Tratto da: Lavori Pubblici
Quando una clausola del bando può definirsi davvero “immediatamente escludente”? È sufficiente che un operatore la ritenga sproporzionata o occorre verificare in concreto la sua incidenza sulla possibilità di presentare un’offerta? E che valore assume la partecipazione effettiva alla gara, anche da parte dello stesso ricorrente, nel giudizio sull’ammissibilità del ricorso?
A fornire chiarimenti sulla natura immediatamente escludente delle clausole di gara e sulla loro impugnabilità è il TAR Campania con la sentenza del 22 agosto 2025, n. 5957, sul ricorso proposto contro una SA che aveva indetto una procedura per l’affidamento triennale di servizi di logistica.
Il consorzio ricorrente, attuale gestore del servizio, ha impugnato bando, disciplinare e capitolato, sostenendo che la stima dei costi della manodopera fosse sottodimensionata e che ciò determinasse l’impossibilità di formulare un’offerta sostenibile. La clausola sarebbe stata quindi da considerarsi “immediatamente escludente” e, come tale, oggetto di ricorso già in fase di pubblicazione del bando.
Una tesi che però non ha convinto i giudici che hanno ritenuto inammissibile il ricorso sulla base di coordinate giurisprudenziali ben definite in numerose pronunce.
Sul punto il TAR ha richiamato la giurisprudenza consolidata secondo cui le clausole del bando devono essere impugnate subito solo quando hanno natura immediatamente escludente, ossia quando pongono requisiti tali da impedire, in modo diretto e attuale, la partecipazione alla gara.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 1/2003 e n. 4/2018) ha chiarito che rientrano in questa categoria, a titolo esemplificativo:
- clausole che impongono oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati rispetto all’oggetto della gara;
- regole che rendono la partecipazione incongruamente difficoltosa o impossibile;
- disposizioni abnormi o irragionevoli che rendono impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica o che prevedono abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione delle offerte;
- condizioni negoziali che rendono il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso o obiettivamente non conveniente;
- clausole che impongono obblighi contra ius, cioè contrari all’ordinamento;
- bandi con gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta, o con formule matematiche del tutto errate;
- atti di gara privi dell’indicazione dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso.
Si tratta di ipotesi circoscritte, che rendono la partecipazione oggettivamente impossibile o insostenibile.
Secondo il Collegio, le clausole del bando vanno impugnate subito solo quando presentano un effetto impeditivo certo e insuperabile, ossia quando impediscono oggettivamente la partecipazione alla gara.
Diversamente, quando la clausola contestata non integra un vero ostacolo, si applica la regola generale: l’impugnazione può essere proposta solo con l’atto che concretamente lede l’interesse dell’operatore (tipicamente, l’aggiudicazione o l’eventuale esclusione).
Nel caso esaminato, la partecipazione di otto operatori economici – incluso lo stesso ricorrente – dimostra che la clausola sul costo della manodopera non aveva natura escludente. L’eventuale sottostima rileverà, semmai, nella fase successiva e potrà essere fatta valere solo unitamente all’impugnazione del provvedimento conclusivo.
Il TAR Campania ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso, confermando che la clausola sul costo della manodopera non era immediatamente escludente.
Dal punto di vista operativo, la sentenza ribadisce un principio di equilibrio tra certezza delle regole di gara e tutela giurisdizionale:
- le clausole immediatamente escludenti richiedono ricorso immediato, ma solo se presentano un ostacolo insuperabile e obiettivo alla partecipazione;
- le clausole “controverse” ma non ostative possono essere contestate solo con l’impugnazione del provvedimento finale, evitando un eccesso di contenzioso preventivo;
- la partecipazione di un operatore alla gara è la prova concreta che la clausola non era tale da impedirne l’accesso.
La pronuncia si colloca così nel solco tracciato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e rafforza un principio cardine: non basta percepire una clausola come onerosa, occorre dimostrare che essa abbia reso oggettivamente impossibile la partecipazione. Solo in quel caso l’impugnazione immediata è ammissibile.