Tratto da: Lavori Pubblici
Autori: Gianluca Oreto, Nunzio Santoro
È possibile sanare un abuso edilizio su un immobile realizzato a pochi metri dal mare? La legge regionale può escludere il condono in presenza di vincoli anche se questi non sono recepiti nei piani urbanistici comunali? E cosa ne è del legittimo affidamento di chi ha confidato nella possibilità di regolarizzare un’opera?
A queste domande ha risposto la Corte Costituzionale con la sentenza n. 72/2025, intervenendo su un tema cruciale per l’ordinamento edilizio siciliano: la tutela della fascia costiera come limite invalicabile all’edificazione, anche in sede di condono.
Prima di entrare nel merito dei contenuti della pronuncia della Corte Costituzionale, occorre premettere che la tutela del patrimonio costiero siciliano ha rappresentato, negli ultimi decenni, uno dei nodi più controversi del diritto urbanistico regionale. Al centro del dibattito si colloca il vincolo di inedificabilità assoluta entro 150 metri dalla battigia (LR. 78/76 art. 15), la cui efficacia temporale e soggettiva è stata oggetto di una recente e significativa pronuncia della Corte Costituzionale. L’analisi comparata delle diverse ordinanze del CGARS avente tutte lo stesso oggetto e tenore e della sentenza n. 72/2025 della Consulta offre uno spaccato emblematico delle tensioni tra tutela ambientale, affidamento dei privati, governo del Territorio e certezza del diritto.
La disciplina del vincolo costiero siciliano si articola attraverso tre momenti normativi fondamentali:
- la Legge Regionale n. 78/1976 introdusse all’art. 15, lett. a) l’obbligo per i comuni di inserire nei propri strumenti urbanistici il divieto di costruire entro 150 metri dalla battigia. Il testo normativo, secondo la ricostruzione del CGARS, appariva chiaramente rivolto agli enti locali (“ai fini della formazione degli strumenti urbanistici”), configurando un’efficacia mediata attraverso la pianificazione comunale.
- la Legge Regionale n. 37/1985 recepì il primo condono edilizio nazionale (Legge n. 47/1985), introducendo però specifiche esclusioni per le costruzioni violative dell’art. 15 della L.R. n. 78/1976. Tale previsione sollevava già interrogativi sulla reale operatività del vincolo nei confronti dei privati al momento della sua introduzione.
- la Legge Regionale n. 15/1991 rappresenta il punto di svolta della vicenda. L’art. 2, comma 3, sotto la formula dell’«interpretazione autentica», stabilì l’efficacia diretta del divieto nei confronti dei privati con efficacia retroattiva al 1976, superando così ogni dubbio interpretativo sulla portata soggettiva del vincolo.
La sentenza della Corte si inserisce in un quadro normativo da tempo caratterizzato da tensioni tra diversi livelli di governo e tra esigenze di tutela paesaggistica e aspettative di regolarizzazione edilizia. In particolare, al centro della vicenda vi è il vincolo di inedificabilità assoluta entro 150 metri dalla linea di battigia, introdotto in Sicilia con l’art. 15 della L.R. n. 78/1976. Per decenni, tale vincolo è stato applicato in modo disomogeneo, anche a causa della mancata approvazione dei piani paesaggistici comunali e della diffusa presenza di abusi edilizi.
Per colmare questo vuoto, l’art. 2, comma 3, della L.R. n. 15/1991 ha previsto che il vincolo in questione avesse efficacia diretta e immediata, prevalente anche sugli strumenti urbanistici locali. In combinazione con le modifiche regionali agli artt. 32 e 33 della Legge n. 47/1985, questa disposizione ha di fatto escluso la sanabilità delle opere abusive realizzate in quella fascia costiera, anche se teoricamente condonabili secondo i criteri della normativa nazionale sul secondo condono.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (CGARS) ha quindi sollevato questione di legittimità costituzionale, contestando la retroattività della norma regionale e il suo impatto su principi fondamentali come eguaglianza, tutela della proprietà, riserva statale in materia di principi fondamentali e legittimo affidamento.
