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L’accordo transattivo che un dipendente, condannato per fatti delittuosi implicanti responsabilità erariale, ha stipulato con l’ente pubblico datore di lavoro non incide sull’azione della Corte dei Conti “essendo il giudizio di responsabilità amministrativo – contabile del tutto autonomo rispetto alle iniziative esperibili dal soggetto danneggiato in sede civile e ad eventuali accordi transattivi (..) anche in forza dei limiti sanciti dal codice civile con riguardo ai diritti indisponibili (art. 1966 c.c.)”.

Pertanto, eventuali pagamenti effettuati dal dipendente all’Amministrazione costituiscono “meri atti extragiudiziali” e non possono essere assunti come base per la determinazione del danno apportato all’ente.

Questo il principio espresso dalla Corte dei Conti, Sez. Giurisdizionale della Toscana, con la sentenza n. 3 depositata il 21 gennaio 2022, con cui ha condannato un ex dipendente di un Comune al pagamento del danno causato all’ente per oltre € 30.000,00.

Nel caso di specie, un dipendente di un Comune era stato condannato, ripetutamente, alla pena di anni 4 di reclusione per diverse ipotesi di peculato, tutte aggravate dalla recidiva specifica e, in particolare, sia per essersi appropriato di generi alimentari destinati a famiglie bisognose, custoditi  presso i locali della protezione civile comunale, sia per essersi impossessato di diversi quantitativi di carburante per autotrazione, pagandoli con la carta di credito del Comune, sia per essersi servito sistematicamente a fini personali dell’autovettura di proprietà dell’Amministrazione e per un’altra serie di reati aggravati dalla recidiva specifica, tra i quali, turbata libertà degli incanti, truffa aggravata, etc.

A parere della Procura contabile, sussistevano tutti gli estremi della responsabilità erariale, in quanto, abusando del rapporto di servizio, il soggetto aveva dolosamente cagionato danni patrimoniali e non patrimoniali all’Amministrazione di appartenenza.

In particolare, secondo la Corte dei Conti, il danno, quantificato in oltre 111.000,00, sarebbe stato costituito dalle seguenti voci di danno patrimoniale:

  • “da lesione del rapporto sinallagmatico”, a causa dello sviamento delle energie lavorative verso finalità illecite e della conseguente erogazione ingiustificata della retribuzione;
  • da disservizio”, costituito dal costo aggiuntivo sostenuto dall’amministrazione danneggiata per il ripristino della legalità, dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa;
  • da tangente”, determinato in una misura almeno pari a quanto illegittimamente percepito;
  • da assenteismo”, quantificato in relazione alla retribuzione dovuta per le ore e i giorni in cui il dipendente, pur risultando presente, si è arbitrariamente allontanato dal posto di lavoro e non ha quindi svolto la prestazione lavorativa.

La Procura della Corte dei Conti ha ritenuto che dall’importo del danno causato non devono essere detratti gli importi che il Comune non aveva ancora erogato, a titolo di indennità, straordinari, et similia, atteso che “la determinazione dei danni patrimoniali viene operata sulla base delle somme percepite dal convenuto; invece, le pretese aventi ad oggetto gli asseriti ulteriori emolumenti stipendiali (se realmente dovuti) sono estranei al giudizio di responsabilità e potranno essere eventualmente accertate innanzi al giudice del lavoro”.

Inoltre, la Procura aveva chiesto la condanna al risarcimento per danno non patrimoniale da assenteismo e all’immagine del Comune conseguente ad assenze arbitrarie dal servizio perpetrate mediante condotte fraudolente, per il quale non è necessario il preventivo accertamento del reato con sentenza passata in giudicato. La misura di tale danno può essere determinata in via equitativa, tenendo conto della qualifica del dipendente, della gravità e frequenza degli illeciti, dell’intenzionalità e della diffusione e risonanza della vicenda, oltre che all’interno dell’ente e nella comunità sociale di riferimento.

Il dipendente aveva dedotto d’aver integralmente risarcito i danni patrimoniali e non patrimoniali mediante il pagamento della somma di € 51.001,28, come attestato dal Comune con apposita determinazione, con la quale si sarebbe dichiarato “totalmente soddisfatto”, precisando di non avere “più niente da pretendere”.

La Corte dei Conti, con la sentenza in commento, ha quantificato il risarcimento a favore dell’ente in un importo complessivo pari a € 82.363,22. 42, ma avendo il Comune già recuperato l’importo di € 51.001,29, ha condannato il dipendente al pagamento della differenza, pari a € 31.361,93, oltre la maggiorazione dovuta a rivalutazione monetaria, da calcolare su base annua e secondo gli indici ISTAT, a far data dall’evento lesivo e fino alla pubblicazione della presente sentenza. Sulla somma così rivalutata, sono dovuti gli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza e fino al soddisfo.

 

Leggi la Sentenza

CC sentenza 3-2022

 

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