31/1/2023 – Il Consiglio di Stato si esprime sull’acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un bene per inottemperanza all’ordine di demolizione dell’abuso edilizio.

La sanzione acquisitiva al patrimonio dell’ente, in caso di inottemperanza dell’ordine di demolizione dell’abuso edilizio, non può essere comminata nei confronti del proprietario del fondo incolpevole dell’abuso edilizio, cui è rimasto del tutto estraneo. Diversamente è a dire per la sanzione demolitoria, la cui natura “reale” e ripristinatoria dello stato dei luoghi per come preesistente all’illecito, la rende impermeabile al necessario previo accertamento di profili di responsabilità colpevole del proprietario, anche ove subentrato all’autore dell’abuso.

Un’interpretazione orientata al rispetto dei principi espressi dalle Corti nazionali e sovranazionali impone, ai fini dell’applicazione delle sanzioni amministrative privative della proprietà del bene, quale l’acquisizione al patrimonio comunale in conseguenza di inottemperanza a ingiunzione a demolire, la necessità della sussistenza dell’elemento soggettivo, almeno di carattere colposo, da parte del soggetto proprietario che le subisce, che deve essere messo a conoscenza, mediante la previa verifica dell’accertamento dell’inottemperanza, delle conseguenze della mancata demolizione spontanea, giusta la loro innegabile gravità.

La necessità che il completo verificarsi dell’effetto traslativo formi oggetto di un atto amministrativo risponde all’esigenza di garantire il principio eurounitario di stabilità e certezza delle posizioni giuridiche e il principio di buona amministrazione. Per addivenire allo stesso vanno rispettati i passaggi procedurali a garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti, anche in funzione della maggiore economicità dell’esecuzione spontanea della intimata demolizione – essa, sì, sanzione reale – da parte

dell’avente titolo. Il rispetto delle scansioni procedurali costituisce il giusto punto di incontro fra le contrapposte esigenze avute a mente dal legislatore, ovvero da un lato il rispetto dell’ordinato sviluppo del territorio, di cui il previo titolo edilizio costituisce garanzia primaria, dall’altro la tutela della proprietà.

Il Commissario ad acta, nominato allo scopo di dare seguito al procedimento demolitorio, senza effettuare la materiale demolizione, ritraendo i propri poteri e dall’atto di nomina e, quanto al contenuto, dalla sentenza, deve effettuare tutti gli adempimenti preliminari alla stessa, ivi compresa la messa a conoscenza formale delle conseguenze dell’inottemperanza mediante notifica del relativo verbale, che assume una valenza assimilabile alla contestazione di cui all’art. 14 della l. n. 689 del 1981. Solo all’esito della stessa possono essere irrogate le due sanzioni previste dell’acquisizione del bene al patrimonio, nel caso di specie dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo, e del pagamento di sanzione pecuniaria, anche nella misura massima prevista.

Secondo la sentenza in esame l’art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, prevede, quale conseguenza della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione, due distinte e autonome sanzioni, delle quali la prima, concretizzantesi nell’acquisizione automatica al patrimonio del comune dell’opera abusiva e della relativa area di sedime, per la particolare afflittività che la connota deve necessariamente essere letta in armonia con i principi affermati con riferimento alle sanzioni “sostanzialmente penali dalla C.G.U.E. (v. sentenze 4 marzo 2014, r. n. 18640/10, resa nella causa Grande Stevens e altri c. Italia; 10 febbraio 2009, ric. n. 1439/03, resa nella causa Zolotoukhine c. Russia; v. anche Corte di giustizia UE, grande sezione, 5 giugno 2012, n. 489, nella causa C-489/10).

La previsione, contenuta nel comma 4, della «previa notifica all’interessato», rende il verbale di accertamento, oltre che mero atto istruttorio endoprocedimentale che costituisce titolo «per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente», assimilabile, mutatis mutandis, al verbale di contestazione dell’illecito ex art. 14 della l. n. 689 del 1981, stante che è solo a far data dallo stesso che il proprietario, astrattamente ignaro della vicenda fino a tale momento, viene messo in condizione di chiarire la propria posizione, scongiurando l’effetto acquisitivo (ma non, ovviamente, quello demolitorio). Solo così è possibile recuperare quel necessario elemento di raccordo tra i due snodi che tipicamente connotano ogni procedimento sanzionatorio, ovvero la fase affidata agli organi di vigilanza, deputata all’acquisizione di elementi istruttori, e la successiva, avente natura lato sensu contenziosa e decisoria, preordinata all’adozione, da parte dell’autorità titolare della potestà sanzionatoria, del provvedimento di irrogazione della stessa. D’altro canto, la natura sanzionatoria autonoma dell’acquisizione al patrimonio, da sempre riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa (da ultimo, v. ex multis C.g.a., 25 marzo 2022, n. 373; nonché Corte cost., ordinanza n. 82 del 15 febbraio 1991, riferita all’art. 15, comma 3, della l. 28 gennaio 1977, n.10, cui la norma attuale è sostanzialmente omologata), che impone le riflessioni sostanziali e procedurali effettuate, ha trovato conferma con l’aggiunta al predetto art. 31 dei commi 4 bis, 4 ter e 4 quater, per effetto dell’art.17, comma 1, lett. q-bis), della legge 11 novembre 2014, n.164, di conversione, con modifiche, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, che hanno previsto, come detto, l’ulteriore e autonoma sanzione per il medesimo fatto illecito della corresponsione di una somma di danaro compresa tra euro duemila (2.000/00) e euro ventimila (20.000/00), i cui proventi sono a destinazione vincolata.

Consiglio di Stato, Sez. II, sent. del 20 gennaio 2023, n. 714

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