03/02/2023 – Prova della notifica degli atti prodromici al preavviso di fermo

Sentenza del 23/01/2023 n. 57 – Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana Sezione/Collegio 1

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto dep. il 6.10.2020 e decreto di fissazione udienza ritualmente notificato, l’Agenzia delle Entrate DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE, ente subentrante a titolo universale nei rapporti processuali delle società del gruppo Equitalia per effetto dell’art. 1 del D.L 193 del 22/10/2016, convertito con modifiche dalla L. 225 dell’1/12/2016, in persona del l.r.p.t. (d’ora in poi Ufficio) ha proposto appello avverso sentenza n. 166/01/2020, resa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lucca – RG 1218/2019, depositata il 14/7/2020, non notifica, chiedendo “All’Ecc.ma Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in accoglimento delle ragioni di appello ed in totale riforma dell’appellata sentenza n. 166/1/2020, pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lucca in data 14/7/2020 e depositata il 14/7/2020, mai notificata, interamente respingere il ricorso presentato dal contribuente in primo grado, in quanto inammissibile ed infondato; riformare quindi la sentenza anche in punto di spese, con condanna della parte ricorrente ovvero del legale antistatario alla restituzione di quanto eventualmente conseguito in pagamento a seguito della appellanda sentenza di prime cure. Vinte le spese, per entrambi i gradi del giudizio, come da notula che si deposita”.

A sostegno delle proprie ragioni l’appellante ha dedotto che:

1. Con ricorso pervenuto ad Agenzia Entrate Riscossione in data 25/10/2019, il R. impugnava il preavviso di fermo n. 0X20190000XX000, notificatogli il 03/08/2019, e talune sottese cartelle di pagamento, nello specifico le sole cartelle 062201400XX; 0622015XX; 0622017XX; 0622018XX, eccependo: – assenza dell’istaurazione del contradditorio; – mancata notifica delle cartelle; – carenza di motivazione del preavviso di fermo; – mancata allegazione degli atti prodromici al preavviso di fermo; – mancata notifica dell’intimazione di pagamento.

2. L’ufficio costituendosi in primo grado rilevava: – il pagamento integrale con conseguente cessazione della materia del contendere relativamente alla cartella 0622014XX, già rateizzata e recentemente saldata dal contribuente – l’infondatezza delle questioni in ordine alla mancata instaurazione del contraddittorio, in quanto notoriamente attinente la fase impositiva e non quella successiva esattoriale; – la rituale avvenuta notifica delle quattro cartelle opposte e sottese al preavviso di fermo amministrativo impugnato; – l’avvenuta notifica di atti successivi alle cartelle e conseguenti al mancato pagamento delle stesse, non opposti e quindi comportanti l’irretrattabilità della pretesa anche con riferimento alla efficacia sanante di eventuali vizi di notifica di atti propedeutici non impugnati; – l’inconsistenza delle questioni sollevate in ordine alla motivazione del preavviso di fermo (in quanto presente nell’atto e conforme ai dettami di legge) ed alla mancata preventiva notifica di intimazione di pagamento (non dovuta, trattandosi di misura cautelare e non esecutiva).

3. Con memorie illustrative, il contribuente ha sollevato le seguenti controeccezioni: – irrilevanza degli atti interruttivi precedenti; – nullità della notifica delle cartelle di pagamento ex art. 60 lett. b) bis, per mancata prova dell’invio e della ricezione della raccomandata informativa di avvenuta notificazione al convivente ed intermediazione di società di posta privata.

3. Che la CTP ha accolto il ricorso reputando che l’Amministrazione non avesse dato prova della notifica degli atti prodromici al preavviso di fermo ritenendo inesistenti le stesse e quindi annullando le relative cartelle, statuendo tuttavia sulle eccezioni di parte ricorrente e respingendole.

