tratto da biblus.acca.it

Con la sentenza n. 15873 del 28 agosto 2025, il Tar Lazio ha affrontato una questione complessa: l’applicazione delle cause di esclusione non automatiche previste dall’art. 95. In particolare, i giudici hanno esaminato la legittimità dell’esclusione di un raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) per presunte violazioni fiscali di importo rilevante ma non ancora definitive, alla luce delle certificazioni contraddittorie rilasciate dall’Agenzia delle Entrate e del contenzioso tributario ancora pendente.

La controversia nasce da una gara indetta da un Comune per l’affidamento del servizio pluriennale di raccolta e smaltimento rifiuti urbani. Il Rti aggiudicatario provvisorio era stato estromesso in seguito ad un esito negativo circa una certificazione di regolarità fiscale rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, che segnalava una grave irregolarità fiscale per oltre 17 milioni di euro. Tale somma era oggetto di avviso di accertamento notificato alla mandataria come cessionaria di ramo d’azienda. L’accertamento, già confermato nei primi due gradi di giudizio tributario, non aveva però ancora carattere definitivo.

Durante il giudizio amministrativo, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta in autotutela, annullando la prima certificazione negativa e rilasciandone una favorevole. L’Rti escluso ha quindi sostenuto che l’annullamento privasse di fondamento l’esclusione, chiedendo in subordine la prosecuzione dell’appalto con la sola mandante, ai sensi dell’art. 97 del Codice. Il Tar ha respinto il ricorso, ritenendo legittima la scelta della stazione appaltante e chiarendo diversi aspetti di diritto.

Violazioni fiscali non definitive e art. 95 D.Lgs. 36/2023

Il Collegio ha ricordato che l’art. 95, comma 2, consente l’esclusione di un concorrente quando emergano “gravi violazioni non definitivamente accertate” in materia fiscale o contributiva, purché ciò risulti da prove adeguate. Secondo i giudici, l’avviso di accertamento, pur non definitivo, costituisce un atto idoneo a fondare tale valutazione, soprattutto se già confermato da più pronunce di merito.

La decisione del Tar

Il Collegio ha respinto il ricorso, confermando la legittimità dell’operato della stazione appaltante:

  • violazioni fiscali non definitive: l’avviso di accertamento, pur qualificabile come “provocatio ad opponendum”, integra atto rilevante ex allegato II.10, art. 2, lett. a), in quanto esprime una pretesa tributaria compiutamente determinata. La sua conferma nei due gradi di merito lo rende idoneo a fondare un giudizio di inaffidabilità;
  • valore delle certificazioni dell’Agenzia: la certificazione rilasciata dall’Amministrazione finanziaria non ha carattere vincolante, costituendo mero atto istruttorio interno al procedimento. La stazione appaltante può, pertanto, fondare la propria decisione su ulteriori elementi (quali un avviso di accertamento confermato in giudizio), anche in presenza di certificazione di segno opposto rilasciata successivamente;
  • differenza con il Durc: a differenza della regolarità contributiva, che può essere verificata esclusivamente tramite il Durc, avente efficacia vincolante e insindacabile, la certificazione fiscale non produce effetti automaticamente escludenti, ma lascia margini di valutazione alla stazione appaltante;
  • obbligo dichiarativo e principio di autoresponsabilità: la mancata comunicazione da parte dell’operatore economico dell’avviso di accertamento integra un’omissione rilevante ai fini del giudizio di integrità, in linea con il principio di autoresponsabilità, secondo cui l’impresa risponde delle dichiarazioni rese o omesse nella fase di gara.
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