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Il sindaco di un Comune ha chiesto un parere in materia di erogazione dei diritti di rogito al segretario comunale. In particolare l’ente ha chiesto se “qualora i diritti di segreteria incassati in un dato esercizio superino il limite della quota del quinto della retribuzione in godimento al segretario comunale, possono gli stessi, nella parte eccedente essere liquidati nel periodo contabile successivo se i contratti cui i predetti diritti afferiscono non sono stati rogati nell’anno di riscossione delle somme, bensì nell’anno successivo”.

La Corte dei Conti, sez. contr. della Puglia, con la deliberazione 25/2023, depositata il 6 marzo 2023, ha preliminarmente ricordato che il d.lgs. 267/2000 attribuisce al segretario, tra le altre, anche la funzione di rogare, su richiesta del comune o della provincia, i contratti nei quali l’ente è parte e di autenticare scritture private e atti unilaterali nell’interesse dell’ente. Per lo svolgimento di tale funzione ai segretari spettano i c.d. “diritti di rogito” versati, a titolo di spese, dalle controparti contrattuali delle p.a.

Con riferimento alla materia dei diritti di rogito e alla normativa intervenuta nel corso del tempo, dal 19 agosto 2014, (data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 90/2014) i diritti di rogito spettano “Negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento annuale spettante al comune ai sensi dell’articolo 30, secondo comma, della legge 15 novembre 1973, n. 734, come sostituito dal comma 2 del presente articolo, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, e successive modificazioni, è attribuita al segretario comunale rogante, in misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento”, ex art. 10 d.l. 90/2014.

La precedente disciplina sui diritti di rogito era dettata dall’art. 41, comma 4, legge 312/1980 (abrogata dal comma 1, del citato art. 10 d.l. 90/2014), e prevedeva che una quota del provento “spettante al comune o alla provincia ai sensi dell’articolo 30, secondo comma, della legge 15 novembre 1973, n. 734” fosse attribuita al segretario comunale e provinciale rogante in misura pari al 75% e fino ad un massimo di un terzo dello stipendio in godimento.

La Corte dei conti, sez. autonomie, con la del. 18/2018 ha chiarito che “In riforma del primo principio di diritto espresso nella delibera 21/SEZAUT/2015/QMIG, alla luce della previsione di cui all’art. 10 comma 2-bis, del d.l. 90/2014, convertito, con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, i diritti di rogito, nei limiti stabiliti dalla legge, competono ai segretari comunali di fascia C nonché ai Segretari comunali appartenenti alle fasce professionali A e B, qualora esercitino le loro funzioni presso enti nei quali siano assenti figure dirigenziali”.

Pertanto, al termine di un lungo dibattito dottrinale e giurisprudenziale, è pacifico che i diritti di rogito spettino ai segretari:

  1. di comuni privi di personale di qualifica dirigenziale, fattispecie in cui non è rilevante la fascia professionale di inquadramento del segretario;
  2. che non hanno qualifica dirigenziale (fascia C) dove l’attribuzione di quota dei diritti di rogito è connessa allo status professionale del segretario e prescinde dalla classe demografica del comune di assegnazione.

Dal 2014 il provento annuale dei diritti di rogito – nei casi sopra evidenziati – è suddiviso tra il comune e il segretario nella percentuale massima di 1/5 dello stipendio in godimento del segretario.

I magistrati della Puglia, nella deliberazione in commento, hanno chiarito che è esclusa la possibilità per l’Ente di deliberare, in autonomia, una diversa percentuale dei diritti introitati da corrispondere all’ufficiale rogante.

La Sezione regionale di controllo del Friuli-Venezia Giulia (del. 33/2021) aveva chiarito che la ratio della deroga alla spettanza dei diritti di rogito alle amministrazioni locali è dovuta all’esigenza di “contemperare due interessi distinti: quello pubblico, alle maggiori entrate, in modo da salvaguardare le finanze locali, e quello patrimoniale, di una particolare categoria professionale, volto a conseguire più equi livelli retributivi. […] Prendendo ispirazione dalla precedente disciplina il legislatore riconosce, eccezionalmente e alle limitate condizioni dettate dal c. 2-bis, un beneficio economico aggiuntivo nella misura non superiore al quinto dello stipendio in godimento. Tale beneficio economico costituito dalla attribuzione di quota parte dei diritti di rogito configura (come configurava la norma dell’art. 41 della l. n. 312/1980) un compenso aggiuntivo che remunera, nella misura indicata dal legislatore, lo svolgimento della funzione rogante alla quale si correla(va) una particolare responsabilità del dipendente pubblico”.

L’art.10 del d.l. 90/2014 ha riformato la materia della corresponsione di diritti di rogito ai segretari comunali “inserendosi in un più ampio contesto di razionalizzazione dei compensi accessori attribuiti al personale che presta servizio presso le pubbliche amministrazioni, sia in regime di diritto privato che di diritto pubblico, che permea parte del decreto legge n. 90/2014” (Corte dei Conti, sez. contr. Lombardia, del. 189/2015).