4. MOTIVI DI APPELLO:

A) violazione dell’art. 60 lett. b) bis dpr 602/1973, per avere la corte di prime cure manifestamente confuso la procedura di notifica per consegna a persona convivente (art. 60 lett. b) bis dpr 602/73) con la notifica per irreperibilità relativa con deposito presso la casa comunale, ex art. 140 cpc, ed aver attribuito alla prima le regole procedimentali dell’altra, ravvisando il mancato deposito di documentazione non pertinente, in quanto non prevista dalla norma; (error in iudicando); manifesto errore del collegio in ordine alla valutazione della documentazione depositata a comprova dell’avvenuta notifica (error in procedendo); omessa valutazione di fatti e circostanze comunque sananti ipotetici vizi di notifica (error in iudicando); b) errata valutazione in ordine alla documentazione depositata relativamente alla cartella 0622015XX, notificata ex art. 140 cpc, con avvenuto deposito dell’avviso di ricevimento esitato per compiuta giacenza (error in procedendo); 3. mancato esame ed omessa pronuncia in ordine alle eccezioni dell’ufficio relativamente ai fatti sananti costituiti dall’avvenuta presentazione dell’istanza di rateazione, dell’intervenuto parziale pagamento dei crediti staggiti, dalla mancata impugnazione degli atti successivi (error in iudicando; error in procedendo quanto alla supposta errata valutazione dei documenti depositati, ove esaminati). 4. L’ufficio ha reiterato le eccezioni afferenti l’inammissibilità del ricorso non esaminate in primo grado.

Si è costituito che, contestando tutto quanto ex adverso dedotto e prodotto, ha chiesto “- respingere l’appello principale per i motivi di fatto e di diritto esposti in narrativa e, per l’effetto, confermare la sentenza di primo grado; – riformare parzialmente la sentenza impugnata, secondo il motivo di appello incidentale condizionato illustrato in narrativa e, conseguentemente, dichiarare i ruoli/cartelle di pagamento illegittime e nulle, in ogni caso annullarle, per i motivi di fatto e diritto esposti, con ogni consequenziale pronuncia e statuizione. – in ogni caso, condannare parte appellante alle spese di giudizio ex art. 15 del D. Lgs. 546/92, con distrazione (art. 93 c.p.c.) delle spese anticipate e degli onorari non riscossi a favore dei difensori”.

Le parti hanno entrambe depositato memorie illustrative ove hanno ulteriormente argomentato in ordine alle rispettive deduzioni ed eccezioni. All’esito della camera di consiglio, la Corte reputa che l’appello è fondato e va accolto per quanto di seguito si esporrà.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Reputa il collegio che il primo motivo di gravame sia da accogliere posto che errata è la decisione di prime cure che ha reputato fondata l’eccezione del ricorrente in ordine alla inesistenza della notifica per mancata allegazione, da parte dell’Ufficio delle “ricevute di ritorno” probanti la ricezione, da parte del destinatario, della raccomandata informativa.

Occorre ribadire le modalità di avvenuta notifica di tre delle quattro cartelle opposte, avvenuta ex art. 60 comma primo lett. b) bis, quindi non per deposito presso il Comune di residenza, bensì per consegna a persona convivente; in questo caso, la norma prevede l’invio al destinatario di una comunicazione informativa mediante raccomandata semplice, quindi priva dell’avviso di ricevimento che il Collegio ha ritenuto “non depositato”.

Chiarissima, sotto tale aspetto, la giurisprudenza di merito ed in particolare occorre dare continuità alla giurisprudenza di questa corte (v. CTR TOSCANA n. 613/10/2020, Pres. De Carlo: Ed ancora CTR TOSCANA, sent. 458/06/2020, Pres. Dott. Pappalardo) ha affermato che “la CTP ha correttamente verificato e motivato sulla regolare notifica. Risulta infatti che sono state tutte notificate all’indirizzo di residenza della contribuente (omissis) mediante consegna nelle mani di familiare convivente (sorella), con spedizione della raccomandata contenente il relativo avviso. La normativa non prevede che l’avviso sia inoltrato con raccomandata con ricevuta di ritorno, come dedotto erroneamente dall’appellante.”