La Corte ha rigettato le questioni, ribadendo due principi fondamentali:
- il vincolo costiero è espressione legittima della potestà legislativa regionale in materia di governo del territorio;
- non esiste affidamento giuridicamente tutelabile in caso di abuso, anche se le norme statali sul condono sembrano più permissive.
Il vincolo – già vigente dal 1976 – è stato reso efficace senza introdurre retroattività impropria. È il quadro normativo che viene reso coerente, non sovvertito. La sanatoria non è un diritto, ma un’eccezione subordinata alla compatibilità con vincoli ambientali.
La Corte Costituzionale ha, dunque, cristallizzato un principio operativo chiaro: il limite dei 150 metri è inderogabile. Nessuna legge urbanistica può eluderlo, nessuna istanza di condono può aggirarlo.
Non si tratta solo di un vincolo formale, ma della tutela di un bene collettivo. Il paesaggio costiero – bene ambientale primario – prevale su ogni pretesa individuale. Le deroghe “di comodo”, spesso invocate per legittimare l’esistente, non reggono più al vaglio costituzionale.
Con la sentenza n. 72/2025 della Corte Costituzionale:
- il vincolo dei 150 metri dalla battigia assume piena efficacia diretta, anche in assenza di recepimento negli strumenti urbanistici locali;
- non è più possibile sanare opere abusive realizzate in quella fascia, dopo il 1976, nemmeno invocando il primo condono edilizio (Legge n. 47/1985);
- l’assenza di strumenti urbanistici comunali non costituisce più un alibi per giustificare l’accesso al condono.
- il principio del legittimo affidamento viene ridimensionato: chi costruisce abusivamente in area vincolata non può vantare alcuna aspettativa giuridicamente tutelabile;
- per tecnici e progettisti, diventa imprescindibile la verifica preventiva dei vincoli paesaggistici e ambientali esistenti, a prescindere dalla presenza di un piano urbanistico formale;
- gli uffici comunali devono considerare immediatamente applicabile il vincolo paesaggistico nella fascia costiera, senza necessità di ulteriori strumenti attuativi.
Il nuovo intervento della Corte Costituzionale mette finalmente la parola fine a una vicenda giuridica e amministrativa che si trascinava da oltre trent’anni. L’incertezza sull’efficacia dei vincoli di inedificabilità nella fascia costiera – spesso oggetto di interpretazioni difformi e applicazioni incoerenti – trova ora un chiarimento definitivo: entro i 150 metri dalla battigia non si costruisce e non si condona.
La Corte ribadisce che i vincoli ambientali non possono essere aggirati né con strumenti urbanistici locali né con scorciatoie legislative. Nessun affidamento può essere riconosciuto a chi ha realizzato un intervento abusivo in un’area soggetta a tutela paesaggistica. Il paesaggio costiero non è un terreno di conquista per sanatorie retroattive, ma un bene primario da preservare secondo i principi costituzionali.
Per i tecnici, la pronuncia impone un cambio di prospettiva: la valutazione dello stato legittimo non può prescindere dalla conoscenza del quadro vincolistico. Il rispetto della disciplina edilizia non si esaurisce nella verifica dei titoli, ma deve estendersi alla compatibilità territoriale, ambientale e paesaggistica.
Una sentenza netta, che restituisce coerenza al sistema normativo e chiude una lunga stagione di ambiguità applicative. Da oggi, almeno su questo punto, non ci sono più margini per interpretazioni alternative.
L’epilogo della vicenda conferma l’orientamento della giurisprudenza costituzionale verso una lettura sostanzialista delle norme di tutela ambientale, dove la continuità della protezione prevale sulle aspettative individuali maturate in contesti normativi ambigui. Tale approccio, se da un lato garantisce la tenuta del sistema di tutele, dall’altro evidenzia l’importanza di una redazione normativa chiara e inequivocabile, al fine di evitare che l’incertezza interpretativa si traduca in contenziosi prolungati e aspettative deluse.
La palla passa alla politica cui compete, nell’ambito legislativo, il dovere della chiarezza normativa, che rappresenta un presupposto imprescindibile per la certezza del diritto e la tutela dell’affidamento legittimo dei cittadini. Un principio chiaro, che ora dovrà riflettersi coerentemente nelle prassi comunali di rilascio, controllo e diniego dei titoli edilizi