Cambio di destinazione d’uso rilevante, necessario il permesso di costruire anche senza opere.

Il cambio della destinazione d’uso tra categorie differenti, e quindi non omogenee tra loro, è sempre considerato un intervento urbanisticamente rilevante e, come tale, richiede il previo rilascio del permesso di costruire ed è assoggettabile alla sanzione demolitoria.

Tale disposizione si applica anche nel caso in cui il cambio d’uso dovesse essere conseguito in totale assenza di opere edilizie, perché anche un mutamento meramente funzionale può determinare una variazione degli standard urbanistici e incidere sul tessuto urbanistico.

 

A chiarire il punto è il TAR Lazio con la sentenza del 16 aprile 2024, n. 7463, con cui ha accolto il ricorso per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione soltanto in relazione a meri lavori di manutenzione straordinaria – per i quali non si applica il provvedimento ripristinatorio – respingendolo invece in riferimento ad ulteriori opere di ampliamento e di modifica d’uso urbanisticamente rilevante conseguite sul fabbricato, in quanto sono interventi assoggettati al permesso di costruire.

Il giudice ha precisato che il permesso risulta sempre obbligatorio per la realizzazione di lavori di ampliamento della superficie coperta e della volumetria dell’immobile preesistente, e che è altrettanto necessario per gli interventi di cambio d’uso ritenuti rilevanti dal punto di vista urbanistico.

 

Nel caso in oggetto, la modifica ha interessato il garage e il sottotetto annessi all’abitazione principale, che sono stati resi entrambi abitabili e, quindi, trasformati in locali ad uso residenziale. Il passaggio tra due categorie non omogenee comporta un aggravio del carico urbanistico, pertanto è un intervento soggetto al permesso di costruire, anche qualora non dovessero essere conseguiti veri e propri interventi edilizi.

Difatti, si spiega, non è possibile ritenere urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un garage, di un magazzino o di una soffitta in un locale abitabile; senza considerare i profili igienico-sanitari di abitabilità del vano, in ogni caso, si configura un ampliamento della superficie residenziale, nonché della relativa volumetria, rispetto a quanto originariamente autorizzato.

 

A nulla rileva che l’immobile principale sia stato oggetto di condono edilizio nel 2002, in quanto allora il fabbricato è stato legittimato allo stato rustico, ma successivamente sono stati conseguiti nuovi lavori di ampliamento e rifinitura esterna denunciati con DIA, eseguiti peraltro senza autorizzazione paesaggistica, in un’area insistente all’interno di un Parco tutelato ai sensi del D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Oltre alle modifiche di destinazione d’uso, infatti, gli interventi contestati hanno riguardato anche il completamento delle rifiniture esterne, l’ampliamento dell’immobile con la realizzazione di un “vano” ad uso ingresso, nonché l’apposizione, sull’area pertinenziale dell’abitazione di:

  • piscina prefabbricata con struttura metallica;
  • piccolo manufatto in muratura;
  • gazebo prefabbricato in struttura metallica leggera;
  • magazzino prefabbricato in legno;
  • ripostiglio prefabbricato in legno;
  • tettoia in legno adibita a posto auto.

Si rileva che tutti i lavori sono stati realizzati in area vincolata, senza titoli edilizi adeguati né autorizzazioni paesaggistiche obbligatorie, pertanto sono stati correttamente, e doverosamente, ingiunti a demolizione.

Il ragionamento viene esteso anche alle opere conseguite sull’area pertinenziale, che in parte sono state rimosse dal proprietario in seguito all’ordinanza di ripristino – confermando così la parziale acquiescenza al provvedimento, divenuto poi inoppugnabile – e in parte, con specifico riferimento al magazzino e al ripostiglio in legno (uno di 9 mq e l’altro di 19 mq di superficie), dichiarate come mere pertinenze a servizio dell’abitazione.

A tal proposito, si chiarisce che il concetto di pertinenza in ambito urbanistico è attribuibile esclusivamente alle opere prive di autonomia, che esauriscono la loro destinazione d’uso nel rapporto con l’edificio principale, e le cui dimensioni sono adeguatamente ridotte e modeste, da non incidere in maniera rilevante sul carico urbanistico. In tal caso, entrambe le opere in legno hanno creato nuova volumetria all’interno di un’area vincolata, e sono pertanto state giustamente intimate al ripristino dei luoghi.

 

Il ricorso invece è stato accolto con annullamento dell’otrdine di demolizione in relazione ad ulteriori interventi di modifica parziale alla distribuzione interna dei vani, con realizzazione di nuovi tramezzi e apertura di un varco.

Si tratta di interventi che hanno inciso solo sulla parte interna e non hanno determinato nuovo carico urbanistico, dovendo pertanto essere qualificati come manutenzione straordinaria ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera b) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), che sono esenti dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica, e sono assoggettabili solo a sanzione pecuniaria, non demolitoria.

L’ordine di ripristino è stato invece confermato su tutto il resto, trattandosi di lavori eseguiti senza i titoli abilitativi richiesti.

 

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto