07/03/2022 – Appalto di servizi: è legittimo limitare il ricorso al subappalto alle prestazioni secondarie, prevedendo che quelle principali vengano eseguite dall’aggiudicatario

Consiglio di Stato, Sez. IV, 24/02/2022, n. 1300

Procedura di gara per l’affidamento di un appalto di servizi triennale, relativo ad attività connesse alla gestione dei rifiuti, integralmente riservato alle cooperative sociali di tipo “B” (o loro consorzi) di cui all’art. 1, comma 1, lettera b), legge n. 8 novembre 1991 n. 381.

L’appellante non ha potuto prendere parte alla gara a causa della sua non appartenenza a questa categoria.

Tra i vari motivi di appello l’interessata ha censurato l’asserito sviamento dalla causa tipica che il Comune avrebbe inteso perseguire (e, cioè, l’integrazione sociale e professionale delle persone c.d. svantaggiate), in quanto una tale astratta finalità di tutela è stata, in concreto, manifestamente elusa e contraddetta dallo stesso Ente a mezzo dell’illegittima regolamentazione dell’appalto (permettendo l’ampio ricorso al subappalto, prevedendo un impiego differito dei lavoratori c.d. svantaggiati e, infine, prevedendo la “clausola sociale” a favore delle maestranze della precedente impresa affidataria).

La Sentenza è particolarmente interessante per l’accurata ricognizione sugli “appalti riservati”.

Ulteriore elemento da rimarcare è la decisione relativa alle prestazioni di servizi ( principali e secondarie) subappaltabili.

Il Consiglio di Stato infatti respinge l’appello, evidenziando come, sulla base delle ultime modiche dell’articolo 105, è legittimo limitare il ricorso al subappalto ad alcune delle prestazioni contrattuali, quelle definite secondarie, prevedendo, invece, che altre, quelle definite principali, vengano eseguite dall’aggiudicatario.

Se sussistano prestazioni che, per mero errore la stazione appaltante non abbia riservato all’aggiudicatario, esse potranno essere oggetto di subappalto.

Consiglio di Stato, Sez. IV, 24/02/2022, n. 1300 così stabilisce:

31.Residua, infine, il terzo ed ultimo motivo di appello.

31.1. Quanto alla prima censura, va preliminarmente evidenziato come l’art. 105 d.lgs. n. 50/2016 prevede che “il contratto non può essere ceduto, non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera”.

31.2. Coerentemente a queste limitazioni, la disposizione ammette la possibilità di prevedere il subappalto, purché esso verta su “parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”, escludendo, dunque, che si possa subappaltare la totalità delle prestazioni oggetto dell’appalto e ammettendo che esso vi sia, purché vi sia l’indicazione nei documenti di gara delle prestazioni o delle lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario.

31.3. In materia di subappalto, va poi rilevato che la Corte di Giustizia, sez. V, 27 novembre 2019, causa C-402/18, ha avuto modo di affermare che “la direttiva 2004/18 dev’essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita al 30% la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”, il che può ritenersi rilevante anche con riferimento alla nuova Direttiva, in assenza di indicazioni normative di segno contrario.

32.Così riassunta la disciplina di riferimento, il Collegio rileva che la prima censura formulata nel terzo motivo di appello è infondata.

32.1. Come statuito dal T.a.r. il quadro normativo sovranazionale e nazionale non consente di individuare dei limiti al conferimento in subappalto di una parte delle prestazioni contrattuali, che non siano quelli innanzi indicati e che, nel caso in esame, non risultano violati.

32.1.2. La stazione appaltante ha, infatti, limitato il ricorso al sub appalto ad alcune delle prestazioni contrattuali, quelle definite secondarie, prevedendo, invece, che altre, quelle definite principali, vengano eseguite dall’aggiudicatario.

32.1.3. Laddove sussistano prestazioni che, per mero errore la stazione appaltante non abbia riservato all’aggiudicatario, esse potranno essere oggetto di subappalto.

32.1.4. Risulta dunque indimostrato quanto affermato dall’appellante e cioè che la previsione della possibilità di subappaltare svierebbe la finalità per la quale l’appalto è stato riservato.

32.2. Un ulteriore argomento di carattere sistematico, a conferma della motivazione della sentenza di primo grado, si trae dalla medesima formulazione testuale dell’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 (e, dunque, dell’art. 20 della Direttiva), che prevede la possibilità, per la stazione appaltante, di prevedere una riserva di esecuzione dell’appalto a favore degli operatori economici che impiegano manodopera costituita da lavoratori svantaggiati.

32.2.1. Risulta evidente, dunque, che ove la P.a. abbia previsto una simile riserva di esecuzione, l’attuazione del contratto non possa che avvenire che da parte di operatori economici che soddisfano tale condizione, e, quindi, correlativamente, qualora si faccia ricorso al sub appalto è lecito ritenere che questa condizione di esecuzione debba trasmettersi dall’appaltatore aggiudicatario al sub appaltatore, mentre qualora sia stata prevista la sola riserva di partecipazione una simile restrizione in materia di subappalto non opera.

32.2.2. L’ulteriore affermazione – secondo cui il risultato di facilitare l’inserimento delle persone c.d. svantaggiate all’interno del mondo lavorativo “si sarebbe potuto tranquillamente conseguire, senza alcuna limitazione della libera concorrenza e del confronto competitivo, semplicemente a mezzo di un diverso tipo di riserva e, cioè, dei posti di lavoro in favore di tali categorie sociali” – costituisce, dunque, un’affermazione di parte che “invade” la sfera di merito e di ponderazione di opportunità rimessa all’esclusivo apprezzamento della P.a. e conseguentemente sottratta al sindacato di questo Consiglio.

32.3. La prima censura va, pertanto, respinta.

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