tratto da biblus.acca.it

Il Consiglio di Stato interviene sulla titolarità del permesso di costruire in caso di trasferimenti immobiliari e coeredità.

La sentenza 3498/2025 del Consiglio di Stato riconferma che il permesso di costruire può essere richiesto solo dal legittimo proprietario dell’immobile o da chi abbia titolo per farlo, come stabilito dall’art. 11 del D.P.R. 380/2001. Nel caso in cui il contratto di trasferimento del bene sia dichiarato nullo, il soggetto che abbia acquistato l’immobile senza il titolo legittimo non può richiedere il permesso di costruire.

La vicenda in esame ruota attorno ad un permesso di costruire, concesso su istanza presentata il 25 ottobre 2021 da una società per un intervento di ristrutturazione e cambio di destinazione d’uso da residenziale a commerciale su un immobile allo stato rustico, ubicato al piano terra di un edificio.

La proprietà dell’immobile oggetto del permesso risulta controversa, poiché deriva da una catena di trasferimenti immobiliari in parte dichiarati nulli con sentenze passate in giudicato:

  • l’immobile era stato originariamente trasferito con atto del 21 gennaio 2010, dalla proprietaria originaria in favore della nipote. Tuttavia, è emerso che tale atto era viziato da circonvenzione d’incapace, come accertato dal Tribunale Penale, e in seguito dichiarato nullo dal Tribunale Ordinario con sentenza n. 478/2020;
  • la nipote, divenuta proprietaria in base a tale atto, aveva poi ceduto porzioni dell’immobile ad altri soggetti, tra cui l’attuale appellante.

A seguito della dichiarazione di nullità dell’atto del 2010, l’immobile è ritornato nell’asse ereditario della ricorrente originaria, rendendo inefficaci i trasferimenti successivi, incluso quello in favore dell’attuale titolare del permesso di costruire.

La ricorrente originaria ha impugnato il permesso di costruire davanti al Tar, ritenendolo illegittimo poiché rilasciato a soggetto non proprietario dell’immobile, dato che il titolo di acquisto era stato travolto dalla nullità dichiarata giudizialmente.

Il TAR Puglia, con sentenza n. 381/2023, ha accolto il ricorso dell’odierna appellata, affermando l’illegittimità del permesso edilizio per i seguenti motivi:

  • conoscenza della pendenza giudiziaria: era nota all’odierna appellante la controversia in sede civilistica poiché l’atto di citazione per la nullità era stato trascritto nei registri immobiliari già nel 2012. Inoltre, lo stesso acquirente aveva subordinato il saldo del prezzo all’eliminazione di tale trascrizione;
  • nullità con effetto retroattivo: la sentenza del Tribunale Civile che ha dichiarato nullo l’atto ha natura dichiarativa, pertanto il titolo non ha mai prodotto effetti reali e l’acquirente non aveva titolo valido (è un acquisto “a non domino“);
  • obbligo dell’amministrazione comunale: secondo il TAR, il Comune avrebbe dovuto accorgersi che l’odierno appellante non era legittimato al rilascio del titolo edilizio.

La società titolare del permesso di costruire ha dunque presentato appello al Consiglio di Stato, sollevando un’unica censura: error in procedendo. Secondo l’odierno appellante, il TAR non avrebbe verificato la legittimazione processuale della ricorrente né la correttezza del contraddittorio.

L’appellante sostiene che, a seguito della nullità del contratto, l’immobile sarebbe rientrato nell’asse ereditario e la ricorrente sarebbe solo una dei coeredi, con quota non superiore al 50%. In tale situazione, la decisione sul bene comune spetterebbe alla maggioranza dei coeredi (art. 1105 c.c.), e la ricorrente non avrebbe potuto agire da sola. Inoltre, si contesta che il TAR non abbia disposto la integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri coeredi (cugini della ricorrente).

L’appellante ha quindi chiesto l’annullamento della sentenza, in via principale per inammissibilità del ricorso di primo grado e in via subordinata per improcedibilità, per mancata integrazione del contraddittorio.

Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello, confermando la sentenza del TAR per i seguenti motivi:

  • legittimazione del coerede: il Consiglio di Stato richiama la giurisprudenza civile secondo cui ciascun comproprietario, in quanto titolare di un diritto che, sia pure nei limiti segnati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, investe l’intera cosa comune (e non una sua frazione), è legittimato ad agire o resistere in giudizio per la tutela della stessa nei confronti dei terzi o di un singolo condomino, anche senza il consenso degli altri partecipanti” (Cass. civ., Sez. VI-2, Ordinanza, 28 gennaio 2015, n. 1650).

Pertanto, in caso di più eredi, ciascun coerede è legittimato a tutelare in giudizio il bene comune, anche senza il consenso degli altri coeredi. Dunque, la ricorrente originaria, in quanto coerede della persona che aveva ceduto il bene con un contratto successivamente dichiarato nullo, aveva un interesse legittimo a contestare il permesso edilizio rilasciato all’attuale appellante;

  • natura dichiarativa della nullità: il Consiglio di Stato ribadisce che la sentenza di nullità dei contratti di vendita ha natura dichiarativa e comporta che la richiesta di permesso di costruire da parte dell’acquirente successivo sia stata formulata “a non domino”, cioè da chi non aveva più titolo sull’immobile;
  • titolarità per il permesso di costruire: si richiama l’art. 11 del d.P.R. 380/2001, secondo cui “il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”. Nel caso di specie, tale requisito non era soddisfatto.
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