tratto da biblus.acca.it

La disciplina del contributo di costruzione in caso di mutamento di destinazione d’uso di immobili rurali continua a rappresentare un tema assai dibattuto nella giurisprudenza amministrativa. Il TAR Piemonte, nella sentenza n. 583/2022, aveva stabilito che per gli edifici rurali costruiti antecedentemente alla legge n. 10/1977 non si configura un mutamento urbanisticamente rilevante qualora avvenga la trasformazione in civile abitazione, escludendo quindi l’obbligo del pagamento del contributo. Tuttavia, successivi orientamenti del TAR Lazio (sentenza n. 4370/2024) e del Consiglio di Stato (sentenza n. 7155/2024) hanno sottolineato come l’obbligo di versamento del contributo sia giustificato ogniqualvolta il mutamento comporti un effettivo incremento del carico urbanistico, facendo dipendere la valutazione anche dalla funzione reale svolta dall’immobile prima della modifica. Questi principi evidenziano la necessità di un’attenta valutazione fattuale, caso per caso, della destinazione preesistente e di quella futura, riflettendo un bilanciamento tra tutela urbanistica e interesse economico-amministrativo.

Ma scopriamo insieme  i nuovi ed interessanti chiarimenti che giungono dalla sentenza n. 1424/2025 del Tar Piemonte.

Cambio d’uso da agricolo a civile abitazione senza oneri: è sufficiente la condizione di fabbricato costruito prima della legge Bucalossi del 1977? Quali condizioni e verifiche ulteriori sono necessarie?

La ricorrente del caso analizzato dal Tar Piemonte ha richiesto al Comune di riferimento un permesso di costruire per il mutamento della destinazione d’uso di un fabbricato rurale, originariamente classificato come abitazione rurale, in abitazione civile. L’immobile, insieme a una stalla-tettoia adiacente, entrambi edificati nel 1963 con regolari licenze edilizie rilasciate in favore del padre della ricorrente, era stato ereditato da quest’ultima nel 2014. L’istanza di permesso di costruire è stata presentata a settembre 2021 e, in risposta, il Comune ha subordinato il rilascio del permesso al pagamento di un contributo di costruzione di € 20.411, come previsto da una nota del novembre 2021.

Tale contributo era richiesto in virtù del mutamento di destinazione d’uso, mentre la ricorrente contestava l’obbligo di pagamento, sostenendo che l’intervento dovesse essere considerato esente.

La ricorrente ha impugnato la richiesta del Comune basandosi su un motivo unico, articolato su più violazioni normative, tra cui l’articolo 25 della Legge Urbanistica Regionale (Piemonte) n. 56/1977 e l’articolo 17 del D.P.R. 380/2001. Si sostiene che, in base al principio di gratuità per interventi di edificazione antecedenti alla Legge 10/1977, il mutamento d’uso degli immobili rurali non dovrebbe comportare il pagamento del contributo di costruzione. La ricorrente sostiene che la norma che prevede tale contributo si applica esclusivamente alle residenze rurali costruite dopo il 1997 e solo nel caso in cui cessino di essere funzionali all’attività agricola, mentre nel suo caso l’immobile originariamente godrebbe dell’esenzione prevista, essendo stato edificato con licenza antecedente al 1977.

L’Amministrazione comunale ha replicato contestando la tesi della ricorrente. Ha sottolineato l’importanza urbanistica del mutamento di destinazione d’uso da edificio rurale funzionale all’attività agricola (abitazione dell’imprenditore agricolo) a residenza civile destinata a soggetti non legati all’attività agricola. Secondo il Comune, tale trasformazione comporta un incremento del carico urbanistico, giustificandone l’assoggettamento al contributo di costruzione ai sensi della normativa vigente, compreso l’art. 23 ter del D.P.R. 380/2001 e la L.R. 19/1999.

Tar Piemonte: se l’immobile è stato costruito prima della legge 10/1977 e prima di tale data era destinato dal precedente proprietario all’attività agricola, il cambio d’uso configura un mutamento urbanisticamente rilevante con obbligo di contributo, salvo che prima di tale data la funzione abitativa meramente residenziale fosse già esistente

Il TAR Piemonte ha deciso di rigettare il ricorso. I giudici hanno riconosciuto che in precedenti sentenze del tribunale stesso la tesi della ricorrente aveva trovato appoggio, affermando che prima della Legge 10/1977 vigeva un regime di gratuità indipendentemente dalla funzione dell’immobile rispetto all’attività agricola: In tali decisioni si era infatti evidenziato come, prima dell’entrata in vigore della L. 10/1977, la realizzazione di fabbricati abitativi in zone rurali fosse assoggettata al generale regime di gratuità degli interventi edilizi, essendo pertanto irrilevante se lo specifico fabbricato fosse stato realizzato da un imprenditore agricolo a servizio della propria attività o da soggetti diversi senza alcun legame con un’attività agricola.

Tuttavia, prendendo in considerazione nuove pronunce del Consiglio di Stato n. 3558 del 2024 e n. 811 del 2025, il Tribunale ha aggiornato la propria interpretazione.

In particolare, la pronuncia n. 811/2025 ha evidenziato che: nel regime precedente alla l. 10/1977 la funzione residenziale in zona agricola non era vincolata all’uso strumentale alla conduzione del fondo, come previsto dall’attuale normativa di talché in molti casi prima dell’entrata in vigore di tale legge si era già consolidata una funzione meramente residenziale da parte di persone prive della qualifica di imprenditore agricolo che acquistavano una casa in campagna; conseguentemente il pagamento degli oneri si giustifica nel caso di mutamento d’uso da residenziale per l’imprenditore agricolo a residenziale tout court perché ciò determina un aumento del carico urbanistico, ma se la funzione meramente residenziale esisteva già prima del 1977 viene meno tale incremento e non è giustificato il pagamento degli oneri.

Più semplicemente, prima della legge n. 10 del 1977, la funzione abitativa in zone agricole non era obbligatoriamente legata all’attività agricola; questo significa che molte persone senza essere imprenditori agricoli già acquistavano e usavano case in campagna semplicemente come residenze. Perciò, il pagamento degli oneri è giustificato solo se si passa da una residenza legata all’attività agricola a una residenza normale, perché in questo caso aumenta il carico urbanistico. Se invece la casa aveva già una funzione abitativa “normale” prima del 1977, non c’è aumento di carico urbanistico e quindi non è giustificato il pagamento degli oneri.

In sostanza, i giudici di Palazzo Spada hanno attualmente spostato l’attenzione sulla funzione specifica svolta dal fabbricato prima del 1977, facendo una distinzione netta tra un ex proprietario propriamente imprenditore agricolo e un ex proprietario soggetto diverso che già prima del 1977 utilizzava l’immobile come semplice civile abitazione.

Nel caso di specie, effettivamente l’edificio era destinato originariamente a residenza dell’imprenditore agricolo, documentato da licenze edilizie e atti catastali e la trasformazione in abitazione civile costituisce un mutamento urbanisticamente rilevante.

Per tali ragioni, è legittimo il pagamento del contributo di costruzione e il ricorso è infondato.

 

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