tratto da neopa.it - a cura di Luca Di Donna

Come noto, in sede di conversione del D.L. n. 25/2025, è stata introdotta una norma che consente a Comuni, Città metropolitane e Province di incrementare (già a decorrere dall’anno 2025) l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al finanziamento del salario accessorio del personale non dirigente in deroga al limite di spesa di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.

È ormai risaputo, però, che non tutti gli enti potranno avvalersi di questa facoltà, poiché la norma subordina la legittimità del suddetto incremento al rispetto di una serie di condizioni di virtuosità finanziaria, tra cui la salvaguardia dell’equilibrio pluriennale di bilancio (asseverata dall’organo di revisione) e la sostenibilità finanziaria dei connessi costi rispetto agli equilibri di finanza pubblica.

Inoltre, a differenza di quanto previsto per il personale dello Stato, le eventuali maggiori risorse disponibili saranno interamente a carico dei bilanci delle singole amministrazioni locali (senza alcuna forma di cofinanziamento statale).

Dunque, solo le amministrazioni in equilibrio e con bilanci solidi potranno effettivamente beneficiare della rimozione del tetto di spesa.

La norma fissa poi anche un limite massimo al possibile aumento del salario accessorio, stabilendo che l’ammontare delle risorse stabili del Fondo (cioè quelle aventi carattere di certezza, stabilità e continuità), sommate agli importi previsti per la remunerazione delle Elevate Qualificazioni, non possa in ogni caso superare il 48% della spesa complessiva sostenuta nel 2023 per gli stipendi tabellari del personale non dirigenziale.

E qui sorgono i primi dubbi applicativi.
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