È quindi infondata l’eccezione del ricorrente ed errata la sentenza, che la accoglie, constatando il mancato deposito di un documento in realtà inesistente ed impossibile quindi da produrre, perché non richiesto dalla norma di riferimento. Nello specifico: – cartella n. 0622014XX notificata in data 12/01/2015 mediante consegna a mani di persona convivente e successivo invio della raccomandata informativa n. 7XX4 (doc 4 fasc. I grado); – cartella n. 0622017XX notificata in data 13/04/2017 mediante consegna a mani di persona convivente e successivo invio della raccomandata informativa n. 7XX3 (doc 6 fasc. I grado); – cartella n. 0622018XX notificata in data 19/03/2018 mediante consegna a mani di persona convivente e successivo invio della raccomandata informativa n. 7XX2 (doc 7 fasc. I grado).

Quindi tutte le notificazioni sono avvenute nel rispetto della norma la quale testualmente dispone: b-bis) se il consegnatario non è il destinatario dell’atto o dell’avviso, il messo consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo dà notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata. È evidente come la norma in parola – ben diversamente dalla diversa fattispecie della notifica ex art. 140 cpc, la quale richiede, per l’evidente maggior “deficit informativo” derivante dal deposito dell’atto presso la casa comunale rispetto alla consegna a familiare convivente, come nel caso in esame, l’invio di raccomandata con avviso di ricevimento, ed analogamente alla notifica ex art. 139 cpc – prescriva l’invio di raccomandata semplice.

Orbene, in caso di notifica con consegna a persona convivente, la Cassazione ha più volte rilevato, superando la stessa necessità di invio della raccomandata, che detto incombente neppure occorra da ultimo anche a sezioni unite con sentenza n. 10012/2021 del 15/4/2021, la quale ha definitivamente ribadito che la procedura notificatoria mediante consegna a persona convivente prevede l’invio al destinatario di informativa di avvenuta consegna mediante raccomandata semplice dando continuità del proprio pregresso orientamento (i.e. CASS. 12181/2013: “È infatti principio costantemente espresso da questa Corte (ed applicabile per analogia di contesto giuridico anche alla fattispecie del procedimento di notifica regolato dall’art. 60 qui in considerazione) secondo cui: “In caso di notificazione ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2, la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume “iuris tantum” dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di allegare e provare l’inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario, comportante una delle qualità su indicate, ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario. Per tale forma di notificazione non è necessario l’ulteriore adempimento dell’avviso al destinatario, a mezzo lettera raccomandata, dell’avvenuta notificazione, come è invece previsto, al quarto comma dello stesso art. 139, in caso di consegna al portiere o al vicino di casa” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16164 del 28/10/2003). In ogni caso, sempre ad avviso della Corte di cassazione, la eventuale mancata spedizione della raccomandata informativa nel caso della notifica con consegna a persona convivente giammai può costituire causa di inesistenza giuridica della notifica, bensì, eventualmente, di mera “nullità” sanabile, in quanto vi è stata comunque attività di trasmissione dell’atto da parte di soggetto a ciò autorizzato, con esito positivo consistente nel raggiungimento di un consegnatario presso la residenza del ricorrente: in tal senso CASS. 33030/2019: “in tema di notificazioni “l’inesistenza è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto quale notificazione ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità” (Cass. SU 20.07.2016 n. 14716Cass. sez. V 28.10.2016 n. 21865); e le SU di questa Corte hanno ulteriormente specificato che tale conformità al modello legale sussiste ogni volta che l’attività di trasmissione sia stata svolta da “un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività…” e che la consegna sia esitata nel “raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta”. Nel caso di specie, avendo la notifica, eseguita da soggetto qualificato (messo notificatore), raggiunto un consegnatario all’interno della residenza del destinatario, sussistono entrambi i presupposti essenziali per l’esistenza della notificazione.”. A ciò poi va aggiunto che la sanatoria consegue sia alla successiva richiesta di rateazione con pagamento della cartella, sia alla mancata impugnazione degli atti esattivi (avviso di intimazione) successivamente notificati, perché in quella sede l’odierno appellato avrebbe dovuto e potuto rilevare il presunto vizio di notifica dell’atto precedente ex art. 19 CPT.

