28/03/2023 – La cava, non è terreno agricolo, il suo posto è nel catasto fabbricati

I redditi che produce, come quelle derivanti dallo sfruttamento di miniere, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne, sono qualificati dalla disciplina come redditi d’impresa

I terreni utilizzati per l’attività estrattiva di cava non sono qualificabili come terreni agricoli e devono essere iscritti nel catasto dei fabbricati con la categoria catastale D/1.

Questo principio è stato confermato dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 2280 del 25 gennaio 2023. Il caso è stato originato da un atto di accertamento mediante il quale l’Amministrazione finanziaria ha determinato il nuovo classamento e la nuova rendita catastale di un terreno adibito ad attività estrattiva.

Il terreno è stato iscritto nel catasto fabbricati, con la categoria D/1 (opifici industriali).

La parte, destinataria dell’atto di classamento, ha impugnato l’atto ritenendo che l’area dovesse essere iscritta nel catasto terreni. Ciò, sulla base del primo comma dell’articolo 18 del regio decreto n. 1572/1931, in base al quale “Saranno escluse dalla stima fondiaria le miniere, le cave, le torbiere, le saline ed i laghi e stagni da pesca, con la superficie stabilmente occupata per la relativa industria, e le tonnare”.

Secondo la società ricorrente questa disposizione confermerebbe l’iscrizione dei terreni adibiti a cava nel catasto terreni, senza attribuzione del reddito dominicale e del reddito agrario.

La tesi della parte privata è stata condivisa dai giudici tributari di primo grado (sentenza n. 782/2017 della Ctp di Brescia), ma è stata respinta dai giudici tributari di secondo grado (sentenza n. 550/2020 della Ctr della Lombardia).

A seguito del ricorso in Cassazione, i giudici di legittimità hanno evidenziato come il citato articolo 18 del Rd n. 1572/1931:

  • si limita a escludere l’operazione della stima fondiaria per i terreni adibiti a cava
  • ma non esclude che gli stessi terreni siano iscritti nel catasto fabbricati.

Al fine di giustificare l’iscrizione in catasto fabbricati dei terreni sopra descritti, i giudici della Corte di cassazione, dopo aver evidenziato che, in tema di iscrizione di beni nel catasto fabbricati, l’articolo 3 del Rd n. 652/1939 stabilisce che l’accertamento dei fabbricati da iscrivere in catasto deve avvenire per “unità immobiliare”, hanno richiamato le seguenti disposizioni al fine di delineare il concetto di “unità immobiliare”:

  • articolo 4 del medesimo Rd n. 652/1939, ai sensi del quale “Si considerano come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituite, diversi dai fabbricati rurali. Sono considerati come costruzioni stabili anche gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo
  • articolo 5 del medesimo Rd, ai sensi del quale “Si considera unità immobiliare urbana ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio
  • articolo 2 del Dm n. 28/19981998, per effetto del quale “l’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale”.

Per effetto di queste disposizioni i giudici sono arrivati alla conclusione che sono suscettibili di accatastamento non solo i fabbricati in quanto tali, ma, più in generale, tutte le unità immobiliari urbane, ovvero quelle componenti immobiliari suscettibili di autonoma funzionalità e redditività.

I giudici hanno rimarcato la circostanza che le stesse caratteristiche sopra indicate e relative all’accatastabilità degli immobili erano già state delineate dalla stessa Corte di cassazione in relazione a immobili aventi particolari destinazioni, quali, ad esempio, le discariche pubbliche (pronuncia n. 12741/2018), le centrali elettriche (n. 2621/2015 e n. 3500/2015), i parchi eolici (n. 4028/2012, n. 24815/2014, n. 3354/2015), le centrali telefoniche (n. 24924/2016), n. le piattaforme petrolifere (n. 3618/2016).

Considerato che anche le cave, al pari delle tipologie di immobili sopra descritti, sono suscettibili di autonoma funzionalità e redditività, è stato ritenuto corretto l’accatastamento di tali beni nel catasto fabbricati, con attribuzione della categoria D/1. I giudici hanno, inoltre, affermato che la potenzialità edificatoria dei terreni adibiti a cava, sia pure limitata alla realizzazione di fabbricati strumentali, impedisce che i terreni stessi siano qualificabili come agricoli.    

Nello stesso senso la Corte si era già espressa con le sentenze n. 1026 e n. 1404 rispettivamente del 14 e 18 gennaio 2022.

Nella motivazione dell’ordinanza in esame si è, inoltre, evidenziato che:

  • i redditi derivanti dall’attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne sono qualificati dall’ordinamento come redditi d’impresa (articolo 55, lettera b) del Dlgs n. 344/2002. Di conseguenza, la loro tassazione deve avvenire tenendo conto del reddito effettivamente prodotto e non in base alla semplice attitudine del bene a produrre reddito, con conseguente esclusione della rilevanza degli estimi catastali
  • ai fini dell’imposta di registro per i terreni adibiti a cave, l’imposta è dovuta sulla base del valore del bene (articolo 52 Dpr n. 131/1986).
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