tratto da biblus.acca.it

La sentenza n. 422/2025 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana affronta l’inquadramento giuridico di un intervento di demolizione e ricostruzione effettuato su un terreno diverso da quello originario. Il tema riguarda l’applicazione dell’art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. 380/2001, come modificato dal D.L. 76/2020, e i limiti del concetto di sedime.

Il caso

Nel caso in esame, i ricorrenti chiedevano il rilascio di un permesso di costruire ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. 380/2001. L’intervento proposto prevedeva la demolizione di un fabbricato esistente su un primo terreno e la sua ricostruzione, con traslazione della volumetria, su un secondo fondo distinto sia catastalmente che fisicamente.

Il responsabile del procedimento ha espresso parere negativo e, successivamente, sono state adottate tre determinazioni dirigenziali sfavorevoli. I proprietari hanno quindi presentato ricorso al TAR Sicilia, che ha rigettato le loro richieste.

A quel punto, gli interessati hanno proposto appello al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, chiedendo la riforma della sentenza. Secondo loro, l’intervento proposto rientrava pienamente nella nozione di “ristrutturazione edilizia”, così come aggiornata dal D.L. 76/2020, convertito nella Legge 120/2020. In base alla normativa vigente, infatti, rientrano nella ristrutturazione anche gli interventi di demolizione e ricostruzione che comportano modifiche alla sagoma, al sedime, ai prospetti e alle caratteristiche planivolumetriche dell’edificio originario, senza che sia più richiesta una continuità rigida con la struttura preesistente.

I ricorrenti hanno inoltre evidenziato che la distanza tra i due fondi – quello di demolizione e quello di ricostruzione – rispetta i limiti previsti dal regolamento comunale in materia di cessione di cubatura.

La Regione Siciliana, da parte sua, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello nella parte riguardante i pareri resi da A.R.T.A. e dall’Ufficio Legislativo e Legale della Regione, in quanto atti endoprocedimentali e non vincolanti.

Il CGARS ha ribaltato la decisione del T.A.R., accogliendo integralmente l’appello e riformando la sentenza impugnata. L’analisi giuridica si è focalizzata sull’evoluzione della nozione di ristrutturazione edilizia contenuta all’art. 3, comma 1, lett. d), D.P.R. 380/2001.

Come è cambiata la nozione di ristrutturazione edilizia dopo la riforma del 2020 e quali effetti ha avuto sul concetto di sedime?

La giurisprudenza più risalente legava la ristrutturazione edilizia a una forte continuità tra l’edificio demolito e quello ricostruito, con rispetto di volumetria, sedime, sagoma e altezza. Qualora tali parametri non fossero mantenuti, l’intervento si configurava come “nuova costruzione”.

Tale orientamento è stato superato dalla riforma introdotta nel 2020, che consente demolizioni e ricostruzioni con caratteristiche differenti, inclusa la possibilità di costruire su un diverso sedime.

Il Consiglio ha affermato che il nuovo testo normativo non specifica limiti al concetto di “sedime”. Pertanto, la ricostruzione può avvenire anche su un lotto diverso rispetto a quello originario, purché siano rispettate le capacità edificatorie della nuova area e le condizioni eventualmente previste dai regolamenti urbanistici locali.

Nel caso di specie, le due aree (di decollo e di atterraggio) erano entrambe classificate come zona B/3, e distanti tra loro meno di 1.500 metri, in conformità all’art. 3.3 del Regolamento comunale. Ne consegue la legittimità della traslazione volumetrica e, quindi, la compatibilità urbanistica dell’intervento.

I pareri resi nel corso del procedimento amministrativo possono essere impugnati autonomamente?

Il Consiglio ha infine chiarito che i pareri negativi dell’ARTA e dell’Ufficio Legislativo e Legale della Regione sono atti non vincolanti e interni al procedimento, quindi non autonomamente impugnabili.

Alla luce della nuova configurazione normativa e in assenza di limiti espressi al concetto di sedime, il CGARS ha accolto l’appello e annullato gli atti amministrativi impugnati.

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