Tratto da: lavoripubblici.it

Dopo oltre un ventennio dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e un centinaio di piccoli e grandi correttivi, il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) è profondamente cambiato dalla sua versione originale. Benché non sia ancora pronto a rispondere alle rinnovate esigenze sociali  e del patrimonio immobiliare, sono tanti i contenuti del Testo Unico Edilizia che sono stati modificati: dalla definizione degli interventi fino al relativo regime amministrativo.

Tra le diverse modifiche, merita un posto in prima fila la definizione di “ristrutturazione edilizia” contenuta all’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380/2001 che, soprattutto negli ultimi anni, è cambiata più volte.

Molto interessante è la sentenza del Consiglio di Stato 2 maggio 2024, n. 4005 che ripercorre proprio l’evoluzione normativa della definizione di ristrutturazione edilizia, con specifico riferimento agli interventi di demolizione e ricostruzione con ampliamento volumetrico.

Secondo il ricorrente, il giudice di primo grado avrebbe erroneamente sovrapposto la fattispecie degli “incrementi volumetrici” in ambito di demolizione e ricostruzione della lett. d) del citato art. 3 e la diversa fattispecie di “ampliamento” dei manufatti esistenti contenuta nella successiva lett. e1) del medesimo articolo, relativa alla definizione di nuova costruzione.

Tra le due fattispecie, argomenta l’appellante, non ci sarebbe alcun rapporto di genere e specie, né di regola ed eccezione, in quanto si riferirebbero alla qualificazione di due tipi di intervento edilizio materialmente differenti. Una cosa sarebbe, argomenta l’appellante, demolire ricostruendo l’edificio con volume incrementato (lettera d) al fine di realizzare un manufatto strutturalmente e energeticamente “moderno”, tutt’altra cosa sarebbe aggiungere ad un manufatto esistente un “ampliamento”. Ciò in quanto il legislatore avrebbe voluto distinguere gli interventi di demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico sub lett. d (certamente più adatti a realizzare i ricercati effetti virtuosi di miglioramento in toto del patrimonio immobiliare preesistente, in termini di complessiva sicurezza e sostenibilità) da quelli diversi, e meno apprezzabili, in cui ci si limita ad ampliare un vecchio edificio esistente con altro volume, limitandosi a consumare ulteriore suolo.

Preliminarmente il Consiglio di Stato ha ricordato l’evoluzione normativa della definizione di ristrutturazione edilizia:

  • nella sua versione originaria dell’art. 3, comma 1, lett. d) riconduceva nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia “anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volume, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quella preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”;
  • successivamente, il d.lgs. n. 301/2001 modificava il citato art. 3 comma 1, lett. d), riconducendo nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione dell’immobile con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica;
  • con l’entrata in vigore dell’art. 30, comma 1, lett. c), della legge n. 98/2013, il legislatore modificava ulteriormente la nozione di interventi di ristrutturazione edilizia definita dall’art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, per ricomprendere in tale ambito anche gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria del manufatto preesistente, senza la necessità di mantenere identica la sagoma;
  • con l’art. 10, d.l. 16 luglio 2020 n. 76, convertito con modificazioni dalla l. 11 settembre 2020 n. 120, la disposizione di che trattasi è stata ulteriormente novellata, prevedendosi la sostituzione del terzo e del quarto periodo della lettera d) nei seguenti termini: “nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, nonché a quelli ubicati nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria. L’intervento può inoltre prevedere, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria purché sia possibile accertare la preesistente consistenza”.

Tale definizione ha seguito quella che ha interessato l’art. 10, d.P.R. n. 380/2001, il quale, in relazione all’ambito di applicazione del permesso di costruire, originariamente disponeva, al comma 1,“Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: … t. c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.

Con la novella recata dall’art. 10 del d.l. n 76/2020, è stata, infatti, modificata la lettera c) dell’art. 10 TUE nei seguenti termini: “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici”.

Nella sua attuale versione, l’art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede che il permesso di costruire è necessario per gli “interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio”, espressamente indicando, tra questi, (comma 1) gli interventi di nuova costruzione (lett. a), gli interventi di ristrutturazione urbanistica (lett. b) e gli interventi di ristrutturazione edilizia (lett. c), con modifiche di sagoma, prospetti o volumetria, a seconda dei casi.

Il successivo comma 2 prevede, infine, che le Regioni possono stabilire con legge “quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività”.

In conclusione, l’intervento di demolizione e ricostruzione può prevedere anche incrementi di volumetria, ma soltanto nei casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana ed è, comunque, soggetto al regime normativo del permesso di costruire.

Anche quando l’incremento di volumetria preesistente è espressamente consentito nei termini appena indicati (ovvero quando sia espressamente previsto dal PRG o dalla legislazione), si versa in una fattispecie che esorbita dalle opere di mero recupero, tanto è vero che l’art. 10 comma 1, TUE, come visto, annovera gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino a un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici, tra quelli di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, prevedendosi l’assoggettamento di tale fattispecie al regime del permesso di costruire e non a quello della segnalazione certificata di inizio attività.

In sostanza, il legislatore statale collega la necessità del permesso di costruire a fenomeni di “trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio” e:

  1. in primo luogo, qualifica come tali la nuova costruzione, la ristrutturazione urbanistica e la ristrutturazione edilizia;
  2. in secondo luogo, demanda alle Regioni di individuare quali interventi (diversi da quelli precedentemente indicati) comportanti trasformazione urbanistica (ma non necessariamente edilizia), richiedano il permesso di costruire in ragione della loro natura ed incidenza, in particolare, sul carico urbanistico.

In ambedue le ipotesi innanzi considerate, appare evidente come il permesso di costruire si colleghi sempre ad interventi che incidono sul territorio, trasformandolo sul piano urbanistico – edilizio, o anche su uno solo dei due.

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