08/11/2022 – Il principio di rotazione nel nuovo codice dei contratti

Se un appunto appare opportuno muovere al nuovo codice dei contratti, certamente non può che riguardare la conservazione del deleterio principio di rotazione, non richiesto dalle dirette UE (anche perché si applica sotto soglia) e, come noto, fonte di un contenzioso infinito, labirintico, contraddittorio e fastidioso.

Purtroppo, gli estensori hanno scelto di conservarlo, ma l’esperienza disastrosa degli anni di applicazione di tale principio hanno insegnato qualcosa e la norma che lo regola cerca, non sempre riuscendovi, di ricondurre il principio a maggiore ragionevolezza e, soprattutto, utilità.

E’ l’articolo 49 del nuovo codice ad interessarsi della questione, che il comma 2 affronta dal punto di vista della spiegazione dello scopo del principio di rotazione, in modo da provare a chiarire che non si tratti di un feticcio formale, bensì di una disposizione volta a creare una qualche utilità pubblica: “In applicazione del principio di rotazione è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi”.

Perché, insomma, si disciplina la rotazione? Per evitare che la PA resti intrappolata nel continuare ad affidare un certo appalto sempre al medesimo contraente. I problemi possibili sono non solo la violazione del principio della concorrenza, ma anche dell’inefficienza: a lungo andare, l’appaltatore potrebbe finire per essere lui a dettare le condizioni ed a regolare l’attività, considerata come fonte “certa” di profitto, in modo da massimizzare il proprio scopo di lucro, a danno dell’utilità dell’ente appaltante.

A ben vedere, per quanto la norma parli di “principio di rotazione”, essa in effetti introduce un più chiaro comando cioè il divieto di affidare (nel caso di procedure non di gara, come appunto affidamenti diretti) o di aggiudicare (quindi, nel caso di procedure di gara) un medesimo appalto:

  1. al contraente “uscente”, cioè l’ultimo contraente cui sia stato affidato o aggiudicato quel medesimo appalto;
  2. qualora tale “uscente” sia stato contraente di due affidamenti consecutivi (l’ultimo e il penultimo in ordine cronologico);
  3. qualora gli affidamenti abbiano per oggetto una commessa:
    1. di eguale settore merceologico;
    1. di eguale categoria di opere;
    1. di eguale settore di servizi.

La norma, quindi, aiuta a capire che il divieto non opera in modo automatico e cieco per il semplice fatto che un operatore economico sia “uscente”. E’ necessario che tale operatore abbia gestito due diversi affidamenti consecutivi, il cui oggetto sia in tutto e per tutto uguale. Si deve trattare, insomma, di affidamenti ricorrenti, “revolving”.

Ai sensi del comma 3, “la stazione appaltante può ripartire gli affidamenti in fasce in base al valore economico. In tale caso il divieto di affidamento o di aggiudicazione si applica con riferimento a ciascuna fascia, fatto salvo quanto previsto ai commi seguenti”.

La norma consente alle amministrazioni di articolare gli appalti in fasce di importi, verosimilmente nell’ambito degli albi dei fornitori; si tratta di un’operazione oggettivamente poco utile per gli appalti di lavori pubblici, ove esiste già il sistema di qualificazione delle imprese, basato sugli importi delle gare. Per forniture e servizi, ambiti nei quali (con le manutenzioni ordinarie) è più facile riscontrare appalti ripetitivi nel tempo, la disaggregazione in fasce può avere maggiormente senso, ma l’assenza di un minimo di criterio normativo rischia di favorire l’elusione del principio. Infatti, laddove gli enti creino fasce di importi molto fitte, con differenziali tra una fascia e l’altra molto bassi (esempio, fascia 1 10.000 euro; fascia 2 12.000 euro; fascia 3 14.000 euro) possono favorire il riaffidamento anche per ben più di due volte al medesimo operatore economico, in base ad un’evoluzione anche solo fisiologica (legata all’inflazione, per esempio) dei costi dell’appalto. Infatti, il divieto di riaffidamento opererebbe solo nella specifica fascia: l’operatore economico Tizio quindi, restando all’esempio di cui sopra, non potrebbe ottenere tre affidamenti da 10.000 euro consecutivi, ma invece non incorre nel divieto di rotazione per il caso di due affidamenti dal 10.000 ed uno da 12.000. Forse la norma merita una revisione.

Il comma 4 disciplina le ipotesi nelle quali il divieto di riaffidamento (e quindi il principio di rotazione) non opera: “In casi motivati con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, nonché di accurata esecuzione del precedente contratto, il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto”.

