13/01/2023 – Esercizio del potere discrezionale e tutela dell’affidamento del privato nella pianificazione urbanistica. Pronuncia del Consiglio di Stato.

Le osservazioni presentate in occasione dell’adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto collaborativo dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, con conseguente assenza in capo all’amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione, oltre a quella evincibile dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree.

Pertanto, seppure l’amministrazione sia tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute, non può però essa essere obbligata ad una analitica confutazione di ciascuna di esse. 

Le previsioni del piano urbanistico comunale (o di altro strumento urbanistico) possono subire, in sede di approvazione definitiva, delle modifiche rispetto a quelle contenute nel piano (o nello strumento) adottato; ciò rappresenta un effetto del tutto connaturale al procedimento di formazione del suddetto strumento urbanistico, che, per l’appunto, contempla, all’atto dell’approvazione definitiva, la possibilità di cambiamenti in conseguenza dell’accoglimento delle osservazioni pervenute.

L’eventuale necessità di ripubblicazione sorge allorchè, a seguito dell’accoglimento delle osservazioni presentate dopo l’adozione, vi sia stata una rielaborazione complessiva del piano stesso, e cioè un mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla sua impostazione; mentre tale obbligo non sussiste nel caso in cui le modifiche consistano in variazioni di dettaglio, che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario, quand’anche queste siano numerose sul piano quantitativo ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree solo a seguito di apporto di innovazioni tali da mutare radicalmente l’impostazione di piano stesso.

Ai fini della ripubblicazione o meno del piano urbanistico, occorre distinguere tra modifiche “obbligatorie” (in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni della pianificazione sovraordinata, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l’adozione di standard urbanistici minimi), modifiche “facoltative” (consistenti in innovazioni non sostanziali), e modifiche “concordate” (conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal comune).

Mentre per le modifiche “facoltative” e “concordate”, ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato, sussiste l’obbligo della ripubblicazione da parte del comune; diversamente, per le modifiche “obbligatorie” tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto dell’intervento regionale (o dell’ente competente in materia) rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale.

La relazione tra l’esercizio dei poteri pianificatori paesaggistici ed ambientali, da un lato, nonchè la tutela delle aspettative edificatorie, dall’altro, è orientata dalle seguenti direttrici:

-le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità;

– anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione (c.d. polverizzazione della motivazione), oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione allo strumento urbanistico generale, a meno che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni;

– con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, la tutela dell’affidamento è riservata ai seguenti casi eccezionali: a) superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona; b) pregresse convenzioni edificatorie già stipulate; c) giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare; d) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo;

– una posizione di vantaggio (derivante da una convenzione urbanistica o da un giudicato) può essere riconosciuta (e quindi essere oggetto della tutela da parte del giudice amministrativo) soltanto quando abbia ad oggetto interessi oppositivi e non invece quando si tratti di interessi pretensivi, come è nel caso in esame in cui si tratta dell’esercizio dello ius variandi su istanza del privato.

Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. del 2 gennaio 2023, n. 21.

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