Questa una rielaborazione sintetica:
La sentenza n. 267/2025 del Consiglio di Stato stabilisce che è legittima la richiesta di un Comune ai dirigenti di comunicare i dati relativi alla loro situazione patrimoniale e reddituale, precisando che la sentenza n. 20/2019 della Corte Costituzionale vieta solo la pubblicazione generalizzata di tali dati, ma non la loro comunicazione interna.
Le censure del sindacato:
Un sindacato regionale dei dirigenti aveva contestato la nota del Comune, sostenendo che:
•L’obbligo di comunicazione, senza una sanzione specifica, è illogico.
•La detenzione dei dati da parte del Comune potrebbe equivalere a una pubblicazione indiretta, data la possibilità di richieste di accesso generalizzato (art. 5, comma 2, del Dlgs 33/2013).
•Ciò potrebbe violare il diritto alla riservatezza dei dirigenti.
Decisione del Consiglio di Stato:
La quinta sezione ha respinto tutti i motivi di appello, ribadendo che:
1.Obbligo di comunicazione: La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 20/2019, ha escluso la pubblicazione generalizzata per tutti i dirigenti, ma non l’obbligo di comunicare i dati patrimoniali e reddituali, previsto dagli articoli 14, comma 1-ter, del Dlgs 33/2013, e 13, comma 3, del Dpr 62/2013.
2.Finalità normativa: La comunicazione dei dati, inclusi redditi da altre amministrazioni o privati, è funzionale al contrasto della corruzione.
3.Accesso civico: Non sussiste un rischio di pubblicazione indiretta tramite accesso generalizzato, poiché l’art. 5-bis, comma 3, del Dlgs 33/2013 esclude l’accesso nei casi di legge.
Conclusione:
Il Consiglio di Stato conferma la legittimità della richiesta di comunicazione dei dati patrimoniali e reddituali da parte del Comune, distinguendo tra obbligo di comunicazione (che resta valido) e obbligo di pubblicazione (limitato dalla sentenza della Corte Costituzionale).