17/02/2022 – La cultura della prevenzione nel diritto amministrativo. Dai modelli organizzativi ex D.Lgs. n. 231/2001 e ss.mm.ii. al rating di legalità. La codificazione normativa e l’interpretazione della giurisprudenza.

  1. Gli istituti della prevenzione nel diritto amministrativo: il modello ex D.L.gs. n. 231/2001 e ss.mm.ii.
  2.  2.1. Gli istituti con finalità preventive e premiali nel codice dei contratti pubblici. 2.2. Principio di proporzionalità e valutazione di idoneità preventiva e terapeutica delle misure di self cleaning aziendale secondo la Giurisprudenza. 3. I criteri premiali ed il rating di legalità. 4. Considerazioni conclusive.

 

  1. Nella visione contemporanea il diritto amministrativo è chiamato a disciplinare “modelli organizzativi” che si sviluppano su più livelli di governance e secondo forme non più solo monistiche ma di interazione tra potere pubblico ed azione privata.

Il fine ultimo è di rendere l’azione amministrativa sempre più diretta ed in grado di penetrare in modo efficace nella sfera individuale e collettiva della “persona” per garantirne la piena ed equilibrata realizzazione nell’ambito sociale.

La funzione legislativa, regolatoria ed esecutiva è dunque diretta alla creazione di “sistemi organizzativi sostenibili” che inducano i soggetti privati, interlocutori delle pubbliche amministrazioni, ad operare secondo criteri di legalità e correttezza.

Obiettivo strategico è quello di incrementare la probabilità di successo nella risoluzione di criticità che ostacolano la costruzione di efficaci modelli gestionali dell’azione pubblica, nello stesso tempo riducendone i tempi ed i costi.

In questo quadro di riferimento per esempio il diritto tributario ha valorizzato il modello delle “Agenzie fiscali”, assetto organizzativo meno burocratico e più legato al perseguimento dei risultati e all’efficienza, finalizzato a ristabilire un rapporto di fiducia tra le parti[1], facendo in modo che l’Agenzia operi non solo in via repressiva ma soprattutto in via preventiva, in modo da convincere i contribuenti all’adempimento spontaneo[2].

Alcuni degli istituti tributari che si radicano nel solco della prevenzione, destinati ad occupare un ruolo sempre più determinante nell’economia globale dei processi organizzativi e di azione dell’Amministrazione Finanziaria, sono per esempio le comunicazioni preventive, l’adempimento collaborativo (coorporative compliance)[3], le istanze di collaborazione volontaria (voluntary disclosure) e le istanze di accordo preventivo.

Si può pertanto affermare che negli ultimi anni il fil rouge delle principali riforme che hanno coinvolto diversi ambiti del diritto amministrativo è la promozione ed adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento, finalizzate a favorire la prevenzione e la risoluzione alternativa dei conflitti tra interessi.

Da tali premesse nasce la “cultura della prevenzione” alla quale è strettamente connesso il metodo della “gestione del rischio” che permea taluni innovativi istituti introdotti nella legislazione vigente.

  1. Istituto a finalità preventiva è certamente il sistema dei “modelli organizzativi” ex D.Lgs. n. 231/2001 e ss.mm.ii. che sempre di più sta interessando anche il settore pubblico e l’ambito di disciplina del diritto amministrativo[4].

Il sistema, delineato dal D.Lgs. n. 231/2001 e ss.mm.ii., prevede l’utilizzo di modelli organizzativi aziendali “virtuosi”, diretti cioè ad abbassare il rischio di commissione dei reati nell’interesse dell’impresa[5]. La lungimirante scelta di politica criminale sottesa al sistema di responsabilità amministrativa degli Enti[6] consiste nell’incentivare questi ultimi ad adottare modelli organizzativi e protocolli interni preventivi che neutralizzino o comunque contengano il rischio del reato d’impresa; ma consiste anche, qualora tali protocolli non siano stati adottati prima della commissione del reato o non siano risultati idonei a prevenirlo, nell’incentivare continuamente un ritorno alla legalità, attraverso l’adozione di modelli organizzativi remediali e condotte riparative che si ispirano alla cultura della Restorative Justice.

