17/11/2022 – La creazione di nuovi volumi implica la realizzazione di un abuso maggiore non suscettibile di sanatoria ai sensi della legge n. 326/2003

Nuove costruzioni in zona vincolata, condono impossibile

La creazione di nuovi volumi implica la realizzazione di un abuso maggiore non suscettibile di sanatoria ai sensi della legge n. 326/2003

La realizzazione di una nuova costruzione o un ampliamento volumetrico in zona vincolata non rappresentano interventi condonabili ai sensi della legge n. 326/2003.

Lo ribadisce il Consiglio di Stato con la sentenza n. 9504/2022, a seguito dell’appello presentato da una società di costruzioni contro un’Amminsitrazione comunale che aveva negato il condono su due unità abitative situate all’interno di un complesso immobiliare.Tale cex complesso alberghiero è stato oggetto di diversi abusi edilizi, per i quali era stato ottenuto negli anni il condono ai sensi delle leggi n. 47/1985 e n. 724/1994. Stesso risultato però non è stato ottenuto relativamente all’ultima richiesta presentata ai sensi della legge n. 326/2003 (Terzo Condono Edilzio), inerente la relizzazione di due locali semintaerrati per una volumetria complessiva di 230 mc.

 Il Comune ha respinto le istanze, sulla base di questi presupposti, confermati in primo grado dal TAR:

  • il caso in esame concretizzerebbe un’ipotesi di lottizzazione abusiva, la quale avrebbe ad oggetto l’ex complesso turistico-alberghiero considerato nella sua interezza;
  • il contrasto delle unità residenziali in esame con le norme urbanistiche e con le prescrizioni dello strumento urbanistico;
  • il ricadere delle stesse unità residenziali in una zona soggetta a vincolo paesaggistico ed a vincolo idrogeologico.

Terzo condono edilizio: le disposizioni della della legge n. 326/2003

E dello stesso avviso è stato il Consiglio di Stato specificando che:

  • il caso rappresenta un’ipotesi di lottizzazione abusiva;
  • esiste una causa ostativa alla sanatoria di cui agli artt. 32, comma 27, lett. d), della l. n. 326/2003 e 3, comma 1, lett. b), della l.r. n. 12/2004, in quanto le unità immobiliari da condonare si trovano in area assoggettata a vincolo paesaggistico con ammissione, sugli edifici esistenti, solamente degli interventi previsti dalle NTA;
  • la zona è sottoposta a vincolo idrogeologico

In particolare, i giudici di Palazzo Spada si sono concentrati sulla presenza di una causa ostativa al condono prevista dall’art. 32, comma 27, lett. d), della l. n. 326/2003 e dall’art. 3, comma 1, lett. b), della l.r. n. 12/2004. Ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), del D.L. n. 269/2003, sono infatti sanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli (tra cui quello idrogeologico, ambientale e paesistico), purché ricorrano congiuntamente determinate condizioni:

  • che si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo (e non necessariamente che comporti l’inedificabilità assoluta);
  • che pur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
  • che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illeciti di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 al d. l. n. 269/2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) senza quindi aumento di superficie; d) che vi sia il parere favorevole dell’autorità preposta al vincolo.

In questo caso, il diniego è motivato dalla presenza di vincoli di natura paesistica ai quali è sottoposta l’area in cui ricadono le unità immobiliari.

Le opere per cui è stato chiesto il condono non rientrano nelle tipologie di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 al d. l. n. 269/2003 – trattandosi della realizzazione di due unità abitative e rientrano quindi nella categoria dei cd “Abusi maggiori”, in radice non suscettibili di sanatoria, in quanto ricadenti in area vincolata. Ciò indipendentemente dalla loro conformità agli strumenti urbanistici, con conseguente irrilevanza anche delle censure con cui l’appellante prospetta la conformità delle opere al PRG.

Ai sensi dell’art. 32 comma 26 lettera a) del D.L. 269/2003: “Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all’allegato 1: a) numeri da 1 a 3, nell’ambito dell’intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell’ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all’articolo 32 della legge 28 febbraio 1985 n. 47”.

L’art. 32, comma 27, del medesimo decreto legge prevede che: “Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora (…) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.

Secondo quanto prevedono le suddette norme, non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell’allegato 1 alla citata legge (cd. abusi maggiori), realizzate su immobili soggetti a vincoli idrogeologici e paesaggistici, a prescindere dal fatto che si tratti di interventi conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e al fatto che il vincolo non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area. Sono invece sanabili, se conformi a detti strumenti urbanistici, solo gli interventi cd. minori di cui ai numeri 4, 5 e 6, dell’allegato 1 al d. l. n. 326, cit. (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria), previo parere della autorità preposta alla tutela del vincolo.

Ne deriva che un abuso, quale quello oggetto del presente giudizio, comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, non può essere sanato, indipendentemente da ogni ulteriore rilievo sollevato con l’appello.

L’applicabilità della sanatoria, nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico, alle sole opere di restauro o risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria su immobili già esistenti, se ed in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, è stata confermata anche dalla costante giurisprudenza penale secondo cui: “in tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il condono previsto dall’art. 32 del D.L. n. 269 del 2003 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 326 del 2003) è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del citato D.L. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme

Si tratta di norme più stringenti rispetto al condono del 1985, in conseguenza dei limiti ulteriori contemplati dal comma 27 dell’art. 32, i quali “si aggiungono a quanto previsto negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985” “e non si possono considerare racchiusi nell’area dell’inedificabilità assoluta

Infine, il Consiglio ha anche ricordato la giurisprudenza amministrativa è granitica nel ritenere che “irrilevante è il richiamo alla domanda di compatibilità paesaggistica ex art. 1 commi 37 ss., l. 15 dicembre 2004 n. 308, la quale rileva ai soli fini del conseguimento di un condono penale, con effetti di estinzione del reato ambientale, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative.

L’appello è stato quindi respinto, confermando l’impossibilità di concedere il condono per nuove costruzioni realizzate in zona vincolata.

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