescindere dalla tipologia di titolo edilizio necessario, «ciò che rileva è il fatto che lo stesso intervento è stato posto in essere in assoluta carenza di titolo abilitativo». Il giudice ha anche respinto le censure relative alla genericità dell’ordinanza, chiarendo che il Comune ha disposto la rimozione delle sole opere abusive, escludendo quindi l’asserita demolizione dell’intero immobile.
In merito alla questione dell’affidamento, il TAR ha ribadito che «la mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere/dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che è sin dall’origine illegittimo». Quanto alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, la doglianza è stata ritenuta infondata in quanto il ricorrente non ha allegato né istanze di accertamento di conformità o di compatibilità paesaggistica né alcun altro elemento idoneo a sovvertire la decisione assunta dalla PA. In conclusione, il Tribunale ha confermato la legittimità dell’ordinanza di demolizione.