Questa norma, quindi, consente alle amministrazioni appaltanti di permettere all’appaltatore “uscente” di partecipare a nuove gare o di ricevere l’affidamento diretto, avverandosi le seguenti condizioni:

  1. l’amministrazione appaltante, con il provvedimento che avvia l’iter dell’affidamento (la determinazione a contrattare), illustri nella motivazione le ragioni in base alle quali decida di non applicare la rotazione. Inutile sottolineare che la motivazione deve essere chiara, ampia, diffusa, concretamente riferita a fatti e circostanze dimostrabili e non la mera ripetizione della formula normativa: in questo caso, infatti, si rientra nel caso di illegittimità del provvedimento per eccesso di potere dovuto a motivazione falsa o inesistente;
  2. gli elementi dei quali la motivazione deve tenere conto sono:
    1. la struttura del mercato: la motivazione, per esempio, può dare conto che nel territorio specifico il mercato è ristretto a pochi operatori, sicchè non è opportuno restringere ulteriormente la concorrenza impedendo all’uscente di partecipare, dovendo, però, dimostrare che il mercato è realmente poco ampio. Allo scopo, si può fare riferimento al numero di imprese operanti nel territorio nel settore specifico, oppure agli esiti di gare di appalto simili, dando conto del numero dei partecipanti;
    1. l’effettiva assenza di alternative: per esempio, occorre evidenziare che non sono disponibili nel MePa o in mercati elettronici di altre centrali di committenza convenzioni utili, o che le aziende che concorrono sul mercato hanno bassa qualificazione operativa:
    1. l’accurata esecuzione del precedente contratto: l’amministrazione deve diffondersi nell’evidenziare che l’operatore uscente è meritevole, in quanto ha eseguito a regola d’arte il precedente affidamento, senza intoppi, con puntualità, senza richiami da parte del direttore dei lavori o dell’esecuzione e senza problemi connessi ai pagamenti anche delle proprie maestranze.

Ricorrendo queste evenienze, da motivare analiticamente, la PA può reinvitare l’operatore economico o, anche, renderlo destinatario di un ulteriore affidamento diretto.

Vi sono, poi, dei casi nei quali i divieti visti sopra non sono da applicare per diretta e chiara disposizione normativa.

In primo luogo, ciò discende dal comma 5 dell’articolo 49: “Per i contratti affidati con le procedure di cui all’articolo 50, comma 1, lettere c), d) ed e), le stazioni appaltanti non applicano il principio di rotazione quando l’indagine di mercato sia stata effettuata senza porre limiti al numero di operatori economici in possesso dei requisiti richiesti da invitare alla successiva procedura negoziata”.

Le procedure regolate dall’articolo 50, comma 1, lettere c), d) ed e), sono:

c) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per i lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a un milione di euro;

d) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno dieci operatori economici, ove esistenti, per lavori di importo pari o superiore a un milione di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 14, salva la possibilità di ricorrere alle procedure di scelta del contraente di cui al Libro II, Parte IV, previa adeguata motivazione;

e) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per l’affidamento di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo pari o superiore a 140.000 euro e fino alle soglie di cui all’articolo 14.

I tratti comuni delle procedure elencate sopra sono:

  1. si tratta di procedimenti di affidamento di contratti sotto la soglia comunitaria;
  2. i procedimenti sono assimilabili a gare: prevedono, comunque, una soglia minima di aziende da consultare, o addirittura sistemi ancora più aperti alla concorrenza, come “indagini di mercato”, cioè avvisi pubblici per spingere gli operatori economici a manifestare interesse ad essere invitati alla successiva fase di presentazione delle offerte; o estrazione da elenchi di operatori economici presenti in “albi dei fornitori” gestiti dalle stazioni appaltanti stesse, oppure rinvenibili, per esempio, negli elenchi degli operatori qualificati a presentare prodotti e servizi all’interno di mercati elettronici.

In questi casi, le stazioni appaltanti pongono in essere delle procedure competitive, aperte, anche solo in modo minimo, al mercato: escludere la partecipazione dell’operatore uscente da queste procedure significherebbe ledere il principio superiore, perché di origine comunitaria ed immanente anche nel sotto soglia, di concorrenza.

Non è un caso che, invece, il principio di rotazione non possa essere disapplicato nelle ipotesi dell’articolo 50, comma 1, lettere a) e b), che regolano l’affidamento diretto. Poiché in questi casi l’operatore economico uscente venne individuato senza mai una precedente apertura al mercato, la rotazione intende rimediare a questa originaria assenza di competizione. Per non applicare la rotazione, allora, le stazioni appaltanti dovrebbero fare riferimento alla complessa ed ampia motivazione di cui si è parlato a commento del comma 4 dell’articolo 49.

Esiste, infine, un caso nel quale il principio di rotazione non è mai operante, descritto dal comma 6 dell’articolo 49: “È comunque consentito derogare all’applicazione del principio di rotazione per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro”. L’importo dell’affidamento è ritenuto dal legislatore non idoneo a causare distorsioni nella concorrenza, sicchè si presta alla deroga al principio di rotazione. Deroga, comunque, facoltativa.

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