Ne consegue anche l’inconferenza della giurisprudenza citata dall’appellato che contempla la diversa ipotesi della notificazione ex art. 140 cpc (laddove è imprescindibile l’uso della raccomandata con avviso di ricevimento, stante il maggior deficit cognitivo derivante dal deposito dell’atto presso il Comune invece che la sua consegna, come nel caso che occupa, a persona convivente, dal che l’avviso di avvenuto deposito presso la casa comunale va inviato con raccomandata A/R come prescritto dall’art. 140 cpc), ma non quella ex art. 60 citato. – Sulla prova di avvenuto invio. Ai fini di prova di invio della raccomandata semplice, sovviene anzitutto la dichiarazione resa dal messo notificatore, nella qualità di pubblico ufficiale procedente, la quale non è stata contestata dalla parte avversaria mediante querela di falso.

Chiarissima sul punto CASS. 13739/2017: “Quanto, poi, alla dedotta assenza di comunicazione dell’avvenuta notificazione, secondo quanto prescritto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. b bis), la doglianza della contribuente non si confronta con la valenza probatoria dell’attestazione – “Della consegna ho informato il destinatario con raccomandata” apposta dall’ufficiale notificatore nella relata in oggetto. Va ricordato, per quanto qui rileva, che “per contestare il contenuto della relata di notifica, ove è attestato che l’ufficiale giudiziario ha compiuto tutte le formalità prescritte, ivi compresa la spedizione della raccomandata in una certa data, è necessaria la proposizione della querela di falso, esercitando l’ufficiale giudiziario pubbliche funzioni, con la conseguenza che i suoi atti soggiacciono alla disciplina di cui all’art. 2700 c.c., perché attestanti le operazioni da lui compiute” (Cass. n. 4193/2010).”

L’Ufficio ha in ogni caso depositato, ad abundantiam, anche le distinte di spedizione delle raccomandate de quibus: è pertanto dato piena prova (ed infatti la sentenza nulla contesta in tal senso) di avvenuto invio della raccomandata informativa, sia per il tramite dell’attestazione resa dal messo notificatore, il quale ha dato atto di aver informato il diretto destinatario dell’atto mediante invio di comunicazione informativa (attestazione fidefacente sino a querela di falso, non promossa dalla controparte), sia depositando le rispettive distinte di spedizione.

Da quanto sopra appare evidente l’errore in cui è incorso il primo giudice e la necessità di riformare sul punto la decisione.

Passando poi ad esaminare il secondo motivo di gravame principale, parimenti non corretta e smentita per tabulas è la decisione di prime cure che in ordine alla cartella n. 0622015XX ha reputato non perfezionato il procedimento notificatorio venendo in rilievo qui la previsione di cui all’art. 140 cpc. I documenti prodotti in prime cure dimostrano invece che la notifica si è perfezionata in data 21/01/2016, mediante deposito dell’atto presso la casa comunale a seguito di assenza sia del destinatario, sia delle persone previste dall’art. 139 cpc e successivo invio della raccomandata A/R n. 7XX6 (doc 5 fasc. I grado);