A tale risultato si è giunti in forza:

  1. a) degli impegni internazionali assunti dall’Italia con la sottoscrizione (convenzioni e protocolli internazionali);
  2. b) dei modelli di responsabilità degli enti sviluppati nei paesi di common law;
  3. c) degli studi criminologici sull’evoluzione della criminalità riconducibili alla “politica d’impresa”;
  4. d) dell’evoluzione della dottrina che ha posto l’accento sull’insufficienza di un sistema punitivo riferito esclusivamente alla persona fisica.

Negli ambiti di disciplina del diritto amministrativo si rinvengono diversi esempi di applicazione trasversale delle previsioni di cui al D.Lgs. n. 231/2001 e ss.mm.ii e di penetrazione di istituti finalizzati alla diffusione della cultura giuridica remediale e preventiva.

2.1 Nel settore della regolazione dei contratti pubblici, per esempio, emergono interessanti punti di intersezione tra il campo di azione della disciplina amministrativa ed il sistema della responsabilità amministrativa degli Enti.

L’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii. disciplina i motivi di esclusione dell’operatore economico dalle procedure ad evidenza pubblica in applicazione dei principi eurounitari[7].

La norma prevede l’ipotesi dei motivi di esclusione facoltativi dalle procedure di gara, sottolinea la discrezionalità delle decisioni delle Amministrazioni aggiudicatrici nel valutare se l’operatore si è dimostrato “inaffidabile”, per esempio a causa della violazione degli obblighi ambientali e sociali e/o a causa del coinvolgimento degli organi apicali in fatti penalmente rilevanti che ne mettano in discussione l’integrità e dunque lo rendano inidoneo ad ottenere l’aggiudicazione di un appalto pubblico, indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità tecnica ed economica per l’esecuzione dell’appalto.

In sintesi, il considerando 102 della Direttiva 2014/24/UE, cui si ispira la norma interna, introduce un’ancora di salvataggio. La disposizione indica agli Stati membri l’opportunità di prevedere sistemi che consentano che gli operatori economici possano adottare misure per garantire l’osservanza degli obblighi, volte a porre rimedio alle conseguenze di reati o violazioni e a impedire efficacemente che tali comportamenti scorretti si verifichino di nuovo. Tali misure potrebbero consistere, in particolare, in misure riguardanti il personale e l’organizzazione quali la rottura di tutti i rapporti con le persone o con le organizzazioni coinvolte nel comportamento scorretto, in misure adeguate per la riorganizzazione del personale, nell’attuazione di sistemi di rendicontazione e controllo, nella creazione di una struttura di audit interno per verificare la conformità e nell’adozione di norme interne di responsabilità e di risarcimento. Qualora tali misure offrano garanzie sufficienti, l’operatore economico interessato non dovrebbe più essere escluso solo sulla base di tali motivi.

L’art. 57, comma 6 della Direttiva prevede che la valutazione da parte della stazione appaltante circa l’idoneità delle misure adottate dall’operatore economico per garantire l’affidabilità, sia improntata al principio di proporzionalità[8].

La stessa Direttiva induce lo Stato membro a riconoscere una posizione di interesse qualificato dell’operatore economico, riguardo la possibilità di attivare, in capo all’Amministrazione aggiudicatarie, il procedimento di valutazione di idoneità remediale e preventiva delle misure di riorganizzazione aziendale, alfine di ottenere l’ammissione e/o la non esclusione dalla procedura di aggiudicazione.

Nell’ambito della normativa interna di recepimento, il comma 7 dell’art. 80 del codice dei contratti pubblici prevede espressamente la possibilità dell’operatore economico coinvolto in un procedimento penale, di evitare l’esclusione dalla gara se dimostri di avere adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti[9].

Sinteticamente, l’adozione delle “misure organizzative di prevenzione” consente all’impresa – previa valutazione di “sufficienza” da parte della stazione appaltante – di non essere esclusa dalla procedura.

2.2. È interessante condurre una prima indagine sulla casistica amministrativa delle ipotesi di “sufficienza” delle misure organizzative ritenute idonee a salvare l’impresa dall’esclusione dalla procedura di affidamento dei lavori, servizi e/o fornitura.

Il mezzo attraverso cui condurre l’indagine non può che essere l’esame della Giurisprudenza resa in materia.

La sentenza n. 5732 del 30 settembre 2020 della V sezione del Consiglio di Stato chiarisce la portata applicativa delle norme di cui al paragrafo 6, art. 57 della Direttiva 2014/24, recepite dall’ordinamento interno con le previsioni di cui ai commi 7 e 8 dell’art. 80 del D.L.gs n. 50/2016[10].

