Il rapporto tra politica e dirigenza è uno dei nodi più delicati – e meno discussi – della Pubblica Amministrazione. Da questo equilibrio dipendono la qualità delle decisioni, la credibilità delle istituzioni e la capacità della PA di cambiare davvero.
In questo articolo esploro come un dirigente può dialogare con il vertice politico senza perdere autonomia, e come la politica, a sua volta, può rendere possibile un cambiamento stabile, coerente e orientato al valore pubblico.
Due ruoli diversi, un’unica responsabilità: far funzionare il Paese.
Se nella prima parte mi sono concentrato sul ruolo dei dirigenti, è arrivato il momento di guardare dall’altra parte del tavolo.
Perché il dialogo tra politica e amministrazione non funziona mai “a senso unico”.
C’è un aspetto che spesso evitiamo di dire ad alta voce: senza un vertice politico consapevole, nessuna riforma, nessun piano strategico, nessun progetto di cambiamento ha la possibilità reale di durare.
Non perché la politica debba “fare tutto”, ma perché è la politica che dà la direzione, stabilisce le priorità, difende le scelte.
E la qualità del cambiamento nella PA dipende moltissimo da come i decisori politici interpretano il loro ruolo.
1. La politica come generatore di senso
Una direzione.
Un “perché”.
Il dirigente può organizzare processi, disegnare modelli, tradurre obiettivi.
Ma non può – e non deve – sostituirsi alla visione politica.
Gli amministratori locali che riescono davvero a far crescere la loro organizzazione sono quelli che indicano con chiarezza:
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cosa vogliono ottenere,
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per chi lo stanno facendo,
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e perché è importante farlo ora.
Quando la politica definisce il “senso”, l’amministrazione trova la rotta.
2. La politica che ascolta i dati (e non solo gli umori)
L’intuito è importante.
Il consenso anche.
Ma nel 2025 non si può governare ignorando ciò che i dati ci dicono.
Nelle esperienze internazionali più avanzate (Finlandia, Portogallo, Nuova Zelanda) c’è un tratto comune:
la politica non rinuncia alla propria discrezionalità, ma la esercita poggiandosi su evidenze solide.
Questo non significa tecnicizzare la politica.
Significa darle strumenti migliori.
Nel nostro Paese, troppo spesso, i dossier tecnici arrivano tardi o arrivano “filtrati” dai vincoli normativi.
Dovremmo invece costruire una cultura in cui la politica chiede ai dirigenti:
“Cosa dicono i dati? Qual è l’opzione più sostenibile?”
Un cambiamento così semplice, in realtà cambia tutto.
3. Dare stabilità: il vero ossigeno delle amministrazioni
C’è un’illusione diffusa: cambiare continuamente dirigenti, assetti, strutture sia un segno di dinamismo.
In realtà è l’esatto opposto.
La PA cresce quando può contare su una dirigenza stabile, valutata, responsabilizzata.
Non quando si riparte da zero ad ogni ciclo politico.
Il compito della politica, se vuole davvero cambiare la macchina amministrativa, è duplice:
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scegliere obiettivi chiari,
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creare le condizioni affinché i dirigenti possano raggiungerli, senza paura di essere sostituiti per un cambio di vento.
Stabilità non significa immobilismo.
Significa permettere alle amministrazioni di costruire davvero, non solo di sopravvivere.
4. L’esempio che educa più di qualsiasi norma
Le amministrazioni – come tutte le organizzazioni – osservano e imitano.
Quando il vertice politico:
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rispetta i tempi,
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condivide scelte impopolari,
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parla la lingua degli obiettivi,
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riconosce le professionalità,
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difende il lavoro fatto bene,
l’intera struttura cambia atteggiamento.
La leadership politica, come quella amministrativa, è prima di tutto un fatto culturale.
5. Il patto possibile
Dirigenza e politica non sono due mondi in competizione.
Sono due componenti dello stesso sistema.
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La politica dice dove andare.
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L’amministrazione dice come arrivarci.
Quando questo patto funziona, i cittadini percepiscono un servizio migliore.
Quando si rompe, la PA si blocca in un limbo di norme, pareri, attese e silenzi operativi.
È un patto possibile, ma richiede maturità reciproca.
📌Una domanda, questa volta per la politica
Se nella prima parte ho posto una domanda ai dirigenti, oggi voglio lasciarne una ai decisori politici:
Sto chiedendo alla mia amministrazione di raggiungere obiettivi chiari, misurabili e sostenibili… o sto chiedendo adempimenti?
La differenza tra un’amministrazione viva e una amministrazione bloccata sta spesso tutta qui.

