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Riforma Codice dei contratti, l’audizione di ANAC alla Camera

L’intervento del presidente Giuseppe Busia: testo positivo su semplificazione e digitalizzazione dei contratti e ruolo di ANAC, ma con alcuni punti da migliorare

Promosso con riserva. Si potrebbe forse sintetizzare così l’audizione sullo schema di decreto sul nuovo Codice dei Contratti Pubblici che il presidente di Anac, Giuseppe Busia, ha svolto in commissione Ambiente alla Camera.

Un testo giudicato molto positivo dal punto di vista della semplificazione e digitalizzazione dei contratti, oltre che per la valorizzazione del ruolo di Anac a favore delle pubbliche amministrazioni, ma con alcuni punti da migliorare, sette in tutto:

  • Soglia di 500.000 euro per le stazioni appaltanti qualificate;
  • Soppressione del registro Anac dell’in-house;
  • Normativa sul conflitto d’interessi;
  • Soglia degli affidamenti diretti;
  • Progettazione;
  • Appalto integrato;
  • Contratti collettivi equivalenti;

Vediamoli in dettaglio.

Rispetto al disegno iniziale del Consiglio di Stato, è previsto l’innalzamento a 500mila euro della soglia per la qualificazione delle stazioni appaltanti. Secondo Busia questo comporta:

  • un aumento delle gare approntate da soggetti non qualificati del 65%;
  • sul totale degli affidamenti, circa il 90% rimarrebbero affidati da soggetti non necessariamente in grado di comprare.

Una scelta che comporterebbe una perdita in termini di rapidità, di efficienza delle gare, di spesa pubblica. La richiesta è di riportare a 150mila euro per la qualificazione. “Considerato che la richiesta di innalzamento è stata fatta da enti che non si sentono pronti, possiamo graduare l’applicazione, ponendo l’obiettivo dei 150.000 euro, adottando inizialmente la soglia dei 500.000. Questo è fondamentale per far funzionare la riforma e far sì che le risorse siano spese bene”.

Busia ribadisce che la soppressione del registro dell’in-house gestito da Anac nel nuovo Codice è sbagliata. “Si tratta di un vulnus per le imprese e il mercato, è una finta semplificazione”. Il presidente ribadisce che  è essenziale avere una verifica preventiva per controllare se il soggetto che acquisisce al di fuori dal mercato una commessa pubblica possiede i requisiti necessari, anche per non creare concorrenza sleale alle imprese.

E ricorda come nel lavoro di verifica di ANAC, due terzi dei casi riguardano amministrazioni che non hanno i requisiti: comunicarlo prima serve ad evitare responsabilità nei confronti degli enti locali, ed evitare che si allunghino i tempi, con moltiplicazione del contenzioso. Inoltre, serve ad evitare sacche di inefficienza, dovute al fatto che non si opera nel mercato sottraendosi a una concorrenza aperta.

Rammarico per le modifiche alle disposizioni sul conflitto di interessi. Secondo Busia, quanto formulato è in contrasto con le direttive europee di settore e con l’ordinamento in generale, che prevede norme stringenti per i conflitti di interesse, tanto più rilevanti nei contratti pubblici. “È stato introdotto un onere della prova invertito in modo improprio, degradando l’idea di imparzialità della pubblica amministrazione, come se questo fosse solo interesse dell’impresa esclusa. No, è interesse generale di tutti.”

La richiesta è quindi di tornare alla formulazione esistente, coerente con la normativa internazionale, oltre che di evidenziare il titolare effettivo dell’impresa, adeguandosi alla normativa antiriciclaggio: “L’amministrazione pubblica deve conoscere i soggetti a cui affida risorse pubbliche”.

Secondo Busia, una volta che la soglia è stata innalzata a 140mila euro, è opportuno prevedere almeno una ricerca preventiva di mercato, chiedere la rotazione delle imprese. “Altrimenti – spiega – spingiamo le imprese a lavorare non già sull’innovazione, ma sull’avvicinamento al dirigente o all’amministratore di turno. Non è questo che favorisce la crescita, non è questo il senso di un’amministrazione imparziale, secondo quanto stabilisce anche la Costituzione”.

Nel nuovo Codice si sottovaluta la progettazione, quando il suo rafforzamento è l’elemento chiave per le amministrazioni per capire l’obiettivo che intendono perseguire, e quindi scegliere il mezzo migliore per raggiungerlo. Busia sottolinea come solamente sopra soglia è previsto il documento di affidabilità delle alternative progettuali. “Questo richiede di portare ad una sottostima delle spese, facendo scoprire solo dopo l’esistenza di oneri più elevati. C’è il rischio, ancora una volta, di spendere male il denaro pubblico, e comprimere la libera concorrenza”.

L’appalto integrato è utile per gli appalti più complessi, ma non deve diventare una pratica generale. Per confermare la propria ipotesi, Busia richiama le rilevazioni dell’osservatorio ANAC: “più delle volte la pubblica amministrazione bandisce progetto ed esecuzione, e quando arriva il progetto esecutivo, si scopre un aumento rilevante dei costi. La pratica insegna che non c’è riduzione di tempi e di costi con l’appalto integrato. Va usato dove serve”.

Infine, una nota sulla proposta da parte delle imprese di un contratto collettivo diverso di quello indicato dalla stazione appaltante attraverso un’autodichiarazione di equivalenza. Secondo Busia questo potrebbe portare, senza il vaglio da parte di un ente terzo, ad abusi e a comportamenti diversi fra le amministrazioni. Il presidente ANAC propone quindi un vaglio centralizzato che potrebbe essere svolto dal Cnel, indicando un codice che poi ANAC possa utilizzare all’interno della propria Banca dati e del fascicolo digitale.

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