Secondo la disciplina del pubblico impiego alla qualifica dirigenziale corrisponde l’attitudine professionale all’assunzione di incarichi di qualsiasi tipo
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26331 del 9 ottobre 2024,(20241027_225430702_iOS) ha chiarito che, nel pubblico impiego, la qualifica dirigenziale implica la capacità professionale di assumere incarichi di qualsiasi tipo, senza un diritto all’assegnazione di incarichi specifici o equivalenti a quelli precedentemente ricoperti. Pertanto, non si applica ai dirigenti la regola dello jus variandi dell’articolo 2103 del codice civile, che tutela il diritto del lavoratore a svolgere mansioni equivalenti.
Il caso giudicato riguarda un dirigente dell’Agenzia delle Entrate, che aveva ottenuto dal tribunale un risarcimento per demansionamento poiché, in seguito a una riorganizzazione, gli era stato assegnato un incarico di livello inferiore. Tuttavia, la Cassazione ha ribaltato la decisione, ritenendo che il dirigente non ha un diritto soggettivo a mantenere un incarico specifico, ma solo un “interesse legittimo” alla correttezza e buona fede dell’operato della Pubblica Amministrazione. Quest’ultimo può essere tutelato solo se viene provato un pregiudizio causato da una violazione dei principi costituzionali di imparzialità, efficienza e buon andamento (art. 97 Cost.).
Infine, la Cassazione ha ribadito che il conferimento di incarichi diversi o la mancata assegnazione di incarichi equivalenti non configura automaticamente un danno risarcibile.