Il Consiglio di Stato nella sentenza n. 7271/2025 affronta la contestata abusività di opere realizzate all’interno di un centro sportivo: la sostituzione di un campo da tennis con campi da padel, con annessa platea in conglomerato cementizio e strutture accessorie. La questione ha coinvolto non solo il profilo probatorio (sull’effettiva presenza di una platea in calcestruzzo) ma anche il quadro normativo, in particolare alla luce delle più recenti disposizioni introdotte dal D.L. 69/2024, che hanno previsto semplificazioni edilizie per la realizzazione di impianti sportivi leggeri, come i campi da padel, senza opere permanenti.
Il caso
La società proprietaria di un complesso sportivo (appellante) ha impugnato, innanzi al TAR e poi in appello al Consiglio di Stato, un provvedimento dirigenziale comunale (ordinanza n. 19/A del 10 febbraio 2023) con il quale il Comune aveva ordinato la demolizione di alcune opere ritenute abusive:
- una platea in calcestruzzo di circa 726 m2 con tre campi da padel/tennis;
- un manufatto in legno adibito a ufficio (12 m2);
- due manufatti in legno adibiti a spogliatoi (12 e 21 m2).
Il T.A.R. ha respinto il ricorso della società contro l’ordinanza del Comune che disponeva la demolizione di alcune opere ritenute abusive all’interno del complesso sportivo di sua proprietà.
Secondo la società, le opere erano compatibili con la destinazione urbanistica dell’area. Inoltre, aveva chiarito che i due spogliatoi erano stati realizzati e poi rimossi dalla società conduttrice, mentre per l’altro manufatto era pendente una domanda di condono. Quanto alla platea, sosteneva fosse legittimata da precedenti autorizzazioni edilizie.
Il T.A.R. ha ritenuto che i manufatti in legno fossero da considerarsi abusivi e che la platea realizzata integrasse una vera e propria nuova costruzione. Di conseguenza, secondo i giudici di primo grado, l’intervento non poteva essere ricondotto all’edilizia libera e necessitava del preventivo permesso di costruire. Sulla base di tali valutazioni, è stata respinta anche la domanda di risarcimento danni avanzata dalla società.
Contro questa decisione, la società ha proposto appello, articolando tre censure principali. In primo luogo, ha lamentato che il T.A.R. non avesse tenuto conto della documentazione prodotta – tra cui una domanda di condono del 1993, un’autorizzazione edilizia del 2001 e il relativo collaudo del 2002 – che, a suo avviso, dimostrerebbe la legittimità della platea e dei campi da padel. In secondo luogo, ha contestato la mancata considerazione della conformità urbanistica degli interventi rispetto al Piano Regolatore Generale, il quale ammette anche iniziative private destinate a finalità sportive di interesse pubblico. Infine, la società ha sostenuto di non poter essere ritenuta responsabile per i manufatti in legno, in quanto tali strutture sarebbero state realizzate e successivamente rimosse dalla conduttrice dell’impianto.
L’appello è stato ritenuto parzialmente fondato.
Consiglio di Stato: la trasformazione di un campo da tennis autorizzato in campo da padel, senza nuove opere in calcestruzzo, è mera sostituzione e non costituisce nuova costruzione né richiede permesso di costruire o autorizzazione paesaggistica
Il Consiglio di Stato ha accolto, innanzitutto, la censura con cui la società aveva contestato l’insufficienza degli elementi istruttori utilizzati dal T.A.R. per affermare l’esistenza di una platea in calcestruzzo sotto il campo n. 5, trasformato da campo da tennis in campo da padel. Secondo il Collegio, da un lato mancavano prove concrete da parte della Pubblica Amministrazione, dall’altro non era stata adeguatamente considerata la documentazione prodotta dalla ricorrente.
L’ordinanza comunale di demolizione si fondava infatti su un rapporto della Polizia Locale del dicembre 2022, che menzionava la presenza di una platea in cls di circa 726 m2. Tuttavia, quel rapporto non specificava con quali modalità fosse stato svolto l’accertamento (rilievi tecnici, fotografie, prelievi, documenti acquisiti), risultando quindi privo di valore probatorio sufficiente.
Diversamente, la società aveva presentato atti rilevanti, come l’autorizzazione edilizia del 2001 e il collaudo del 2002, che descrivevano solo il rifacimento del manto superficiale dei campi e il passaggio del campo n. 5 a fondo sintetico, senza alcun riferimento alla creazione di platee in calcestruzzo. Inoltre, i carotaggi eseguiti nel 2024 avevano escluso la presenza di cls sotto il campo contestato.
Il Consiglio ha ritenuto ammissibili tali carotaggi, pur depositati solo in appello, in quanto documenti indispensabili: prove dotate di efficacia dimostrativa decisiva, tali da consentire un accertamento della verità materiale. Le affermazioni di terzi contenute in precedenti CILA, che parlavano genericamente di “massetto in cls”, non sono state considerate idonee a contrastare l’esito degli accertamenti tecnici.
In conclusione, il Collegio ha stabilito che, in assenza di nuove opere in calcestruzzo, la trasformazione di un campo da tennis già autorizzato in un campo da padel non integra una nuova costruzione, ma costituisce un intervento di mera sostituzione che non richiede né permesso di costruire né autorizzazione paesaggistica. Di conseguenza, l’appello è stato accolto nella parte relativa alla demolizione della presunta platea e dei campi da padel.
Sono state invece respinte le ulteriori censure:
- per i due casotti in legno realizzati dalla conduttrice, la proprietà mantiene la responsabilità e l’obbligo di rimozione, salvo rivalsa;
- per il terzo casotto, la stessa società aveva presentato domanda di condono, implicitamente riconoscendo l’abusività del manufatto. Poiché tale condono era stato rigettato, l’ordinanza comunale di demolizione è rimasta legittima su questo punto.
Il Consiglio di Stato ha quindi parzialmente accolto l’appello, annullando l’ordinanza comunale di demolizione limitatamente alla presunta platea e ai campi da padel, e confermandola invece per quanto riguarda i manufatti in legno.