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tratto da La Gazzetta degli Enti Locali

 

Il lupo cambia il pelo ma non il vizio. Legge Delrio 56/2014: modificato il regime di incandidabilità dei sindaci dei comuni con popolazione da 5.000 a 15.000 abitanti. Continua la tradizione delle leggi ad personam?

di A. Fedele Bellacosa Marotti

Avvocato in Bari

L’art. 1, comma 139, della legge 7.4.2014, n. 56 (in rubrica”Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”) pubblicata sulla G.U. n.81 del 7. 4.2014, ha previsto la seguente modifica “all’articolo 13, comma 3, primo periodo, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 14 le parole: «5.000 abitanti» sono sostituite dalle seguenti: «15.000 abitanti»”.

La norma emendata prevedeva: “fermo restando quanto previsto dalla legge 20 luglio 2004, n.215, e successive modificazioni, le cariche di deputato e di senatore, nonché le cariche di governo di cui all’articolo 1, comma 2, della citata legge n. 215 del 2004, sono incompatibili con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 5.000 abitanti, fermo restando quanto previsto dall’articolo 62 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Le incompatibilità di cui al primo periodo si applicano a decorrere dalla data di indizione delle elezioni relative alla prima legislatura parlamentare successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto. A decorrere dalla data di indizione delle relative elezioni successive alla data di entrata in vigore del presente decreto, le incompatibilità di cui al primo periodo si applicano, altresì, alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all’Italia, fermo restando quanto previsto dall’articolo 6, commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto, della legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni. Resta fermo in ogni caso il divieto di cumulo con ogni altro emolumento; fino al momento dell’esercizio dell’opzione, non spetta alcun trattamento per la carica sopraggiunta”.

Il preesistente regime di incompatibilità era stato adottato per dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277/2011 (confermata dalla successiva n. 120/2013) che si era espressa per la illegittimità delle norme di riferimento laddove non prevedevano la incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti.

Avverso il citato comma 3, oggi modificato dal c.d. “d.d.l. Delrio”, sono insorti i sindaci, già eletti alle elezioni comunali del maggio 2011 in comuni superiori ai 5.000 abitanti, che si erano ugualmente candidati parlamentari alle elezioni politiche del 2013, benché chiaramente incompatibili.

Questi Parlamentari avevano (dal governo Letta) ottenuto una prima modifica della norma sulla loro incompatibilità, introdotta art. 29-bis del d.l. 21.7.2013, n. 69, adottato in sede di conversione dall’art. 1, comma 1, della legge 9.8.2013, n. 98, pubblicata in g.u. 20.8.2013 n. 194 ed entrata in vigore il giorno successivo.

Quest’ultimo emendamento, (in rubrica: disposizioni transitorie in materia di incompatibilità di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto-legge 13.8.2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14.9.2011, n. 148) ha previsto: “le disposizioni di cui all’articolo 13, comma 3, primo periodo, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, non si applicano alle cariche elettive di natura monocratica relative ad organi di governo di enti pubblici territoriali con popolazione tra 5.000 e 20.000 abitanti, le cui elezioni sono state svolte prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto”.

I parlamentari sindaci dei piccoli centri destinati alla decadenza dopo le elezioni e la proclamazione degli eletti al parlamento hanno così ottenuto una “norma transitoria”, che proprio transitoria non è, siccome adottata a distanza di tempo dalla introduzione del regime di incompatibilità e con riferimento ad un effetto giuridico di un fatto giuridico già compiuto all’atto della introduzione della norma di salvezza.

L’ambiguità di un Legislatore che intendeva evitare di far apparire una legge ad personam come tale ha così prodotto notevoli dubbi interpretativi.

Si è discusso in sede ministeriale del carattere retroattivo o meno della norma; ed in giurisprudenza. Favorevole alla retroattività si è espresso il Tribunale di Foggia, con ordinanza sez. I Civile, n. 3102/13 (r.g. 3111/13) del 6 dicembre 2013, depositata in data 10 dicembre 2013; contrario alla retroattività della disposizione transitoria il TAR Puglia, sez. II, con ordinanza n. 656/2013, dep. il 15.11.2013.

A conferma di quell’orientamento di favore la norma del c.d. d.d.l. Delrio introduce un nuovo regime (o meglio reintroduce il precedente) che cassa definitivamente la incompatibilità dei sindaci dei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, a vantaggio dei parlamentari che potranno avvalersene già alla prossime elezioni amministrative.

A prescindere dai rilievi costituzionali, rilevanti per i precedenti descritti, questa specifica riforma non è propria edificabile perché dimostra la instabilità della legislazione laddove vengano in considerazioni gli interessi dei parlamentari; evidenzia la fragilità della classe politica dirigente così facilmente condizionabile anche da un pugno di parlamentari; dimostra la incoerenza di una legislazione che giustamente spiega lotta ai potentati con un regime di incompatibilità severissimo (medici primari e presidi ineleggibili alla carica di amministratore comunale, sindaco, assessore e presiedente del consiglio, per effetto del d.lgs. 39/2013) ma per calcoli politici è disposta a cedere a compromessi lesivi della integrità del sistema giuridico.

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