detta raccomandata è stata puntualmente depositata ed è stata esitata per compiuta giacenza, non avendo il ricorrente curato il ritiro dell’atto depositato dal messo notificatore presso la Casa comunale. Anche a tacere tali elementi la questione afferente la ritualità delle notifiche in esame era da reputarsi comunque superata dalle preliminari eccezioni non esaminate dal primo giudice che le ha invece assorbite, reputando preminente tale ultimo profilo. In particolare, l’Ufficio aveva eccepito la decadenza e quindi l’inammissibilità del ricorso speso in primo grado per avere il contribuente, senza apporre alcuna riserva, proposto istanza di rateazione ed avvenuto pagamento della cartella 0622014XX. Il medesimo ricorrente formulava, in data 30/10/2015, istanza di rateazione relativamente alla cartella di pagamento n. XX che veniva accolta dall’Ufficio con provvedimento prot.1X2/2015 allegato al fascicolo di primo grado (doc. 2), e provvedeva finanche al saldo della cartella in oggetto come attestato da quietanza di pagamento depositata al doc. 3 del fascicolo di prime cure (quietanza n. 5X del 12.08.2019). Si deve richiamare il noto orientamento della Corte di cassazione, come meridianamente espresso nella sentenza n. 16098/2018, a mente del quale “…se è vero che di per sé in materia tributaria, non può costituire acquiescenza da parte del contribuente l’avere chiesto ed ottenuto, senza riserva alcuna, la rateizzazione degli importi indicati nelle cartelle di pagamento, nondimeno il riconoscimento del debito comporta in ogni caso l’interruzione del decorso del termine di prescrizione e si pone quindi in maniera incompatibile con l’allegazione del contribuente di non avere ricevuto notifica delle cartelle. Ciò comporta, come chiarito più di recente anche da Cass. sez. 5, 8 febbraio 2017, n. 3347, che in tanto è possibile comunque la contestazione nell’an della pretesa tributaria, sempre che non siano scaduti i termini per la proposizione dell’impugnazione avverso le cartelle, nella fattispecie in esame ampiamente decorsi all’atto della proposizione del ricorso in primo grado, avuto riguardo alla data …. dei provvedimenti che avevano autorizzato la rateizzazione del debito richiesta dal contribuente.”. Deve poi darsi continuità alla pregressa giurisprudenza di questa corte (v. COMM. TRIB. REG.LE TOSCANA, sent. 1145/31/2017, Pres. Checchi) secondo la quale “L’appellante afferma, poi, di non aver avuto conoscenza delle cartelle oggetto degli estratti ruolo impugnati. Tale circostanza, alla luce delle relate prodotte, e in atti, nonché dell’istanza di rateazione e del provvedimento di accoglimento, è del tutto infondata. Nel caso di specie, pertanto, non è l’Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. a dover provare la notifica delle cartelle di pagamento e avvisi, bensì l’appellante deve provare l’esistenza di fatti modificati o estintivi dell’obbligazione tributaria. Il riconoscimento di debito, per il combinato disposto degli artt. 1988 – 2697 c.c., spiega effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale e, anche quando è titolata, cioè contenente il riferimento al rapporto giuridico che sta alla sua base, produce l’effetto dell’astrazione processuale dalla “causa debendi”, dispensando il promissario dall’onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale che si presume fino a prova contraria (Cass. Civ. n. 7787/2010Cass. Civ. 11332/2009Cass. Civ. n. 18259/2006).

Deve poi rilevarsi, come eccepito dall’Ufficio sin dal primo giudizio, che rituale era la notifica dell’intimazione di pagamento non opposta con la conseguente irretrattabilità del credito non contestato (v. sul punto CASS. 1901/2020). Documentato in atti è che l’appellato è stato raggiunto dalla notifica dell’intimazione di pagamento n. 06220189XX, ritualmente notificato in data 19/03/2018, per il mancato pagamento delle cartelle nn. 0622014XX e 0622015XX, ancora una volta dovendosi reputare errata la decisione di prime cure che ne ha invece sancito l’inesistenza per mancato deposito dell’avviso di ricevimento, trattandosi, anche nel caso di specie, di notificazione avvenuta a mani di persona convivente e quindi ai sensi dell’art. 60 comma primo lett. b) bis del DPR 600/1973, e non invece ai sensi dell’art. 140 cpc. mediante deposito presso la Casa comunale: l’Ufficio ha quindi correttamente utilizzato la raccomandata semplice (senza avviso di ricevimento) prescritta dalla legge, di cui ha dato prova di avvenuto invio sia tramite la dichiarazione del messo sia tramite il deposito della ricevuta di spedizione. Ne consegue che proprio la mancata impugnazione dell’intimazione di pagamento, quale atto successivo a quello prodromico che si assume non notificato, sana ogni ipotetico vizio di notifica di quest’ultimo e non ne consente la successiva impugnazione.

