20/03/2023 – L’esercizio repressivo di un abuso edilizio consistente nell’esecuzione di un’opera in assenza del titolo abilitativo costituisce atto dovuto

Abusi edilizi: il Consiglio di Stato sulla sanzione alternativa alla demolizione

L’esercizio repressivo di un abuso edilizio consistente nell’esecuzione di un’opera in assenza del titolo abilitativo costituisce atto dovuto

La demolizione è l’unica possibilità prevista dalla normativa edilizia per gli abusi che non possiedono la “doppia conformità” di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)?

La risposta a questa domanda è contenuta all’interno dello stesso Testo Unico Edilizia e più precisamente negli articoli 33 (interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità), 34 (interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire) e 38 (interventi eseguiti in base a permesso annullato), con effetti considerevolmente diversi tra loro.

In particolare, in alcuni casi, è previsto che sulla base di motivato accertamento sia possibile irrogare una sanzione alternativa alla demolizione. Ma, mentre l’art. 38, comma 2 prevede che l’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria produca i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria, nei casi previsti dagli articoli 33 e 34 l’abuso diventa “tollerato” ma di fatto l’immobile non acquisisce lo “stato legittimo”.

Se ne parla (nuovamente) nella sentenza del Consiglio di Stato 14 marzo 2023, n. 2631 resa in riferimento al ricorso presentato per la riforma di una decisione del TAR che aveva confermato un ordinanza del Comune per la demolizione di opere di ampliamento realizzate abusivamente sul terrazzo posto al primo piano di un fabbricato, consistenti in un manufatto coperto di m. 12,00 x m.4,00 per una volumetria di circa mc. 150.

Con l’impugnazione, non veniva contestata l’avvenuta realizzazione del nuovo volume edilizio senza permesso di costruire, ma si sosteneva che la demolizione dell’ampliamento avrebbe arrecato pregiudizio al preesistente fabbricato regolarmente edificato. Per questo motivo, a detta del ricorrente, il Comune avrebbe dovuto irrogare una sanzione alternativa alla demolizione.

Preliminarmente il Consiglio di Stato ha ricordato un principio costante della giurisprudenza amministrativa per il quale nello schema giuridico delineato dall’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l’esercizio repressivo di un abuso edilizio consistente nell’esecuzione di un’opera in assenza del titolo abilitativo costituisce atto dovuto, per il quale è in re ipsa l’interesse pubblico alla rimozione.

L’ordine di demolizione è un atto doveroso, pertanto non è richiesto nessun onere motivazionale, né una specifica valutazione delle ragioni dell’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso.

Diverso è il discorso che discorso che attiene alla valutazione di non procedere alla rimozione delle parti abusive, qualora questa sia pregiudizievole per le parti legittime. Secondo Palazzo Spada, questa possibilità può essere valutata durante la fase esecutiva e imporrebbe all’interessato l’onere di chiedere all’amministrazione l’applicazione in proprio favore dell’art. 34, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, fornendo adeguata dimostrazione del paventato pregiudizio per la struttura e l’utilizzazione del bene residuo.

Ma, come affermato dal TAR e ribadito dal Consiglio di Stato, la sanzione alternativa di cui all’art. 34 richiamato, riguarda solo le ipotesi di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, ma non è esercitabile in caso di sopraelevazione abusiva eseguita in totale difformità dal titolo o, come nella specie, in assenza del medesimo.

Il concetto di parziale difformità implica la sussistenza di un titolo abilitativo descrittivo di uno specifico intervento costruttivo, cui si pervenga all’esito della fase realizzativa seppure secondo caratteristiche in parte diverse da quelle fissate a livello progettuale, ossia quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si basino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera.

Si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione.

In conclusione le possibilità di applicazione della sanzione alternativa riguardano esclusivamente i casi di difformità parziale tra l’oggetto del titolo edilizio e quanto, invece, concretamente realizzato, e non anche per gli interventi realizzati in assenza di permesso.

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto