04/04/2022 – Le gare con inserimento lavorativo ex art.112 non hanno limiti ne di valore ne di oggetto, e non richiedono uno specifico obbligo motivazionale

TAR BRESCIA sentenza n.310 del 31 marzo 2022

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In primo luogo, l’art. 112 del d.lgs. 50/16 non prevede alcun limite né di valore né di oggetto entro cui contenere la riserva di partecipazione; la limitazione prevista dalla legge n. 381/1991 non è contemplata né dalla normativa comunitaria né dal codice dei contratti pubblici perché persegue una finalità esattamente antitetica rispetto a quella dell’art. 20 della Direttiva in quanto avvantaggia gli operatori economici diversi da quelli che tutelano le categorie di lavoratori svantaggiati (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 24 febbraio 2022, n.1300), né una diversa esegesi dell’istituto potrebbe essere avvalorata dagli orientamenti formatisi in base alle disposizioni del previgente codice dei contratti pubblici stante la non sovrapponibilità delle previsioni. 

Il menzionato art. 112 si riferisce, infatti, a tutte le “procedure di appalto”, a prescindere, quindi, dall’oggetto dell’affidamento che può ora riguardare sia prestazioni complesse e articolate sia servizi pubblici di rilevanza economica: impostazione, questa, che appare comprovata, tra l’altro, da una giurisprudenza consolidata secondo cui «le stazioni appaltanti hanno il potere di fissare nella disciplina di gara requisiti soggettivi specifici di partecipazione, suscettibili di limitare la platea dei concorrenti, attraverso l’esercizio di un’ampia discrezionalità, il quale rimane insindacabile in sede giurisdizionale se non nei limiti della ragionevolezza dell’imposta limitazione del confronto competitivo in rapporto allo scopo perseguito» (ex multis, Cons. Stato, sez. I, 7 dicembre 2020, n. 13049).

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L’applicazione della disciplina di cui all’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 non richiede, infatti, una particolare motivazione perché la finalità di carattere sociale che persegue – ossia facilitare e ampliare la partecipazione al “mondo del lavoro” di categorie svantaggiate di lavoratori – è prevista da una norma di rilievo euro-unitario che si colloca in posizione di equiordinazione rispetto ai principi di libera concorrenza e piena contendibilità dell’aggiudicazione dell’appalto (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 24 febbraio 2022, n.1300).

La finalità sociale non è neppure contraddetta dalla mancata introduzione di un numero minimo di lavoratori “svantaggiati” da impiegare nella commessa, omissione forse rilevante se la lex specialis avesse imposto una riserva di esecuzione e non un requisito di partecipazione, ove l’effettivo impiego di personale svantaggiato è preso in considerazione solo in sede di valutazione dell’offerta; senza contare che dagli atti di gara è emerso che la stazione appaltante ha previsto numerose disposizioni per assicurare l’effettivo inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, anche mediante l’attuazione di appositi progetti.

Né il ricorrente può sostenere che gli obiettivi della riserva avrebbero potuto essere egualmente soddisfatti con l’inserimento di un criterio premiale all’interno di un’ordinaria procedura a evidenza pubblica perché la censura implica delle valutazioni di merito rimesse all’esclusivo apprezzamento della Stazione Appaltante. 

Infondata appare, infine, l’asserzione secondo cui la possibilità di ricorrere al subappalto svilirebbe la ratio della riserva perché non solo tale possibilità non è vietata dalla normativa europea ma anche perché l’articolo 7.2. del capitolato consente di subappaltare parte della commessa solo a favore degli operatori economici «in possesso di tutti i requisiti indicati nel bando di gara», locuzione, questa, non può che ricomprendere anche l’appartenenza a una delle categorie di cui all’art. 112 del codice degli appalti che, come visto, rappresenta un requisito imposto a tutti gli operatori economici che svolgono l’attività appaltata.

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