La sentenza, premesso il quadro normativo di riferimento, osserva che, in assenza di una sentenza definitiva di accertamento della legittimità della risoluzione disposta ai danni dell’operatore economico partecipante alla gara, l’Amministrazione aggiudicatrice avrebbe dovuto attivare, prima di procedere all’estromissione dalla gara dello stesso operatore, il sub-procedimento prescritto dall’art. 57, paragrafo 6 della Dir. 2014/24/UE, volto a garantire il contraddittorio con l’operatore economico e verificare se lo stesso avesse adottato delle misure riparatorie (self-cleaning) e, solo all’esito di detto procedimento, avrebbe potuto valutare in merito alla sua eventuale esclusione.

Il Consiglio di Stato pone l’attenzione sull’esistenza indiscussa, data la sua previsione normativa e la sua procedimentalizzazione[11], di un vero e proprio “onere del contraddittorio” da parte dell’Amministrazione che è tenuta a condurre l’istruttoria del sub procedimento introdotto con la richiesta dell’operatore economico di esame delle misure di self-cleaning, misure che lo stesso operatore invoca quale cause escludenti l’applicazione della sanzione espulsiva (esclusione dalla procedura di gara).

Il Giudice interno trae argomentazione dalla pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza C-41/18, EU/C/2019/507 del 19/06/2019) secondo cui “la succitata direttiva ha carattere innovativo, in particolare nella misura in cui istituisce, all’articolo 57, paragrafo 6, il meccanismo delle misure riparatorie (self-cleaning). Tale meccanismo, che si applica agli operatori economici non esclusi da una sentenza definitiva, tende a incoraggiare un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui all’articolo 57, paragrafo 4, della medesima direttiva, a fornire prove del fatto che le misure da esso adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un pertinente motivo facoltativo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l’operatore economico in questione non deve essere escluso dalla procedura d’appalto. A tal fine, l’operatore economico deve dimostrare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti […]”.

Il Tar Lazio, sez. III quater, con la sentenza n.14119 del 30/12/2020, resa in materia di aggiudicazione a seguito di procedura ristretta per l’affidamento di un servizio di pulizia, ha ritenuto adeguatamente motivato il provvedimento di aggiudicazione del servizio ad un operatore economico, il cui organo apicale era stato coinvolto in procedimenti penali. La stazione appaltante, nonostante l’esistenza del procedimento penale, esprime un giudizio di idoneità (escludente la sanzione espulsiva) del piano strategico di misure di self cleaning per l’adozione di un modello organizzativo ex art. 17 del D.Lgs. n. 231/2001 e s.s.mm.ii.[12]

Viene confermata, dunque, la discrezionalità del potere dell’Amministrazione di valutare – a seguito dell’adozione delle misure cd. di self cleaning da parte dell’operatore economico – la sua affidabilità professionale ed in particolare la definitiva insussistenza di elementi ostativi alla aggiudicazione dell’appalto, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del D.Lgs. n. 50/2016. 

Tale valutazione deve emergere chiaramente ed adeguatamente dall’iter motivazionale del provvedimento. 

Nel caso preso in esame dal Giudice Amministrativo, viene rilevato come il Responsabile Unico del procedimento avesse giustificato e motivato, sul piano formale, la compiuta valutazione di rilevanza terapeutica delle misure di “self cleaning”, richiamandone il fondamento normativo ovvero il comma 7 dell’art. 80 del codice degli appalti pubblici, che trae origine dai principi del diritto euro unitario (considerando n. 102 e dall’art. 57, par. 6 della direttiva 2014/24/UE)[13].

Per esempio, misure idonee a rendere efficace l’intervento “terapeutico” sono state considerate le seguenti:

  • le dimissioni e la nuova nomina dei rispettivi organi amministrativi;

– l’introduzione, negli Statuti delle due società interessate, delle modifiche necessarie ad escludere la soggezione dell’una ai poteri di direzione e coordinamento dell’altra, nonché a superare la presunzione di cui all’art. 2947 sexies c.c.[14];

– l’approvazione di un modello di Organizzazione e Gestione ex D.Lgs. 231/2001 pienamente idoneo ad individuare e prevenire i reati richiamati dal citato decreto e che possano essere commessi, a vantaggio o nell’interesse della Società, da soggetti apicali o da soggetti sottoposti alla loro direzione e vigilanza, con l’approvazione in particolare del documento di “Risk Assessment” ovvero della mappatura dei rischi di commissione dei reati.

