Blocco degli stipendi pubblici Sindacati di polizia: pronti a sciopero

LA PROTESTA

Blocco degli stipendi pubblici

Sindacati di polizia: pronti a sciopero

«La prima volta nella storia» per i sindacati di Polizia, vigili del fuoco e Cocer interforze in risposta al blocco. Renzi: «Riceverò gli agenti, ma no ai ricatti»

di Redazione Online

 

 

Sciopero generale «entro la fine di settembre», «azioni di protesta» in tutta Italia e una «capillare attività di sensibilizzazione» dei cittadini sui rischi ai quali viene esposto il settore. È il «pacchetto» di iniziative annunciato dai sindacati delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco e dal Cocer interforze (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di finanza) «qualora dovesse essere rinnovato il blocco del tetto delle retribuzioni». «Per la prima volta nella storia della nostra Repubblica – sottolineano sindacati e Cocer – siamo costretti a dichiarare lo sciopero generale» del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, «verificata la totale chiusura del governo ad ascoltare le esigenze delle donne e degli uomini in uniforme». L’annuncio arriva al termine di un incontro dei sindacati di polizia e d el Cocer Interforze che si sono riuniti giovedì per fare il punto della situazione dopo la dichiarazione del ministro Marianna Madia sul proseguimento del blocco contrattuale.

 

La risposta : «Blocco già nel Def, niente di nuovo»

Una presa di posizione dura a cui, in serata, arriva la risposta del governo. Da un lato il premier Matteo Renzi che, secondo quanto si apprende, comunica la volontà di incontrare gli agenti ma di «non accettare ricatti». «Siamo l’unico Paese – avrebbe sottolineato il premier parlando con il suo staff- che ha cinque forze di polizia. Se vogliono discutere siamo pronti a farlo, su tutto. Ma non tocchiamo lo stipendio né il posto di lavoro di nessuno. Tuttavia, in un momento di crisi per tutti, fare sciopero perché non ti danno l’aumento quando ci sono milioni di disoccupati è ingiusto». «Il blocco degli stipendi degli statali era già previsto nel Def, non c’è niente di nuovo», si sottolinea ancora da Palazzo Chigi. Sempre in serata, dal palco della festa dell’Unità a Bologna, arriva anche una risposta indiretta del ministro Madia che più in generale si rivolge ai sindacati. «Il governo fa le cose e non alimenta aspettative che non può mantenere», ha spiegato, difendendo la decisione di mantenere gli 80 euro per i lavoratori, «cosa concreta fatta e che noi confermiamo nel 2015». E precisa: Due cose abbiamo fatto sugli stipendi della pubblica amministrazione: la prima è mettere un tetto a chi guadagna di più, la seconda dare una boccata d’ossigeno ai lavoratori che guadagnano di meno: è un fatto di equità». Il problema è la crisi. «Noi abbiamo il dovere e la responsabilità di tirare fuori l’Italia tutta insieme dalla crisi e non possiamo dimenticare chi, al di là del lavoro pubblico, il lavoro non ce l’ha o non ha alcun ammortizzatore sociale». «Su questo – ha infatti concluso Madia- c’è una delega aperta del ministro Poletti». Infine, Madia si esprime sui sindacati: «Il sindacato dovrebbe aiutare il governo in un momento di difficoltà a dare delle priorità e a capire su cosa scegliere e a difendere veramente la dignità dei lavoratori, senza considerarli di serie A e di B». Il sindacato: «dovrebbe dare idee concrete, puntuali e riformiste, in modi che il governo le faccia diventare legge rapidamente».

 

La penalizzazione dei «soliti noti»

Da parte dei sindacati di polizia e militari la minaccia è forte e il comunicato diffuso molto duro. «Quando abbiamo scelto di servire il Paese, per garantire Difesa, Sicurezza e Soccorso pubblico – sottolineano i sindacati – eravamo consci di aver intrapreso una missione votata alla totale dedizione alla Patria e ai suoi cittadini con condizioni difficili per mancanza di mezzi e di risorse. Quello che certamente non credevamo è che chi è stato onorato dal popolo italiano a rappresentare le Istituzioni democratiche ai massimi livelli, non avesse nemmeno la riconoscenza per coloro che, per poco più di 1300 euro al mese, sono pronti a sacrificare la propria vita per il Paese». «Qualora nella legge di stabilità sia previsto il rinnovo del blocco del tetto salariale, chiederemo le dimissioni di tutti i capi dei vari Corpi e Dipartimenti, civili e militari, e dei relativi ministri poiché non sono stati capaci di rappresentare i sacrifici, la specificità, la professionalità e l’abnegazione del proprio personale». «Per sostenere la difesa, il soccorso pubblico e la sicurezza del Paese – concludono sindacati e Cocer – in vista dello sciopero generale, che si terrà entro la fine di settembre, qualora dovesse essere rinnovato il blocco del tetto delle retribuzioni, attueremo, sin da subito, oltre ad una capillare informazione e sensibilizzazione della società civile sui rischi che corre, azioni di protesta su tutti i territori con la denuncia di tutte le disfunzioni, le esposizioni al rischio, sinora accettate nell’interesse supremo del servizio, nonché le scorte e i privilegi che la casta continua a preservare e che, nonostante i roboanti annunci sinora fatti dal governo, ad oggi non sono stati né eliminati né ridotti preferendo, per far quadrare i conti, di penalizzare gli unici soliti noti contribuenti del nostro Paese, i dipendenti pubblici e i pensionati».

4 settembre 2014 | 19:03

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