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in tema di abuso d’ufficio, l’elemento soggettivo è integrato dalla coscienza e volontà della condotta e dalla intenzionalità dell’evento, nel senso che il vantaggio patrimoniale od il danno ingiusto devono costituire l’obiettivo perseguito dall’agente pubblico e non soltanto genericamente incluso nella sua sfera di volontà. Inoltre, Il vantaggio rilevante ex art. 323, cod. pen.,dev’essere effettivo – anche se non attuale ma destinato a concretizzarsi soltanto in futuro e/o nel concorso di ulteriori condizioni – e non può essere soltanto astrattamente ipotizzabile.

È quanto afferma la Corte di Cassazione, sez. VI Penale (3160/2022) rigettando una sentenza con la quale il giudice di primo grado aveva condannato, per abuso d’ufficio, il responsabile del servizio urbanistico di un Comune e lo stesso sindaco. Quest’ultimo poichè “nella sua qualità di sindaco di quel comune, omesso di esercitare il potere-dovere di controllo e di direttiva su quei funzionari, affinché provvedessero a quanto dovuto”.

Nel caso in esame si tratta della omessa demolizione di edifici consistenti in agglomerati di tufo, legno e lamiere, tali da conferire loro l’aspetto di «baracche fatiscenti» per le quali non si può affermare che  fossero in concreto suscettibili di una qualsiasi forma di godimento, così da poterne qualificare la perdurante disponibilità come un’utilità “economicamente apprezzabile”.

A giudizio della Corte Suprema, l’inapprezzabile consistenza economica di quei manufatti e la indimostrata utilità, effettiva o potenziale, di essi per i loro proprietari, aggiunta all’omessa indicazione in sentenza di qualsiasi contatto tra costoro e gli imputati, nonché di una ragione specifica e concreta per cui questi ultimi potessero prestarsi a piegare le loro funzioni istituzionali a vantaggio di quelli, rendono priva di adeguato sostegno logico l’affermazione per cui gli imputati medesimi abbiano agito con l’intenzione, anche soltanto in via concorrente, di avvantaggiare quei privati.

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