La Sezione regionale di controllo del Molise, con la del. 74/2020, nel valutare se ai fini del computo del limite di un quinto dello stipendio in godimento si cumulino gli emolumenti percepiti in comuni diversi (senza distinguere tra i casi di titolarità, reggenza o scavalco) ha evidenziato che “la giurisprudenza contabile ha da tempo ritenuto – con opzione interpretativa pienamente condivisibile – maggiormente conforme al dato letterale della norma, che si riferisce allo “stipendio in godimento” (senza altre specificazioni), ipotizzare che i diritti di rogito siano attribuibili, da parte del singolo comune, con l’unico limite del quinto dello stipendio globalmente percepito da parte del segretario nell’anno di competenza, senza distinguere tra gli importi erogati da parte dei singoli enti in cui ha prestato servizio”.

Con riferimento alla materia in esame si è espresso in modo conforme anche il Consiglio di Stato, Sez. V, nella sent. 5183/2015, secondo cui “i diritti di rogito hanno una funzione di remunerazione di una particolare attività alla quale è correlata una responsabilità di ordine speciale e sorgono con l’effettiva estrinsecazione della funzione di rogante la quale, ancorché di carattere obbligatorio, eccede l’ambito delle attribuzioni di lavoro normalmente riconducibili al pubblico impiego. A fronte di tale funzione il legislatore ha previsto un compenso ulteriore”.

I diritti di rogito che sono a carico esclusivamente della controparte e sono dovuti per gli atti e i contratti stipulati, negli importi di cui alla citata tabella D (allegata alla l. n. 604/1962), spettano al segretario quale remunerazione della particolare attività svolta (esercizio della funzione rogatoria) – non rifiutabile se richiesta- ma solo alle condizioni e nei limiti espressamente definiti dal legislatore.

Sul punto, appare utile ricordare quanto precisato dall’ex Agenzia Autonoma dell’Albo dei Segretari comunali e provinciali nel 2008, secondo cui sussiste una differenza tra i diritti di segreteria in senso proprio e quelli di rogito: i primi costituiscono proventi per la prestazione di servizi e attività svolti nell’interesse generale o per prestazioni rese ai singoli; i secondi derivano dalla stipulazione in forma pubblica di contratti o di autentica di scritture private e atti unilaterali da parte del segretario comunale.

Dal punto di vista procedimentale, gli importi versati dai terzi per la stipula sono introitati integralmente al bilancio dell’ente e sono successivamente erogati, mediante determinazione del responsabile del settore competente, al segretario nella misura prevista dalla legge.

Pertanto, nel rispetto di quanto previsto dal citato art. 10 del d.l. 90/2014, i diritti di rogito sono riconosciuti per intero (100%) al segretario comunale fino a concorrenza del quinto del suo stipendio in godimento. Una volta raggiunta tale soglia, i diritti eccedenti restano nella disponibilità del bilancio comunale.

Per la Corte dei Conti, sez. contr. Puglia, nella deliberazione in commento, “con la citata determinazione il responsabile accerta quanti contratti sono stati rogati dal segretario nell’anno di riferimento (o in un determinato periodo di tempo), verifica che siano stati incassati i relativi importi per il rogito dei contratti e che l’ammontare sia corretto, verifica il rispetto delle condizioni prescritte dall’art. 10 d.l. 90/2014 – tra cui vi è il limite di un quinto dello stipendio in godimento – e, successivamente, procede alla liquidazione delle somme dovute al segretario quale pubblico ufficiale rogante”.

Pertanto, una volta individuata, nel periodo annuale, la base di calcolo e assodato che il diritto di rogito matura e si perfeziona al momento del ricevimento dell’atto e/o contratto formato in forma pubblica innanzi al segretario, la risposta al quesito presentato dal Comune non può che essere negativa.

I diritti di rogito sono entrate che hanno una specifica destinazione, che spettano in primis all’ente e solo nelle ipotesi specifiche previste dal citato comma 2 bis, dell’art. 10 del d.l. 90/2014, ai segretari comunali per remunerare l’attività svolta nell’interesse dell’ente in un arco temporale annuale.

Per i magistrati contabili della Puglia, tale limite è “oggettivo ed insuperabile, che non può essere aggirato da interpretazioni differenti ed innovative, salvo modifiche legislative o interventi della Corte Costituzionale che recentemente, con la sentenza n. 181/2022 , si è pronunciata sul punto dichiarando inammissibile “per carente motivazione sul requisito della rilevanza” le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2-bis, del d.l. 90/2014, sollevate, anche in combinato disposto con il comma 1 dello stesso art. 10, in riferimento agli artt. 3, 36, 77 e 97 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Lucca, sezione lavoro. Il giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale della norma citata era stato sollevato con riferimento alla parte in cui «limita l’attribuzione di una quota dei diritti di rogito spettanti all’Ente locale ai segretari comunali che non abbiano qualifica dirigenziale o che prestino servizio in Enti locali privi di personale con qualifica dirigenziale, anziché prevederla petutti i segretari comunali e provinciali».

 

Leggi la delibera

CC 25-2023 Puglia

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