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L’art. 21-bis della legge n. 287 del 1990, anche in considerazione della sostanziale unicità del bene giuridico protetto (libertà della concorrenza e del mercato), non declina, nella sua portata dispositiva, due distinte forme di tutela del predetto bene giuridico, l’una con accesso diretto ed immediato al giudice e l’altra mediata alla fase pre-contenziosa.

La previsione normativa de qua, invece, dopo aver tipizzato, nel primo comma, il principio della legittimazione straordinaria dell’Autorità ad agire nei confronti degli atti amministrativi generali, regolamenti e provvedimenti violativi delle norme a tutela della concorrenza e a tutela del mercato; enuclea, nel secondo comma, le modalità di concreto esercizio di tale legittimazione straordinaria, rigorosamente ancorandola all’inosservanza delle norme a presidio della bene concorrenza e mercato.

Il potere di agire in giudizio contro gli atti lesivi di tali principi deve essere preceduto da una fase pre-contenziosa, caratterizzata dall’emissione, da parte dell’Autorità, di un parere motivato rivolto alla pubblica amministrazione, il quale, da un lato, mira a sollecitare la pubblica amministrazione a rivedere le proprie determinazioni nonchè a conformarsi agli indirizzi della stessa, attraverso uno speciale esercizio del potere di autotutela decisoria; dall’altro, assurge a significativo strumento di deflazione del contenzioso.

La fase giurisdizionale è poi così articolata nelle seguenti condizioni:

– è necessario, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, dedurre un motivo, non essendo, per contro, possibile richiamare un generico interesse alla tutela della concorrenza;

– il vizio deve consistere nella violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato;

– il ricorso deve essere fondato sulla rilevanza e sulla constatazione della lesione di un ben determinato interesse di ordine generale assunto dall’ordinamento, corrispondente alla tutela della concorrenza e del mercato.

Laddove la legittimazione ad agire sia esercitata oltre i limiti legalmente scanditi, il giudice addiviene ad una pronuncia di inammissibilità del ricorso per carenza della legitimatio ad causam.

(Nella fattispecie in esame, la sezione, nel rigettare l’appello, assumeva però che il ricorso di primo grado andasse dichiarato inammissibile, in ragione della carenza di legittimazione in capo all’Autorità a far valere vizi, ancorchè rilevanti, non concernenti la violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato). 

Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. del 21 febbraio 2023, n.1760.

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