Del tutto destituito di fondamento, perché non corrispondente al principio di concatenazione delle impugnazioni degli atti tributari ex art. 19 D.lgs. 546/92, il diverso avviso della parte contribuente, secondo cui la controparte può riservarsi di impugnare “ogni atto” a prescindere da quelli notificati in precedenza (v. Corte di Cassazione, che con sentenza n. 1901/2020, che ha statuito: “Trova pertanto applicazione, nel caso di specie, il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito (in termini, Cass. n. 11800 del 2018). La CTR non ha tenuto conto di tale circostanza, limitandosi a rilevare che la notifica dell’intimazione di pagamento era intervenuta successivamente al maturare del termine di prescrizione, senza tuttavia considerare che la mancata impugnazione dell’intimazione aveva determinato la irretrattabilità della pretesa tributaria ad essa sottesa.”. Ed ancora Cass. 30911/2019: “In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato”; così, Cass. n. 6729/2015; nello stesso senso, ancor più di recente, v. Cass. n. 618/2018). 3.6 – Da quanto precede, anche alla luce della descritta tipicità dell’intimazione ex art. 50 citato, non può che discendere, sine ullo dubio, la necessità della sua tempestiva impugnazione da parte del contribuente, una volta notificatagli, pena la cristallizzazione della pretesa tributaria in essa manifestata, secondo l’ormai consolidata giurisprudenza sopra richiamata. Ove invece il contribuente opti per l’impugnazione della sola cartella di pagamento, benché l’intimazione D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 50 gli sia stata regolarmente notificata, detta azione non può che considerarsi in ogni caso inammissibile, per difetto d’interesse ex art. 100 c.p.c., giacché l’annullamento della cartella giammai potrebbe essere disposto, stante la definitività dell’atto conseguenziale, non impugnato. Ne deriva che la statuizione della C.T.R. circa l’inammissibilità dell’impugnazione spiegata dalla società ricorrente avverso la sola cartella di pagamento è del tutto corretta, perché coerente con la previsione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3. 4.1″).

Anche a voler tacere tali profili, comunque, il primo giudice avrebbe dovuto statuire (accogliendo il motivo) in ordine all’ulteriore elemento di inammissibilità del ricorso come eccepito dall’Ufficio in prime cure per non avere il contribuente formulato alcuna eccezione di decadenza e/o di prescrizione che tali “vizi” di notifica avrebbero comportato (c. CASS. 10079/2017).

Da quanto sopra discende che il ricorso in prime cure era ed è inammissibile e comunque andava rigettato nei termini di cui sopra, in guisa che il primo giudice avrebbe dovuto dichiararlo tale. Tale circostanza rende superfluo l’esame dell’appello incidentale spiegato dal contribuente in ordine al lamentato error in procedendo: nullità della sentenza ex art. 36, comma 2, n° 4, D. Lgs. n° 546/92 per omessa/carente motivazione (c.d. motivazione apparente) sulla nullità della notifica di tutte le cartelle di pagamento e dell’intimazione di pagamento per intermediazione di società di posta privata (Nexive); Error in iudicando:

l’intervento di società di posta privata comporta la nullità dell’intero procedimento notificatorio. Sul punto è sufficiente rilevare che se il ricorso era ed è inammissibile per quanto sopra. A ciò peraltro va aggiunto che con sentenza n. 8416/2019, le Sezioni Unite hanno sancito che la notifica dell’atto amministrativo – quale è la cartella di pagamento: così Cass. SS.UU. 23397/16, per cui “la cartella esattoriale, pur avendo le caratteristiche di un titolo esecutivo, resta un atto amministrativo privo dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato” – è legittimamente effettuabile mediante operatore postale privato, non rientrando nella previgente riserva di notifica a favore delle Poste Italiane nel sistema antecedente alla L. 124/2017, delineato dall’art. 4 D.lgs. 261/1999, come modificato dal D.lgs. 58/2011 – per il quale dovevano affidarsi in esclusiva a Poste Italiane soltanto le notificazioni degli atti giudiziari e delle violazioni al Codice della strada. Ne consegue quindi la reiezione anche del gravame interposto dal contribuente in via gradata e condizionata.

In conclusione, l’appello dell’Ufficio va accolto e, per l’effetto, in parziale riforma della decisione gravata va reputato legittimo l’atto impositivo gravato in prime cure dal contribuente con integrale reiezione del gravame interposto dal medesimo qui riproposto in via incidentale che va quindi rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza dell’appellato nei due gradi di giudizio, tenuto conto della riforma della prima decisione per quanto sopra e del rigetto del ricorso in prime cure e vanno liquidate come in dispositivo in favore dell’Ufficio.

P.Q.M.

Accoglie l’appello principale e dichiara legittimo l’atto impositivo. Rigetta l’appello incidentale. Condanna il contribuente al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio che liquida in E. 4.400,00 oltre rimborso forfetario.

 

 

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