In altri casi[15] il Giudice Amministrativo ha ritenuto legittima l’esclusione dalla procedura di gara se motivata per l’esistenza del rinvio a giudizio dell’amministratore unico della società ma illegittima per l’assenza di riferimenti motivazionali alla valutazione delle misure di self cleanig introdotte dall’operatore economico.

Alla luce di tali prime coordinate giurisprudenziali, emerge chiaro come lo strumento dei modelli organizzativi diretti ad escludere la responsabilità amministrativa degli Enti possa essere un valido strumento di salvataggio aziendale anche in presenza di gravi indizi di responsabilità penale a carico dei soggetti gestori.

In tal senso viene fortemente valorizzata dal legislatore la cultura preventiva e rimediale con l’evidente fine di tutelare l’interesse pubblico e collettivo sotteso al mantenimento in vita dell’Azienda.

  1. L’adozione di modelli organizzativi improntati alla cultura della prevenzione nella commissione dei reati viene incentivata anche attraverso il sistema dei criteri premiali previsto dall’art. 95, comma 13 del codice dei contratti pubblici[16].

In particolare, il riferimento è al punteggio aggiuntivo attribuibile in relazione al maggior rating di legalità, raggiungibile anche grazie all’adozione dei modelli organizzativi ex D.L.gs. n. 231/2001 e ss.mm.ii.[17]

  1. Considerazioni conclusive.

In sintesi, da tutte le disposizioni e pronunce sin qui esaminate, emergono le finalità preventive che il legislatore intende perseguire attraverso l’adozione di sistemi normativi e regolatori che inducano alla diffusione di modelli culturali, prima ancora che organizzativi, improntati alla legalità e trasparenza quale volano di sostenibilità etica e giuridica ma anche e soprattutto economica e sociale.  

Particolarmente proficuo è dunque lo studio delle interconnessioni tra le discipline, penale, amministrativa e di organizzazione aziendale, in relazione all’area dei delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal libro II, Titolo II del codice penale ed inseriti nel catalogo dei cd. “reati – presupposto” del D.Lgs. n. 231/2001 e ss.mm.ii. (cfr. art. 314 e ss c.p. e artt. 24, 25 e ss. del D.Lgs. n. 321/2001 e ss.mm.ii.).

Ciò in quanto un’organizzazione aziendale che attui un efficace e tempestivo sistema di rilevazione della responsabilità del singolo agente, stimolata dalla previsione normativa di meccanismi “premiali” o “terapeutici” che consentano all’impresa di incrementare la propria competitività (probabilità di conquistare la commessa pubblica) e/o di ravvedersi (probabilità di non perdere la commessa pubblica), svolge una triplice funzione:

  • migliora la “qualità” dei sistemi produttivi e dunque migliora la competitività dell’operatore economico con ricadute in termini di miglioramento del benessere individuale e collettivo;
  • valorizza la funzione preventiva e deterrente del sistema penale con positive ricadute in termini di maggiore efficacia degli strumenti di lotta alla corruzione, di riduzione dell’esternalità negative quale è il radicarsi di sistemi anti concorrenziali causati dai meccanismi corruttivi stessi;
  • incrementa la diffusione di best practices aziendali ed amministrative più trasparenti e razionali e l’efficacia dei sistemi di gestione delle organizzazioni pubbliche a discapito della tendenza all’affermarsi di processi degenerativi della funzione pubblica quali, per esempio, i sistemi che fondano le scelte pubbliche, non ottimali, sullo scambio di voti attraverso i cd. “gruppi di pressione”[18], determinando un vorticoso, patologico e quindi pregiudizievole aumento della spesa pubblica in danno della collettività.

Dunque l’auspicio è che l’operatore del diritto si renda sempre più consapevole e partecipe dello spirito innovatore che permea taluni istituti di matrice europea ed internazionale, improntati alla cultura della prevenzione, quale strumento indispensabile per il contrasto efficace dei sistemi corruttivi delle pp.aa., nell’ottica di uno sviluppo sostenibile della collettività.

 

 

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto